Di Napoleone Bonaparte (1763-1821), padrone indiscusso d’Europa, è stato scritto moltissimo, dalle sue conquiste in Spagna, Egitto e Italia, ai pettegolezzi sulla sua vita privata. Pare soffrisse di gastrite, ragione per cui teneva la mano nel panciotto, e amava le donne poco profumate. Enrico Ercole, giornalista e storico, ci racconta che fu il cagnolino della prima moglie, Giuseppina Bonaparte (1763 -1814), a tenere testa a un personaggio di tale levatura (non era poi così basso come si narra, 1,69 centimetri, un’altezza accettabile per la media dell’epoca).
«Il cagnetto si chiamava Fortunè – racconta il giornalista -, una vera e propria guardia del corpo che, senza troppe cerimonie, assaltò l’imperatore la prima notte di nozze mordicchiandogli i polpacci». «Volevo tirarlo fuori, pretesa inutile – confida Napoleone ad Antoine Vincent Arnault (1766-1834), politico e drammaturgo -. Mi è stato detto che dovevo decidere di dormire altrove o accettare di conviverci».
Storie di razza
Questi e altri aneddoti che legano la storia agli animali sono raccontati dallo studioso nel libro V.I.P. Very Important Pet (Rossini ed.). «Sono affascinato dalle figure storiche – racconta Ercole – in particolare da quelle femminili dotate di forte personalità, alle quali ho dedicato anni di ricerche. Ho notato che il filo conduttore era la presenza di animali nelle loro vite, così ho pensato che fosse giusto, e interessante, esplorare questo aspetto».
Una ricostruzione non certo facile, dato che questi dettagli non si trovano nelle biografie ufficiali, ma sono stati scovati nei giornali dell’epoca, in profili particolari e in appunti trovati qua e là.
Attraverso questi aneddoti possiamo comprendere l’origine di alcune razze. «Spesso risultati di capricci reali: l’Irish Wolfhound, per esempio, è stato uno sfizio dell’imperatrice Sissi (1837-1898). Mentre i Cavalier King Charles Spaniel, ultimamente molto diffusi, sono stati creati proprio da re Carlo II (1630-1685), con quelle orecchie che ricordano le parrucche dei gentiluomini del ‘600». La regina Vittoria (1819-1901) pare essere cresciuta in mezzo ai cani, tanto che «una volta divenuta regina e imperatrice, si dedicò sistematicamente all’allevamento di molte razze, tra le quali il volpino di Pomerania, lo Skye Terrier, il Labrador e il Collie, pretendendo che a corte fossero sempre presenti due pittori pronti a ritrarre i suoi campioni».
Clara e gli altri
Non sempre però gli animali venivano apprezzati da vivi: già nel Trecento in Francia si confezionavano cappotti reali bordati con poveri ermellini. «Un’eccentricità di poco conto, se messa a confronto con quella del re di Francia, Carlo IX (1550-1574) che alla morte del suo fedele levriero si fece confezionare dei guanti con la pelle del suo amato compagno».
Restando in Francia, Luigi XIV (1638-1715), noto anche come Re Sole, quando fece costruire vicino a Versailles il Trianon, maestoso palazzo di marmo, «incluse anche un vero e proprio zoo, animato da leoni, struzzi e fenicotteri. Nel 1770, quando sul trono salì il nipote Luigi XV (1710-1774), arrivò perfino un rinoceronte di nome Clara, che sopravvisse fino alla Rivoluzione, quando venne abbattuto dai rivoluzionari a colpi di sciabola».
Insieme al rinoceronte, Luigi XV introdusse a corte anche un bellissimo gatto proveniente dalla Turchia. «Una presenza strana pari a quella del pachiderma, se si pensa che è la prima volta che un gatto a corte toglie la scena ai cani e si eleva, ufficialmente, ad animale da compagnia e non più solo cacciatore di topi».
Papi e sovrani sono stati così legati agli animali perché garantivano una fedeltà del tutto disinteressata. Sono storie d’amore, ma anche di grandi solitudini.