Sclerosi multipla. È la diagnosi che sentono pronunciare dal neurologo di fiducia circa 3600 persone l’anno, più di uno ogni tre ore. Una condizione che destabilizza e che il non diretto interessato talvolta non comprende.
Perché? Perché la malattia all’inizio non si vede. Ma è bene intervenire subito, come spiegano Luca Massacesi, direttore Neurologia 2, e Maria Pia Amato, direttore Riabilitazione neurologica, entrambi dell’Azienda ospedaliera universitaria di Careggi.
Cos’è la sclerosi multipla?
È una malattia infiammatoria, autoimmunitaria che – se non adeguatamente e precocemente trattata – danneggia il sistema nervoso centrale. Insorge prevalentemente nei giovani adulti, soprattutto donne, provocando deficit di forza, di sensibilità, di equilibrio, di vista, all’inizio reversibili, che col passare del tempo possono persistere o peggiorare.
Come si riconosce da altre patologie simili?
Grazie all’esperienza dei Centri clinici qualificati, perché l’identificazione è molto complessa. Il Centro di Riferimento regionale a Careggi ha contribuito a sviluppare il metodo di analisi con risonanza magnetica, che migliora molto l’accuratezza della diagnosi, ed è disponibile in Italia solo in tre centri.
La ricerca ha portato nuove terapie, quali offrono migliori prospettive?
Negli ultimi decenni, sono stati sviluppati nuovi farmaci, che mirano a modulare la risposta immunitaria con diversi meccanismi di azione e a rallentare la progressione della malattia. Dai vecchi, somministrati con iniezioni, si è passati a quelli orali e anche agli anticorpi monoclonali. È importante comunque sottolineare che la terapia deve essere altamente personalizzata e richiede la supervisione di un neurologo specializzato.
Sulle forme secondarie di sclerosi multipla, come si interviene?
Esistono due forme cliniche di sclerosi multipla progressiva: con o senza nuovi attacchi. Le terapie che hanno qualche efficacia, per ora, sono solo quelle di tipo antinfiammatorio-immunosoppressivo che vengono usate con maggiore efficacia nelle fasi iniziali della malattia con ricadute e remissioni.
Di questi, tuttavia, alcuni hanno dimostrato qualche efficacia anche nella forma progressiva, ma prevalentemente nei casi con ricadute. Perché nelle forme di malattia progressiva senza ricadute l’infiammazione è nascosta, quasi esclusivamente, nel sistema nervoso centrale ed è quindi raggiungibile solo da farmaci non biologici di piccole dimensioni molecolari, come siponimod e ciclofosfamide, ed una parte della progressione non è determinata da meccanismi infiammatori, bensì neurodegenerativi. Per questo, oggi, molti sforzi sono dedicati alla ricerca di farmaci con meccanismo d’azione neuro-protettivo.
Sclerosi multipla e maternità: quali possibilità?
Recenti studi hanno dimostrato che le pazienti possono sperimentare un periodo di remissione durante la gravidanza, specie nell’ultimo trimestre, e che la gestazione non influenza negativamente la progressione della malattia.
Con l’istituzione di appositi registri e l’aumento delle conoscenze sulla sicurezza dei farmaci durante la gravidanza, è possibile gestire in modo più sicuro la terapia. Tuttavia, ogni caso deve essere valutato individualmente: le donne dovrebbero discutere il progetto di maternità con il neurologo per pianificare insieme la gestione dei farmaci prima, durante la gravidanza e dopo il parto.
Una stretta collaborazione tra neurologi e ostetrici e un approccio multidisciplinare sono essenziali per garantire una gravidanza sicura e una gestione ottimale della malattia.
Gardensia
Non solo mimose per la Festa della donna, ma anche gardenie e ortensie come quelle di Aism, l’associazione punto di riferimento per le persone con sclerosi multipla e i loro familiari. Dall’8 al 10 marzo i suoi volontari tornano in migliaia di piazze italiane con Gardensia per sostenere la ricerca scientifica e dare supporto a chi soffre di questa patologia.