A tu per tu con Angelo Corbo, agente della scorta di Giovanni Falcone, sopravvissuto alla Strage di Capaci 

Il racconto della sua vicenda umana e professionale. Oggi gira le scuole di tutta Italia per raccontare la sua storia e portare avanti il ricordo di Giovanni Falcone e di tutti coloro che  hanno dato la loro vita per un sogno, quello della libertà

23 maggio 1992, ore 17.58. Una carica di esplosivo viene fatta saltare sotto un condotto dell’autostrada nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, in direzione Palermo. Su quella strada viaggiano su un’auto blindata il magistrato Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo. Con loro, seduto nel sedile posteriore, l’agente Giuseppe Costanza. Davanti a loro l’auto blindata con gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. Dietro l’auto con gli agenti di scorta Angelo Corbo, Paolo Capuzza e Gaspare Cervello. Nella strage perdono la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti Montinaro, Di Cillo e Schifani. Gli agenti Corbo, Capuzza e Cervello sopravvivono.

A distanza di tanti anni l’agente Angelo Corbo, che allora aveva solo 27 anni, ha deciso di rompere il silenzio e raccontare la sua storia. Lo fa girando le scuole d’Italia, dalle elementari alle superiori, incontrando i giovani, lo ha fatto fermando il suo racconto umano e professionale nel libro Strage di Capaci. Paradossi, omissioni e altre dimenticanze (ed. Feltrinelli), intervista di Domenico Bilotta, a cura di Sergio Tamborrino. 

Lo abbiamo incontrato lo scorso dicembre in occasione della presentazione del libro alla Biblioteca comunale Padre E. Balducci di Barberino di Mugello, e vogliamo riportare la sua testimonianza in occasione dell’anniversario della Strage di Capaci. «Ho voluto dare una spiegazione alla mia esistenza in vita, perché chi sopravvive ad una strage come quella di Capaci si chiede sempre il perché. Nel mio caso, perché sono stato così sfortunato da rimanere in vita, vedendo morire i miei colleghi, Giovanni Falcone, la persona che c’era stata affidata, e la moglie», commenta Corbo.

Qual è il ricordo più vivo che le è rimasto di quel 23 maggio 1992?
Sicuramente la devastazione che abbiamo provato, non solo per quello che c’era in giro, ma nel nostro animo quando siamo scesi dalla macchina e abbiamo visto come la malvagità dell’uomo era arrivata all’ennesima potenza. Ti senti un granello di sabbia, impotente. Falcone, per tutti i ragazzi come me nati e cresciuti a Palermo, era la speranza, e con lui lo è stato tutto il pool antimafia: i magistrati Caponnetto, Borsellino, Di Lello, Guarnotta. Per noi erano dei paladini, le persone che avrebbero potuto darci la dignità che la mafia ci aveva tolto. Ho ancora impresso l’ultimo sguardo di Giovanni Falcone quando quel 23 maggio ci siamo avvicinati alla macchina con il caposcorta Gaspare Cervello.

Quando va nelle scuole a parlare di mafia, della Strage di Capaci, i ragazzi cosa le chiedono?
Fanno domande semplici ma profonde, hanno voglia di ascoltare. Mettono da parte il telefonino, ascoltano in silenzio. Rinunciano a fare la ricreazione pur di pormi domande. E questo mi dà la speranza che qualcosa ancora possiamo cambiare in questo mondo. Dico loro di fare squadra, perché le battaglie non si vincono da soli. Soltanto insieme possiamo cambiare. E per il futuro, mi auguro che quello che ancora oggi è un fatto reale, possa essere solo una pagina di storia. È importante far conoscere e non dimenticare figure come Giovanni Falcone, Borsellino, Caponnetto e tutte quelle persone che hanno dato la loro vita per un sogno, quello della libertà.

Dopo 30 anni dalla Strage di Capaci. Cosa è cambiato?
Io sono una vittima di terrorismo, e come tutte le vittime abbiamo poca speranza. Siamo delusi perché ci hanno illusi che si poteva trovare la verità sulla strage di Capaci, ma ancora non c’è, nonostante gli arresti eccellenti e le indagini, i processi. 

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