Alla scoperta della cucina indiana

La storia dell’India nei piatti più conosciuti

Forse non tutti sanno che tante pietanze, che siamo abituati a considerare indiane per tradizione, traggono in realtà la loro origine da commistioni con altre cucine di popoli che hanno invaso il Paese: il caso più clamoroso è quello del curry, che ha origine in Inghilterra come miscela pronta di spezie da impiegare senza doverle dosare sul momento, arte tipica dei cuochi indiani. Nel corso della storia, l’India è stata colonizzata da molte popolazioni, tra cui i persiani, i greci, gli arabi, i mongoli, i mughal e infine gli inglesi, appunto.

Ogni invasione ha portato con sé nuove tecniche culinarie, oltre a ingredienti, che hanno arricchito ulteriormente la varietà delle pietanze. In particolare, fra il 1526 e il 1857, l’India fu governata dall’Impero Mughal, che portò una grande influenza persiana e turca nella cucina di questa Nazione.

Spezie a gogò

Riuscire a dare una definizione univoca della gastronomia indiana contemporanea è difficile, essendo composta da tante cucine regionali, che si differenziano per ingredienti e cotture, anche se la parte delle spezie gioca un ruolo fondamentale ovunque. Volendo però fare una distinzione a grandi linee, si può affermare che le ricette delle regioni del nord sono caratterizzate dalla presenza di carne e da un uso più moderato delle spezie. La cucina delle zone meridionali del subcontinente asiatico, invece, vede un uso delle spezie più copioso e una prevalenza di ingredienti vegetali, spesso uniti a latte e uova.

Il pane è presente sulla tavola durante tutto il pasto, e ne esistono vari tipi. Fra quelli che è più facile trovare nei ristoranti indiani in Italia, il naan, preparato con farina impastata con acqua e burro chiarificato, chiamato ghee.

La cottura avviene nel tandoori, un forno dalla forma di un cilindro, che raggiunge temperature altissime, nato per cucinare proprio il pane e il cui utilizzo si è poi esteso alle carni. Un altro pane piuttosto diffuso è il chapati, preparato senza lievito e cotto su una piastra di ferro che viene unta, la taiwa. Al ristorante è d’uopo iniziare con i samosa, diffusi anche come cibo di strada: sono triangoli di pasta ripieni con patate, oppure legumi o carne di pollo, aromatizzati con coriandolo e peperoncino, che vengono cotti in forno oppure fritti.

Il riso costituisce l’accompagnamento di ogni piatto, cotto al forno o al vapore per rimanere sgranato, e viene chiamato pilaf. Fra i condimenti più diffusi occorre citare il chutney, preparato a base di frutta, principalmente mango, al quale si aggiungono zucchero ed aceto nella versione dolce, e quasi sempre erbe aromatiche come coriandolo, zenzero ed aglio, ma ci sono innumerevoli versioni, anche salate. Gode di una certa fama il pollo tandoor, che prende il nome dal forno nel quale viene cotto: dapprima si effettua la marinatura con yogurt, succo di limone, l’aggiunta di aglio, zenzero e peperoncino tritati, poi curry, chili rosso e curcuma: la piacevolezza consiste nell’essere croccante all’esterno e saporito e morbido all’interno.

Dulcis in fundo

Fra i dolci più invitanti sono da citare i gulab Jamun, delle sfere preparate con latte in polvere e farina, fritte e poi insaporite con uno sciroppo aromatizzato con acqua di rose, cardamomo, zafferano e dolcificate con miele, e il kheer, una sorta di budino di riso o grano, preparato con latte, cardamomo, uvetta e zafferano.

Pur essendo presenti bevande alcoliche come vino, birra e distillati, sono molte diffuse quelle analcoliche e le più comuni sono il lassi, preparato con yogurt, succo di limone, semi di cumino, diluito con acqua, ed ovviamente il tè, che viene preparato in diversi modi. Il più comune è quello chiamato masala chai, con latte, zucchero e spezie come chiodi di garofano, zenzero e cannella.

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