«Non si costruisce un continente a pancia vuota»: ne è convinto il Commissario europeo per l’agricoltura e l’alimentazione, Christophe Hansen. Fra i banchi del Coop.fi di Gavinana a Firenze, lo ribadisce, strappando una risata, mentre cita a modo suo il premio Nobel per la pace del 1970, Norman Borlaug, convinto assertore che la pace non possa esser costruita su fame e miseria. Lussemburghese, con una tradizione agricola di famiglia alle spalle, Hansen agli inizi di dicembre ha visitato alcune realtà toscane, accompagnato dell’eurodeputato Dario Nardella. «Mi congratulo con il vostro Paese per il riconoscimento Unesco della cucina italiana come patrimonio immateriale – ha detto poi -: un risultato straordinario e un grande riconoscimento della qualità del vostro cibo».
Quali sono le sue impressioni sulla realtà agricola toscana?
La Toscana rappresenta una delle espressioni più avanzate del modello agricolo europeo: forte identità territoriale, qualità elevata, legame autentico fra produzione, cultura e paesaggio. Il valore delle filiere Dop e Igp, il ruolo delle cooperative e la capacità di trasformare la tradizione in valore economico sono punti di forza evidenti.
Al tempo stesso, restano alcune sfide: la frammentazione aziendale, l’accesso al reddito per i produttori, la pressione dei costi e la necessità di rafforzare la posizione degli agricoltori lungo la filiera. Migliorare l’organizzazione, investire in innovazione e garantire regole di mercato più eque: tutto ciò è essenziale per rendere questo modello non solo eccellente, ma anche economicamente sostenibile nel lungo periodo.
Che ruolo giocano le tipicità nella politica agricola comunitaria?
La cultura dei prodotti locali è molto forte in Toscana e in Italia. Tornare alle “radici” e ristabilire il legame fra cibo, territorio, stagionalità, culture e tradizioni locali è estremamente importante. Nella politica agricola dell’Ue, i prodotti tipici svolgono un ruolo strategico. Preservano il legame tra il cibo e il territorio, proteggono le conoscenze tradizionali e generano valore per gli agricoltori e le comunità rurali.
Cosa risponde agli agricoltori critici sulla nuova Politica agricola europea (PAC)?
Comprendo le preoccupazioni degli agricoltori europei. Nel mio primo anno di mandato ho visitato tutti i 27 Stati membri – anche più volte l’Italia – per incontrare gli agricoltori sul campo e visitare le loro aziende. Provengo io stesso da una famiglia di agricoltori: mio padre e mio fratello lo erano. Sono quindi ben consapevole delle sfide che affrontano: volatilità dei mercati, tensioni geopolitiche, eventi climatici sempre più frequenti, cambiamenti nelle abitudini dei consumatori che destabilizzano alcuni settori, come quello del vino.
Da quando sono diventato Commissario per l’agricoltura e l’alimentazione, un anno fa, ho presentato un pacchetto di misure di semplificazioni burocratiche, attualmente in fase di adozione da parte del Consiglio e del Parlamento europeo.
Voglio inoltre proteggere meglio agricoltori e piccoli produttori dalle pratiche commerciali sleali: a tal fine, abbiamo presentato proposte per rafforzare il ruolo delle cooperative. Ciò di cui gli agricoltori hanno più bisogno è stabilità. Garantiamo un bilancio minimo di 300 miliardi di euro destinati esclusivamente al sostegno del reddito agricolo e una soglia minima di spesa per le aree rurali.
Esiste un modello produttivo replicabile nei diversi Paesi dell’Ue?
Non esiste un modello unico valido per tutti, ma soluzioni mirate e territoriali per la competitività e la sostenibilità del settore, che tutelino la diversità dell’agricoltura europea. I diversi modelli produttivi regionali devono poter competere a livello internazionale, preservando la propria identità.
Il nostro “modello europeo” non è fatto di un’unica ricetta imposta a tutti, ma di un insieme condiviso di principi che ogni territorio può applicare secondo le proprie caratteristiche ed esigenze.
Si può ridurre l’uso di fitofarmaci dannosi per la natura e la salute umana?
