“Passato Altopascio di poco, se vi voltate a sinistra, vedete in lontananza una lunga strisciata di vecchie casipole annerite dal tempo, che si arrampicano su per il dorso d’un’alta e ripida montagna, come un branco di pecore bigie. Quella strisciata di casipole è l’antico castello di Collodi“: è così che il grande Carlo Lorenzini, il padre di Pinocchio che a Collodi deve lo pseudonimo col quale è diventato famoso in tutto il mondo, descrive il borgo in cui lui, fiorentino ma di madre originaria del luogo, era solito trascorrere la sua infanzia.
Collodi descriveva Collodi in questi termini in un suo libro del 1883, Il viaggio per l’Italia di Giannettino: sono passati più di centotrent’anni, ma niente è cambiato. Il borgo di Collodi è ancora una ripida striscia di case aggrappate al monte, che scorre giù dalla pieve di San Bartolomeo, nel punto più alto, fino a gettarsi nel giardino di Villa Garzoni, che chiude il paese a valle: da lontano, Collodi sembra una cascata. Le case sono ancora quelle di pietra costruite secoli fa, nei lastricati dei vicoli spuntano ovunque ciuffi d’erba che spesso coprono quasi tutto lo spazio, l’intero paese è interdetto al traffico (le stradine sono del resto troppo strette e ripide), e apparentemente qui non esistono segni di modernità.
È su questa costa montuosa della Valdinievole che hanno preso vita i personaggi che hanno accompagnato le nostre infanzie: il burattino Pinocchio, mastro Geppetto e mastro Ciliegia, il Gatto e la Volpe, la bambina dai capelli turchini. Con poco lavoro di fantasia, non sarà difficile immaginarseli spuntare all’angolo di un vicolo, scorgerli in mezzo a una scalinata, vederli fermi sotto un arco di mattoni. E allo stesso modo, l’immaginazione correrà al Lorenzini bambino che ruzzola giù per i vicoli del borgo dov’è nata una delle più fortunate avventure letterarie di tutti i tempi.
Il giardino dedicato a Pinocchio
Un’avventura che il Comune di Pescia, al quale Collodi appartiene, ha voluto ricordare con un’operazione d’avanguardia: un parco d’arte contemporanea interamente dedicato alla fiaba del burattino diventato bambino, con una serie di sculture disposte lungo un percorso a tappe che rievocasse i capitoli del libro. Era il 1951: fu individuata un’area ai piedi del borgo, e fu indetto dal sindaco di Pescia, Rolando Anzillotti, un concorso per un primo monumento che omaggiasse il burattino. A vincere furono, a pari merito, due dei più grandi scultori italiani del tempo, Emilio Greco e Venturino Venturi: il primo realizzò la statua in bronzo raffigurante Pinocchio con la fata turchina, il secondo ideò la piazzetta dei mosaici che rievoca alcuni dei momenti salienti del libro. Nel 1956 il Parco di Pinocchio fu aperto al pubblico, ma le sorprese non erano finite, perché tra gli anni Sessanta e Settanta si arricchì delle sculture di Pietro Consagra, dedicate ai personaggi della fiaba, e degli interventi architettonici di Marco Zanuso: il percorso sognato vent’anni prima diventava realtà nel 1972, e oggi il Parco non è solo una delle attrazioni più visitate della Toscana e più amate dalle famiglie, ma è anche uno dei parchi artistici più sorprendenti e coerenti che si trovino in Italia. E appena fuori, il grande scrittore Lorenzini è omaggiato con un monumento in bronzo, non distante dal Pinocchio in legno più alto del mondo: una grande statua di oltre dodici metri d’altezza che, nascosto dietro gli alberi, guarda il Parco dall’alto.
Il giardino di Villa Garzoni
Dirimpetto al Parco, s’apre il lussureggiante giardino di Villa Garzoni, uno dei giardini monumentali del Seicento meglio conservati d’Europa, altro luogo legato alla storia di Pinocchio: nella Villa lavorava infatti la madre di Carlo Lorenzini, Angiolina Orzali, che nel giardino conobbe il suo futuro marito, Domenico Lorenzini. Ripercorrere la storia della Villa significa tornare alla storia stessa di Collodi: la famiglia Garzoni, ghibellina, per tutto il Trecento rimase invischiata nelle lotte che opposero le città della loro parte a Firenze e alleati, finendo col perdere la guerra. La famiglia lasciò pertanto Collodi per riparare a Lucca, che sarebbe poi tornata in possesso del feudo per non lasciarlo più, ma poté conservare i possedimenti nel borgo. E in uno di questi terreni fecero costruire la loro residenza, probabilmente già in epoca antica, anche se la prima citazione in un documento risale al 1633: è il periodo di massimo splendore della villa, che vent’anni dopo, nel 1652, vide la costruzione dei celebri terrazzamenti del giardino, con la sua scalinata tripartita che porta al primo livello superiore, da cui parte un’ulteriore, ripidissima doppia scalinata a cascata (la cosiddetta “Scala d’Acqua”, dato che al centro scorre effettivamente un rivolo d’acqua) che conduce alla sommità del giardino, da dove si raggiunge la villa.
Nel livello più basso, quello sul fronte della strada, due statue, un Pan e una Flora, accompagnano il visitatore verso le vasche delle ninfee: ci si perde dunque tra le siepi di bosso che formano i vialetti che portano fino alla scalinata. Ai lati della Scala d’Acqua, ecco partire il labirinto, una selva intricata che secondo la tradizione porta fortuna agl’innamorati che la visitano, da percorrere per poi riguadagnare i vialetti che portano alla villa, con la sua imponente e sobria facciata colma di finestroni (tant’è che è detta “la villa delle cento finestre”). Prima però s’ammira il giardino dall’alto: ecco che s’apre alla vista un’elaborata geometria di siepi, fiori colorati, alberi e cespugli, e nel piazzale le due vasche coi loro getti d’acqua come due grandi occhi.
Uscendo dal giardino, si rivolge ancora uno sguardo al borgo dal basso e subito apparirà chiara l’immagine di Collodi che Carlo Lorenzini aveva dato di questa veduta: “giù in basso quasi alle falde della montagna sorge la grandiosa Villa Garzoni, col suo bellissimo giardino, villa di stile barocco e scialbata di bianco che, veduta da lontano, par che sorregga sulle spalle tutte le case del vecchio e annerito paese”.
Toscana da scoprire è una collaborazione iniziata a luglio tra Informatore e Finestre sull’Arte, testata giornalistica che si occupa di arte antica e contemporanea, per raccontare ogni settimana sul sito dell’Informatore i più bei borghi toscani ancora da non perdere.