All’interno dell’Informatore di novembre i lettori troveranno un inserto di otto pagine a cura del quotidiano Avvenire con un commento approfondito della nuova enciclica di Papa Francesco intitolata Fratelli tutti.
Una collaborazione editoriale che raccontiamo attraverso questa intervista a Claudio Vanni, direttore dell’Informatore, e a Marco Tarquinio, direttore di Avvenire.
Claudio Vanni, da cosa nasce questa scelta?
La nuova lettera del Papa evidenzia una serie di considerazioni che per il loro valore appartengono all’umanità intera, a prescindere dalla fede religiosa e dall’essere, o no, credenti. Stiamo vivendo un’epoca di grandi cambiamenti sociali ed economici, di trasformazioni che stanno mettendo in discussione il modello di società in cui viviamo. Attorno a questo si è sviluppato un intenso dibattito, anche il nostro giornale ne parla spesso, teso ad approfondire a quale modello di sviluppo guardare per un futuro migliore, sia per il nostro pianeta, sia per le persone che lo abitano. L’emergenza ambientale, la crisi economica, le disuguaglianze che il modello attuale ha generato nel mondo, nei Paesi più poveri, ma anche nella nostra cara Europa e nella nostra carissima Italia, dove molte famiglie si barcamenano fra mille problemi economici, ci richiamano alle nostre responsabilità, così come lo fanno le difficoltà di tantissimi giovani a guardare verso un futuro dignitoso, sia nella ricerca di un lavoro sia di un rapporto più equilibrato fra natura ed esseri umani.
Possiamo parlare di valori condivisi?
Nell’enciclica il Papa ci incoraggia a impegnarci verso un nuovo mondo in cui i valori della fratellanza siano il nostro faro, in cui i conflitti, le disuguaglianze, il rispetto dell’ambiente siano governati da una nuova visione in cui tutti, come si usa dire, “siamo sulla stessa barca”. Un nuovo mondo dove, ad esempio, il ruolo delle Nazioni Unite non sia più quello di gestire i conflitti già in corso sul pianeta, ma diventi luogo di condivisione e collaborazione fra i popoli. Qualcuno potrebbe dire che le parole del pontefice siano una mera utopia, ma è proprio partendo da un pensiero così forte, dalle utopie cioè, che possiamo dare un futuro al nostro pianeta e con esso alle generazioni che verranno.
Azzardo una considerazione che è anche la spiegazione del perché ospitiamo l’inserto di Avvenire: fraternità, lotta alle disuguaglianze, rispetto dell’ambiente, un’economia che non guarda al profitto ma al bene comune, non sono forse questi i principi che hanno ispirato i nostri padri fondatori quando hanno promosso la cooperazione?
Marco Tarquinio, cosa ha ispirato questa collaborazione?
Non è la prima volta che collaboriamo con Unicoop Firenze e con l’Informatore. L’abbiamo fatto in occasione della battaglia a favore delle domeniche libere dal lavoro e per il diritto al tempo condiviso, di cui siamo diventati tutti poveri. Ora la nuova enciclica di Papa Francesco ci offre la possibilità di ritrovarci insieme per portare avanti anche stavolta valori che condividiamo, ma che sono universali.
Il punto di partenza è un’analisi lucida e spietata della situazione attuale a livello mondiale, dove la prevalenza di individualismo ed egoismo ha portato alla rinascita di forme di nazionalismo e populismo esasperati: sono elementi disgregatori, che portano ad una società esclusiva, alla costruzione di muri e di recinti che lasciano ai margini le persone più fragili, economicamente e non solo. Il pensiero unico dell’individualismo ha inquinato la nostra società, corrompendo tutte le ideologie, ed è diventato esso stesso ideologia. Per questo il Papa invita alla fratellanza, che dà il titolo all’enciclica, e che è l’esatto contrario dell’individualismo.
Il tema della fraternità richiama il motto della rivoluzione francese, cosa pensa delle critiche relative all’uso di questa parola?
Prima che illuministe, libertà, uguaglianza, fraternità sono parole cristiane, ma al di là della primogenitura di appartenenza quello che conta è che si tratta di principi condivisi che fanno parte del vocabolario comune dell’umanità. Negli ultimi secoli ci siamo concentrati a perseguire i primi due obiettivi dando vita anche alle ideologie del liberalismo e dell’egualitarismo che poi è sfociato nel socialismo. La fraternità è mancata, invece è proprio questa parola che vivifica le altre due, correggendone gli eccessi e le storture».
Quali sono gli altri elementi innovativi di questa enciclica?
Non sono pochi i passaggi dell’enciclica che hanno fatto storcere il naso a benpensanti e tradizionalisti, perché il pensiero di Francesco osa là dove non osa più nessuno e critica il capitalismo finanziario e il modo in cui i beni comuni della Terra, casa di tutti, sono stati e sono ancora usati. La proprietà e i confini degli Stati non sono diritti primari, ma secondari: se la proprietà privata non serve per tutti ma solo per i proprietari e priva gli altri di qualcosa, vuol dire che quel bene che ci ha messo a disposizione la Terra, e per chi crede il Creatore, è stato male utilizzato, cioè in modo ladro e persino assassino.
Papa Francesco, in un documento solenne come l’enciclica, che è la massima testimonianza della dottrina sociale della Chiesa, accanto a citazioni di filosofi, studiosi, pensatori, ricorda anche che la vita è l’arte dell’incontro, citando le parole di un poeta e cantante come Vinicius De Moraes. È proprio vero che Papa Francesco parla a tutti.