Antonio Scurati: quando la storia si fa romanzo

Intervista ad Antonio Scurati, in uscita con il secondo volume di M, dedicato alla fase centrale del regime fascista

Rileggere la storia per capire l’attualità. L’idea di distribuire nei Coop.fi dal 1° ottobre M. Il figlio del secolo diAntonio Scurati, vincitore del premio Strega 2019, suddiviso in 5 fascicoli, nasce con l’obiettivo di far conoscere gli eventi che hanno caratterizzato gli anni turbinosi dell’ascesa al potere dei giovani fascisti guidati da Benito Mussolini.

«Mi piace molto l’idea del fascicolo, mi ricorda le enciclopedie per ragazzi di un tempo ed è bello che M arrivi a tutti, senza distinzioni di titoli di studio, di età o di estrazione – spiega lo stesso Scurati -. Quando si parla della diffusione di un libro, si parla di copie vendute, ma per uno scrittore quel che conta sono i lettori raggiunti. Questa iniziativa farà sì che se ne aggiungano molti altri a quelli che avevano già scelto il mio libro. Uno scrittore non può che essere felice».

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Quanto è importante la conoscenza della storia?

È fondamentale, e penso di non esagerare. La conoscenza della storia è preziosa, anche se purtroppo i nostri tempi rischiano di farla perdere, privilegiando la cronaca e la tecnologia. Ma secondo me è ancor più importante, per dare un significato alla nostra vita, il sentimento della storia, che viene ancor prima della sua conoscenza. È quel sentimento che ti dice: «Tu non sei il primo, né l’ultimo, ma fai parte di un’immensa schiera che marcia nei secoli», e quelli viventi non sono che una minima parte, rispetto al numero degli uomini e alle donne che sono già nati, vissuti e trapassati, e rispetto a quelli che verranno in futuro. Un sentimento che ha sostenuto da sempre le generazioni, l’idea che la piccola vita di ciascuno non è sola nel mare del tempo, ma prolunga la vita dei padri e proseguirà nella vita dei figli. Senza questa idea è difficile capire il significato del presente e della singola vita.

Nel frattempo è uscito il secondo volume, intitolato M. L’uomo della provvidenza. Che cosa racconta?

Gli anni del regime, le vite di quegli stessi ragazzi, che nel primo volume apparivano dei rivoluzionari, invecchiati e imbolsiti non solo fisicamente, che si ritrovano nelle stanze del potere, nel palazzo che avevano sempre disprezzato. Cosa faranno ora che hanno preso il posto di quelli contro cui hanno lottato? Un racconto più difficile per lo scrittore, perché la rivoluzione con il suo succedersi di eventi è facile da raccontare, mentre entrare nelle trame della politica e nell’esercizio del potere è una sfida più difficile, ma ugualmente affascinante.

Se la storia si fa romanzo, anche i personaggi devono essere all’altezza. Chi muove i fili della narrazione?

Benito Mussolini, ormai divenuto dittatore con pieni poteri – un’altra frase creata da lui riecheggiata anche in tempi recenti -, con la creazione dello stato totalitario si avvia verso una solitudine assoluta. Il volume racconta il risvolto intimo di quest’uomo che sempre più disprezza i collaboratori dei primi anni e si isola da loro, diventando l’incarnazione della solitudine del potere. Intorno a lui scopriremo dei nuovi personaggi, per esempio Arturo Bocchini, colui che creò l’Ovra, la polizia fascista, strumento di repressione e controllo del popolo italiano, figura dal grande fascino malvagio.

Si scoprirà ancora una volta che gli italiani non sono solo “brava gente”, come invece siamo soliti considerarci?

Vero, fra gli aspetti meno conosciuti che porto alla luce scopriremo i crimini che gli italiani “brava gente” hanno compiuto in Africa, in particolare in Libia. Ciò che fece il regime fascista fra la fine degli anni ‘20 e l’inizio degli anni ‘30 per piegare la resistenza libica è sconcertante. Noi italiani deportammo 100.000 persone e le rinchiudemmo in diciotto campi di concentramento, esponendole a probabilità elevatissime di morte. Il folle e criminale esperimento dei lager della Germania nazista aveva quindi come precedente quello italiano in Libia.

Perché questo titolo: M. L’uomo della provvidenza?

Non sono certo io a definirlo così, ma è stato papa Pio XI. Già nel ‘29 Mussolini raggiunge l’apice del potere e quando firma i Patti lateranensi, sancendo la riconciliazione fra Stato e Chiesa, prima l’arcivescovo di Praga e poi il papa, parlando agli studenti dell’Università cattolica, lo definiscono «l’uomo che ci ha fatto incontrare la Provvidenza».

Quali spunti può offrire il suo libro ai docenti alle prese con l’insegnamento della storia a scuola?

La conoscenza storica è frutto di studio approfondito da parte degli storici che lavorano negli archivi, ma questa conoscenza può arrivare agli studenti e a tutti gli altri solo attraverso la forza coinvolgente e immersiva del racconto. Non è facile, ma gli insegnanti devono esercitarsi in quest’arte. Sono molto contento che il mio libro venga spesso adottato a scuola per affrontare questo periodo della storia italiana.

Forse non tutti ne sono consapevoli, ma la pandemia da Covid 19 è un evento di cui parleranno i libri di storia. In che modo lo faranno?

La pandemia è stata certamente un evento di portata storica, forse epocale. In questi mesi lo Stato ha limitato le libertà individuali in forme radicali, mai sperimentate prima, ma credo che lo abbia fatto con il largo consenso della popolazione, che è stata collaborativa e consenziente per obiettivi di sanità pubblica. Come sarà raccontato questo momento? Lo scopriranno le prossime generazioni, la virtù del racconto storico ha bisogno di tempo e di elaborazione. Lo faranno gli scrittori del futuro. Certamente non io.

Il libro nei Coop.fi

Il primo fascicolo di M. Il figlio del secolo è in distribuzione gratuita dal 1° ottobre.
Gli altri quattro fascicoli sono acquistabili a 1,90 euro (complessivamente 7,60 euro invece di 24), oppure con 100 punti (in tutto 400 punti) della Carta socio
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