Quando devi tirare un calcio di rigore, a volte la porta diventa improvvisamente più distante, i respiri si fanno corti e il tempo sembra rallentare. Giordano è pronto sul dischetto, un suo gol potrebbe far pareggiare la sua squadra. La palla avanza sull’erba e poi, lentamente, si ferma: non è neanche arrivata in porta. Entrambe le squadre esultano e tutti corrono ad abbracciarlo.
Giordano è un ragazzo con disabilità psichica e non è mai stato un grande goleador. Ma tutti si complimentano con lui, perché essere riuscito a calciare quella palla equivale a una vittoria molto più importante di una partita. Episodi così accadono spesso sul campo del Calcio sociale di Avane nel comune di Empoli, un luogo dove non si valutano i giocatori ma si fanno crescere le persone.
Ispirazione romana
Il calcio sociale è nato nel 2013 da un’esigenza concreta. «Ero un educatore del Centro giovani di Avane – racconta Juri Stabile, coordinatore del progetto -, spesso venivano alcuni ragazzini delle scuole medie chiedendo di giocare a pallone. Ma non gli veniva data l’opportunità perché le società di calcio tradizionali fanno selezione, fra bravi e meno bravi, già a quell’età». Poi Juri scopre in un programma televisivo la storia del calcio sociale di Corviale, una zona di Roma. Un calcio che include tutti e che ha cambiato le sue regole per cambiare le regole del mondo. Con educatori e volontari organizza un pulmino per andare a vedere questo campo dei miracoli.
Corviale è un enorme complesso di case popolari, un quartiere periferico che nel corso degli ultimi anni sta provando a vincere la sua battaglia contro la marginalità, facendo leva sulle energie positive che nascono dal basso. Una storia che a Juri non sembrava tanto distante da quella del suo territorio. Così decide di avviare un’esperienza di calcio sociale, prima nella piazza di Avane, poi nell’area dell’ex mercato ortofrutticolo La Vela, dove sono ospitate molte realtà associative del territorio.
Senza panchine, né arbitro
Il calcio sociale ha poche semplici regole, che però bastano a spiegarne l’essenza: non si fa più di tre gol a testa e il rigore viene tirato dalla persona che tocca meno la palla. Tutti possono giocare, dai 10 ai 90 anni, uomini e donne con qualsiasi abilità fisica. Chi non riesce a correre tirerà le punizioni. Tutti devono sentirsi titolari, per questo non esistono panchine. Un’altra particolarità del calcio sociale è che non c’è l’arbitro: è stata un’idea di Juri, introdotta poi a livello nazionale.
«Cosa merita di essere premiata di più, la furbizia o l’onestà? Preferisco bloccare il gioco e far decidere a loro. Eliminare l’arbitro vuol dire non concedere alibi per scaricare il nervosismo». Il divertimento passa dall’equilibrio: se ci sono tre gol di scarto le squadre vengono cambiate perché la partita deve essere equilibrata: «Vincere una partita dieci a zero non può essere divertente» precisa Juri.
Insieme all’Empoli calcio
Appuntamento il lunedì: solo partite, non esistono allenamenti. Si fanno tanti campi in base a quante sono le squadre e se arriva una persona nuova viene avviato un percorso specifico insieme ai servizi sociali. Allo stesso modo non esiste un numero preciso di giocatori: quando ce ne sono troppi si fa un’altra squadra.
Con queste peculiarità il calcio sociale cerca di contaminare altri ambienti, come le società sportive tradizionali. Da anni è attiva un’importante collaborazione con l’Empoli Calcio, che ha donato al progetto le maglie da gioco e ad Avane ha portato molte volte i propri calciatori. Nel calcio sociale non c’è nessuna paura di modificare le regole del gioco: potrebbe esserci un ragazzo che riesce a dare il meglio di sé in porta, ma magari non riesce a coprirla tutta. La soluzione è semplice: si mettono due portieri per squadra.
Così facendo il pallone è diventato davvero uno strumento di inclusione sociale, un motore che mette insieme le persone. «Ho avuto genitori in tribuna che all’inizio criticavano o spronavano i figli. Ma ho risolto il problema portandoli direttamente in campo a giocare».
All’avvio del progetto c’erano pochi ragazzi, ma presto sono aumentati e adesso sono in totale una sessantina.
Sono numerosi i risvolti positivi che questo tipo di esperienza può avere: in alcuni casi è stato utile per trovare un lavoro, in altri per ricominciare ad andare a scuola. Più in generale, con questo progetto si ha la possibilità di stare insieme, di confrontarsi con gli altri e di scoprire che le differenze molte volte generano valore.
Pensati con il Cuore a Avane
Il calcio sociale adesso raduna ragazzi da tutto l’empolese, alcuni arrivano addirittura da Montespertoli o Fucecchio. Per questo negli ultimi mesi c’era bisogno di una marcia in più che consentisse di aumentare ulteriormente la partecipazione al progetto, portando il calcio sociale anche fuori da Avane. Grazie alla campagna di crowdfunding Pensati con il Cuore della Fondazione Il Cuore si scioglie, è stato acquistato un pulmino per raggiungere chi abita più lontano.
Un traguardo reso possibile dal sostegno della sezione soci Coop di Empoli, che ha scelto e sostenuto il progetto, e dalla grande risposta della comunità, che ha dimostrato quanto sia radicato il calcio sociale sul territorio.
Ha collaborato Francesco Ricceri