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A tutto gas

Se ne parla poco, eppure il metano in atmosfera è molto nocivo e le emissioni continuano ad aumentare

Dopo l’anidride carbonica (CO2),il metano (CH4) è il secondo gas serra più pericoloso: lo dice, da anni, la comunità scientifica. Eppure, le sue emissioni continuano a crescere indisturbate, raggiungendo nel 2024 livelli record. Nei dibattiti sul cambiamento climatico è, però, soprattutto la CO2 a occupare, da sempre, la scena politica e mediatica.

Una ragione c’è: «L’anidride carbonica rimane la protagonista principale, sia per le quantità emesse molto superiori rispetto ad altri gas, sia perché c’è da tenere conto che un atomo di metano emesso oggi scomparirà entro una quindicina di anni, mentre uno di CO2 resterà nell’atmosfera per secoli. È quindi una questione di priorità e urgenza strategica», spiega Sergio Noce del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici.

D’altro canto, però, il solo metano contribuisce a un quarto del riscaldamento globale: «Ciò che lo contraddistingue dalla CO2, come gas serra, è la sua struttura molecolare, che assorbe dal sole e in seguito rilascia in atmosfera molta più energia. È, quindi, un gas climalterante molto potente nel breve termine».

Cina, Usa e Russia sono i principali emettitori

Proprio per la sua più breve permanenza nell’aria, intervenendo sulle emissioni si potrebbe ottenere la riduzione più rapida delle temperature globali. «Il metano, inoltre, essendo molto reattivo chimicamente, nelle zone più basse dell’atmosfera reagisce con altre molecole, trasformandosi in vapore acqueo e ulteriore CO2», chiarisce lo scienziato.

Ogni anno vengono rilasciate nell’atmosfera circa 610 milioni di tonnellate di CH4. Di queste, circa il 60% è di origine antropica: agricoltura (soprattutto allevamento e risaie: 40%), settore energetico (estrazione, trasporto, distribuzione di gas e petrolio: 34%) e gestione dei rifiuti (19%). Un’impennata del 9% è stata registrata fra il 2000 e il 2017 (dati Global Carbon Project) e nel solo 2020 la concentrazione di metano nell’atmosfera ha registrato un balzo inedito del 50% rispetto all’anno precedente. Le emissioni provenivano dai siti di estrazione di petrolio e di gas, specialmente quelli ubicati in Turkmenistan, Stati Uniti e Russia.

Anche i pozzetti abbandonati e le miniere di carbone dismesse continuano a rilasciare il CH4: solo nel 2024, questi siti hanno emesso circa 8 milioni di tonnellate di metano, diventando di fatto il quarto emettitore al mondo, dopo la Cina, in testa per le emissioni dal settore energetico, seguita dagli Stati Uniti e dalla Russia. L’Europa è, invece, l’unica regione del mondo occidentale che riesce a far diminuire in modo costante le proprie emissioni.

Ma c’è un altro dato ancora più allarmante: secondo l’Aie (Agenzia internazionale dell’energia) le stime reali potrebbero essere fino all’80% superiori, perché gran parte delle emissioni di metano sfugge ai sistemi di rilevamento. Inodore e invisibile, solo i satelliti di nuova generazione – come il Sentinel-5P dell’Agenzia spaziale europea (Esa) – riescono a fare i conti con la realtà.

Più caldo, più metano

Purtroppo, le emissioni naturali di metano sono amplificate dal riscaldamento globale. Uno studio pubblicato nel 2025 sulla rivista “Nature” dimostra come l’aumento delle temperature nell’Artico stia sciogliendo il permafrost (ghiaccio permanente), creando le condizioni ideali per la proliferazione di microrganismi produttori ed emettitori di metano. L’Artico, come le paludi e le risaie, è così diventato una vastissima area di emissioni. Più riscaldiamo il pianeta, più metano viene liberato, e questo a sua volta accelera il riscaldamento globale.

Nel 2021, più di 100 nazioni avevano firmato il Global Methane Pledge, con l’impegno teorico di tagliare le emissioni del 30% entro il 2030. La lista dei firmatari tradiva, però, delle assenze cruciali: quelle di colossi come Cina, India e Russia. Ma anche tra i firmatari le azioni concrete sono rimaste drammaticamente deboli.

Eppure ridurre il metano in atmosfera non è impossibile: secondo l’Aie circa il 70% delle emissioni di metano dal settore energetico potrebbe essere eliminato con tecnologie esistenti e a basso costo. E, ciliegina sulla torta, con un ritorno economico: il gas recuperato non solo permetterebbe un guadagno ambientale ma, potendo essere rivenduto, genererebbe anche un profitto. Cosa si aspetta a farlo?

A cura di Patrice Poinsotte

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