Polpette tricolore

Un piatto classico come le polpette, con aromi freschi di primavera

La ricetta è a cura dello chef Diego Spatari Tironi

Ingredienti ( per 4 persone)

  • 400 g di salsiccia
  • 400 g di macinato di manzo
  • 2 fette di pane
  • 1 uovo
  • 2 cetrioli
  • 4 pomodori a grappolo
  • 2 cipolle di tropea
  • 1/2 bicchiere di vino bianco
  • 150 g di pangrattato
  • aglio e salvia
  • brodo vegetale
  • olio extravergine di oliva,
  • sale,
  • pepe.

La preparazione

In una ciotola uniamo la salsiccia sbucciata, il manzo tritato, il pane ammollato e privato della crosta, l’uovo, la salvia tritata fine, un filo d’olio extra vergine, sale e pepe. Amalgamiamo il tutto finché l’impasto non risulterà omogeneo.

Formiamo delle palline poco più grandi di una noce e passiamole nel pangrattato. In una padella con olio ben caldo rosoliamo uno spicchio d’aglio e della salvia. Le eliminiamo e aggiungiamo le polpette, da rosolare a fiamma viva finché non saranno ben dorate.

Sfumiamo con vino bianco e aggiungiamo un mestolo di brodo vegetale. A questo punto, lasciamo cuocere coperto e a fiamma dolce per 15 minuti e finiamo la cottura senza coperchio per gli ultimi 5 minuti.

Nel piatto finale sistemiamo i pomodori a rondelle, i cetrioli e la cipolla, formando sul fondo dei cerchi concentrici. Al centro del piatto aggiungiamo le polpette, da guarnire con qualche foglia profumata di basilico fresco.

Lo chef Diego Spatari Tironi

Un po’ di storia. Come è nata la bandiera italiana?

Dal 1796 a oggi, il tricolore e l’Inno che riuniscono l’Italia dei mille campanili, piatti e dialetti

Storia di un tricolore e di un’Italia che, quest’anno, festeggia il 25 aprile dietro la finestra e e sul terrazzo, sbandierando molti arcobaleni e la speranza che “andrà tutto bene”. Ma come è nata la bandiera?

La bandiera italiana nasce come bandiera militare: fu proposta nel 1796 per distinguere il contingente italiano all’interno dell’esercito di Napoleone, nelle repubbliche Cispadana e Cisalpina. Il 7 gennaio del 1797 il Tricolore fu adottato, a Reggio Emilia, come bandiera della Repubblica cispadana: il blu della bandiera francese era sostituito dal verde, colore delle uniformi della Guardia civica milanese e simbolo dei volontari combattenti per l’Italia. Con la sconfitta di Napoleone, nel 1814, il Tricolore fu abolito ma fu innalzato più volte contro gli austriaci. Nel 1848 fu adottato nel regno di Sardegna dai Savoia, che vi inserirono il loro scudo (una croce bianca in campo rosso) e nel 1861, con l’unità, diventò la bandiera del Regno d’Italia. Proclamata la Repubblica e tolto lo scudo dei Savoia, il tricolore è dal 1946 la bandiera ufficiale dell’Italia.

Firenze nell’Inno

Oggi più che in altri giorni ne sentiamo risuonare le note. Ogni volta che gioca la Nazionale lo ascoltiamo, più o meno tutti lo canticchiamo ma, in fondo, chi conosce davvero la storia e le parole dell’Inno di Mameli? Allora, cominciamo dall’a, b, c.

Scelto dal 12 ottobre 1946, l’Inno fu scritto nell’autunno del 1847 dallo studente e patriota genovese Goffredo Mameli, e musicato a Torino da un altro genovese, Michele Novaro. Chiamato in origine “Canto degli Italiani”, è diventato l’Inno ufficiale soltanto nel 2017, approvato persino da un’apposita legge (Legge 4 dicembre 2017, n. 1818).

Il testo non è immediato, ricco di parole arcaiche e di richiami personaggi e luoghi della Grande Storia, fra i quali, persino Firenze. La strofa “Ogn’uom di Ferruccio/Ha il core, ha la mano” fa riferimento, infatti, all’eroica difesa della Repubblica di Firenze, assediata dall’esercito imperiale di Carlo V d’Asburgo tra il 12 ottobre del 1529 e il 12 agosto del 1530. Nel corso dell’assedio, il capitano Francesco Ferrucci venne ferito a morte e finito da Fabrizio Maramaldo, un capitano di ventura al seguito dell’esercito imperiale. Un nome che si è trasformato in appellativo, sinonimo di “vile”: proprio a lui – così si narra – Ferrucci rivolse le parole “Tu uccidi un uomo morto”. Il 12 agosto 1530, infine, i fiorentini firmarono la resa che li sottometteva nuovamente ai Medici.

L’Inno di tutti

Nato nel clima patriottico di guerra contro l’Austria, l’Inno ha anche molti rimandi allla nostra stori lontana: fra questi il richiamo alle gesta eroiche degli antichi Romani e di Publio Cornelio Scipione (“Dell’elmo di Scipio/S’è cinta la testa), il generale che decretò la schiacciante vittoria dei dei Romani sui Cartaginesi e su Annibale a Zama, nel 202 a.C.. La coorte, ad esempio, era un’unità da combattimento dell’esercito romano, composta da 600 uomini: “Stringiamci a coorte” esorta tutti a rimanere uniti e combattere per la liberazione dall’oppressore straniero. Anche l’inno cita proprio la bandiera (“Raccolgaci un’unica Bandiera,/una speme”): parole che esprimono la speranza di unità fra i sette Stati in cui, nel 1848, era divisa l’Italia. Paese anche oggi in “battaglia”, per una grave emergenza che chiama tutti all’impegno comune.

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