Pappardelle
Provenienza e storia: toscane, anzi maremmane, anche se simili alle tagliatelle emiliane, hanno origine medievale e sono nobilitate nella letteratura: le citano Boccaccio nel Decameron, Pietro Aretino e, nel Dizionario Italiano, Niccolò Tommaseo. Il cuoco Domenico Romoli, detto il Panunto, inserisce la “minestra di pappardelle alla fiorentina” nei menù delle corti cardinalizie nella Roma del ‘500.
Caratteristiche: molto più larghe (fino a 4 cm) delle cugine tagliatelle, sono spesse quasi un millimetro e lunghe almeno 20 cm. Ottenute da un impasto di farina, uova e sale, al tatto sono ruvide, così assorbono meglio il sugo, che sarà di selvaggina o di funghi o, perché no, di entrambi.
In cucina: in un’ampia ciotola sistemiamo la farina a fontana, ci facciamo una cavità dove romperemo le uova. Mescoliamole bene fino a ottenere una pasta omogenea che avvolgiamo nella pellicola per alimenti lasciandola riposare circa un’ora. Stendiamo la pasta con il mattarello e poi con la macchina sfogliatrice. Infariniamo la pasta e quindi, con un coltello ben affilato, la tagliamo a strisce larghe qualche centimetro e le cuociamo.
Un consiglio: grattugiamoci sopra tanto formaggio, ma tanto… E poi un bel bicchiere di rosso.
Curiosità: il nome deriva dal toscano pappare o, ma con meno probabilità, dal provenzale papard, pappa.
Strozzapreti
Provenienza e storia: tipici della cucina contadina dell’Emilia-Romagna, hanno numerose varietà in tutta Italia: a pasta lunga, si ritrovano nella cucina umbra (strangozzi), nella cucina laziale ecco i mesatoli (Viterbo) e lo stratto (nella vicina Blera), in quella napoletana (strangulapriévete) e calabrese (strangugliaprieviti). Da non confondere con gli strangolapreti, gnocchi di pane e spinaci della cucina trentina e milanese.
Caratteristiche: varietà di pasta fresca creata con acqua, sale e farina e volendo pangrattato. Non contiene uova: pertanto, se li accompagniamo a un sugo privo di ingredienti di origine animale, abbiamo un gustoso piatto vegano: strozzapreti al sugo di pomodoro.
In cucina: sistemiamo la farina a fontana e mescoliamo con una forchetta mentre versiamo l’acqua a filo. Poi impastiamo a mano con calma e dedizione. Lasciamo riposare per mezz’ora l’impasto avvolto nella pellicola per alimenti; quindi stendiamo la pasta con il mattarello per tagliarla a strisce larghe due cm circa che poi sfreghiamo tra le mani dandogli la forma di piccoli cordoncini. Li cuociamo in acqua bollente e li condiamo come ci pare: ragù, boscaiola o di mare.
Un consiglio: fatti in casa, vanno cotti subito, altrimenti potrebbero appiccicarsi fra loro.
Curiosità: grossotti e ben conditi, a mangiarne troppi erano “fatali” anche per buone forchette come i preti.
