I grandi mammiferi africani a rischio per l’antropizzazione

Intervista a Maurizio Casiraghi, professore Zoologia dell'Università di Milano Bicocca, autore del libro "Sempre più soli. Il pianeta alle soglie della sesta estinzione" (Il Mulino)

La storia di copertina vede protagonista uno splendido esemplare di rinoceronte bianco settentrionale. L’ultimo maschio di questa specie, che ormai può dirsi estinta, perché il tentativo di riproduzione in natura, in un “santuario” in Kenya, è fallito e ora sopravvivono solo due femmine. È la vicenda simbolo che Maurizio Casiraghi, professore di Zoologia dell’Università di Milano Bicocca, ha scelto per il suo libro Sempre più soli. Il pianeta alle soglie della sesta estinzione (Il Mulino), che ha animato a ottobre una delle presentazioni della rassegna fiorentina “Leggere per non dimenticare” (gli appuntamenti di novembre a pagina 46).

Quindi potremo vedere il rinoceronte bianco settentrionale solo sui libri?

Gli spermatozoi del maschio sono stati congelati prima che morisse e si potrebbe tentare una riproduzione in vitro, ma anche le due femmine hanno problemi riproduttivi. Siamo alla disperazione.

Anche perché non è l’unica specie animale a rischio?

Purtroppo no. Questa estinzione in corso, che è dovuta all’attività dell’uomo, colpisce la biodiversità in maniera trasversale, per cui ci sono gruppi più colpiti, come gli anfibi, mentre altre specie, come le zanzare, non hanno problemi. Nella storia ci sono stati momenti catastrofici per la vita sulla Terra, ma alla fine si è sempre ripresa. La differenza consiste proprio nel fatto che siamo noi uomini a distruggerla.

Qualche altro esempio?

Prendiamo i leoni: cento anni fa erano distribuiti in un’area molto ampia che copriva tutta l’Africa e arrivava fino in India. Andando ancora più indietro nel tempo, c’erano popolazioni di leoni addirittura in Grecia e in Europa. La mappa dell’attuale distribuzione di questo animale è emblematica, perché se il numero di esemplari, circa 20mila, non è bassissimo, vediamo però che la loro presenza è in aree spezzettate e molto piccole. Questo perché lo spazio occupato dall’uomo con città, strade e altre infrastrutture si è molto ampliato, riducendo quello per gli animali. Il problema riguarda quasi tutti i grandi mammiferi africani, che erano abituati a spostarsi liberamente solo cinquanta anni fa.

Nel nostro Paese orsi e lupi si avvicinano alle città e fanno paura…

Mentre l’orso è stato reintrodotto, il lupo è tornato spontaneamente, riprendendosi territori: sono due eventi diversi ma hanno avuto entrambi un ottimo successo, dal punto di vista della protezione animale. In un Paese così antropizzato come il nostro, però, possono creare problemi perché sono potenzialmente pericolosi, poiché non percepiscono i confini e le barriere che imponiamo noi. Sapendo che questi animali sono presenti, possiamo imparare a conviverci e ridurre le occasioni di attacchi all’uomo. Eliminarli non è una soluzione, perché in natura tutti gli eventi sono concatenati: il loro posto potrebbe essere occupato da altri animali, come cani inselvatichiti, potenzialmente ancora più pericolosi.

Per il panda l’operazione di salvataggio dall’estinzione ha avuto successo; per quale altro animale dovremmo mobilitarci?

La scelta del panda come animale simbolo fu efficace anche dal punto di vista della comunicazione, perché carino e simpatico. Oggi richiamerei l’attenzione sul ghepardo, bellissimo, ma in difficoltà perché la popolazione attuale è imparentata e il numero dei riproduttori limitato. Sì, il ghepardo potrebbe diventare il nuovo panda.

Cosa possiamo fare nella nostra vita di tutti i giorni per impedire la sesta estinzione?

Servono certamente grandi decisioni a livello sovranazionale perché la biodiversità non ha confini, ma ciascuno di noi può comunque dare una spinta con i propri comportamenti, stando attenti allo spreco di risorse come l’acqua, ma anche facendo una spesa consapevole e rispettosa dell’ambiente. Tutto serve.

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