L’innovazione tecnologica può e deve dare un contributo decisivo. Nell’attuale Pac incoraggiamo l’adozione di pratiche sostenibili e dell’agricoltura di precisione, con l’obiettivo di migliorare l’uso efficiente di erbicidi e fertilizzanti chimici.
Grazie a strumenti digitali di facile utilizzo, possono ridurre sprechi e impatti ambientali senza compromettere la produttività. La Pac 2023-2027 dedica ampio spazio a interventi di sostegno alle tecnologie di precisione, investimenti nella digitalizzazione, servizi di consulenza, formazione, promozione della difesa integrata e dell’agricoltura biologica. E questa direzione proseguirà anche nella Pac post-2027.
Prima ha accennato alle cooperative come strumento di protezione dei piccoli agricoltori…
In Italia, come nel resto d’Europa, la dimensione media delle aziende agricole è relativamente piccola. È qui che le cooperative svolgono un ruolo decisivo. Migliorano l’organizzazione della filiera, garantiscono una remunerazione più equa ai produttori e offrono servizi che solo una cooperativa può fornire: accesso a tecnologie moderne, formazione, consulenza e supporto al marketing.
Le cooperative sono essenziali anche per garantire tracciabilità e alti standard qualitativi ai consumatori. Rafforzano l’intero settore agricolo e permettono agli agricoltori europei di competere sui mercati, preservando l’identità unica dei loro prodotti.
Che impressioni ha ricevuto visitando il supermercato Coop.fi di Gavinana a Firenze?
Ho visto concretamente come il lavoro degli agricoltori, delle cooperative e della distribuzione possa tradursi in valore per i consumatori. L’attenzione all’origine dei prodotti, alla qualità, alla sostenibilità e al giusto prezzo dimostra che una filiera più equilibrata è possibile. Mi hanno anche positivamente colpito i progetti di solidarietà sociale. È un esempio concreto di come il sistema cooperativo possa collegare produzione agricola, territorio e consumo in modo trasparente ed efficace. Modelli come questo rafforzano la fiducia dei cittadini nel sistema alimentare europeo e valorizzano il lavoro degli agricoltori, che è l’obiettivo finale delle nostre politiche.
Fior fiore patrimonio di tutti
Il Parmigiano Reggiano stagionato 40 mesi, ma anche le Tagliatelle di Campofilone, i salumi stagionati dell’Emilia-Romagna, i vini d’eccellenza, tutti prodotti a marchio Fior fiore che ogni giorno sulle tavole dei soci Coop celebrano la cucina italiana come patrimonio dell’umanità.
«Il riconoscimento dell’Unesco vale non solo per le ricette e gli chef, ma anche per tutto il sistema agroalimentare italiano, che nel tempo ha fatto enormi passi avanti verso la qualità, valorizzando le peculiarità del territorio che rendono l’Italia un Paese unico per le mille potenzialità produttive e trasformative» racconta Maura Latini, presidente di Coop Italia.
Nel caso di Coop la passione per le tipicità, per la tradizione e per la capacità dei territori viene da molto lontano, «perché le nostre cooperative nei territori hanno da sempre valorizzato le specificità alimentari dei luoghi dove i nostri soci vivono» aggiunge Latini.
Il prodotto Fior fiore si innesta su questa tradizione e la valorizza sin dai primi anni Duemila: «Un’operazione che nasce proprio dalla conoscenza dei territori e dalla volontà di non perdere le produzioni locali, mettendole a disposizione di tutti a prezzi sostenibili» precisa la presidente di Coop Italia, che sottolinea anche «come non sia sempre stato facile, perché dobbiamo confrontarci con un mercato globale e con produzioni a basso prezzo che vengono non si sa da dove. Investire sul mercato locale di qualità comporta dei rischi e richiede un po’ di coraggio. Siamo stati i primi a proporre prodotti di qualità con la marca del distributore, ma oggi chi compra Fior Fiore sa che lì dentro c’è qualcosa di speciale».
Una storia oramai lunga quasi 25 anni, costruita grazie alla volontà di ricercare, anche nei territori meno conosciuti, gusti e saperi, talvolta salvandoli dall’oblio e riportandoli su quella tavola che adesso è considerata una ricchezza culturale per tutto il mondo.
