Parola dal sapore antico. Leggenda vuole che il termine sia nato a Firenze durante il Rinascimento, ma per gli studiosi l’arista, sia come nome che come piatto, sarebbe perfino più vecchia. Nonostante l’incertezza sulle origini, una cosa è sicura: questo taglio magro che deriva dalla schiena del maiale, tipico della tradizione toscana, continua a esercitare il suo fascino nelle cucine.
Lo dimostrano le innumerevoli ricette, dalla classica preparazione “alla fiorentina” a quella accompagnata dalle prugne fino all’alternativa per l’estate, fredda con verdure di stagione. Oggi rappresenta un piatto a base di carne dal prezzo accessibile, il terzo tipo di taglio di suino più comprato nei Coop.fi; tuttavia in passato era un cibo usato soprattutto per occasioni di rilievo.
Dalla Grecia a Dante
Non è un caso se, secondo il mito, l’espressione “arista” nacque nel 1439, quando questa prelibatezza fu protagonista di un banchetto organizzato da Cosimo il Vecchio in occasione del Concilio ecumenico della Chiesa romana e d’oriente, ospitato a Firenze. Stando all’aneddoto, narrato anche da Pellegrino Artusi in La Scienza in cucina, il Patriarca bizantino rimase così sbalordito dalla bontà di un arrosto di maiale da esclamare in greco “áristos!” ossia “il migliore”, e in un batter d’occhio il termine dal retrogusto esotico conquistò le bocche dei fiorentini.
Divertente storiella, ridimensionata però dai linguisti, poiché un registro del Milleduecento rinvenuto in un convento cittadino (l’attuale Santissima Annunziata) documenta che già all’epoca di Dante si mangiava una pietanza con questo nome e una novella scritta da Franco Sacchetti nel secolo successivo cita espressamente l’arista al forno. Ancora più suggestiva l’ipotesi su una genesi greca a tutti gli effetti, con la ricetta portata in città dai mercanti ellenici di profumi, che intorno all’anno Mille si stabilirono in una strada poi chiamata, appunto, Borgo dei Greci.
Prugne, mele o al latte
Tornando ai fornelli, l’arista in senso stretto indica la lonza di maiale con l’osso, ma col tempo il vocabolo ha finito per denotare anche quella disossata. Sui banchi di Unicoop Firenze si trovano entrambi i tipi, tutti di provenienza nazionale, da suini nati, allevati e macellati in Italia. Il modo più semplice per farla al forno è “alla fiorentina”, con un trito di aglio, rosmarino, sale e pepe.
Nei Coop.fi sono disponibili versioni già pronte per essere cucinate. La più apprezzata è farcita da prugne e noci, ma va forte pure il rollè con emmental e rucola. Completa l’offerta dei “pronto-cuoci” l’arista ricoperta da pancetta, insaporita da rosmarino e pepe, con e senza osso. Per chi vuole far da sé, un’idea sfiziosa è accompagnarla con una deliziosa salsa di mele, oppure inserire le fette di frutta nelle incisioni praticate trasversalmente al pezzo di carne.
C’è poi la variante in crosta di pane o pasta sfoglia, altri uniscono cipolle caramellate o ancora – per essere sicuri che sia tenera – scelgono la cottura in casseruola, ricoprendo quasi per metà l’arista di latte. Un ultimo trucco per renderla più appetitosa è la marinatura, ad esempio in un’emulsione di olio, succo di limone e spezie.
Perché sia morbida
Filo, pentola, carta stagnola. Ecco tutto ciò che serve.
La carne va massaggiata perché sale e spezie penetrino tra le fibre. Legare l’arista con lo spago da cucina o una rete aiuta poi a mantenerla compatta, mentre il trucco per sigillare i gustosi succhi all’interno è rosolarla su ogni lato, prima di metterla in forno.
Durante la cottura va irrorata costantemente con del brodo o con il fondo di cottura, perché resti morbida, e non va bucata con la forchetta.
Una volta pronta, lasciatela raffreddare avvolgendola in un foglio di alluminio per qualche minuto: l’umidità farà il resto.