Nel corso dell’evoluzione gli animali e le piante hanno messo a punto strategie e comportamenti dove nulla pare lasciato al caso. Un’attività diffusa riguarda la capacità di varie specie animali di utilizzare piante medicinali per curarsi. Self medication è il nome inglese (che si traduce con automedicazione) di questa branca della zoologia, uno studio piuttosto recente, ma che può avere risvolti interessanti anche per la salute umana.
Gli scimpanzé ad esempio sono veri e propri erboristi: con molta maestria selezionano piante, erbe medicinali e insetti per curare infezioni, intossicazioni e pare anche problemi di fecondità. Una ricercatrice italiana, Alessandra Mascaro, nel 2019, ha osservato nelle foreste equatoriali del Parco Nazionale di Loango, in Gabon, alcuni esemplari mentre catturavano e masticavano un insetto che poi posizionavano sulle proprie ferite o su quelle di altri. Una scoperta che porta a pensare che alcuni insetti potrebbero avere proprietà cicatrizzanti o antinfiammatorie (lo studio è riportato nella rivista “Current Biology”).
Impariamo dagli animali
«Queste informazioni ci riportano alle origini della farmacologia – spiega lo zoologo esperto in piante officinali, Andrea Viviano, dell’Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri del Cnr -. Da sempre l’essere umano osserva gli animali e utilizza le piante per verificare gli effetti benefici che hanno sul nostro organismo. Tinture, preparati vegetali, estratti alcolici, resine erano usati in passato per curare varie malattie. Molti ingredienti della farmacopea tradizionale derivano dal mondo vegetale».
Gli animali ci possono suggerire l’uso di piante non ancora classificate o di cui non conosciamo le proprietà. «Esatto – prosegue il ricercatore -: nella foresta Amazzonica, per esempio, crescono moltissime specie vegetali utilizzate dagli animali, sulle quali potrebbero essere fatti test di laboratorio farmacologici e chimici per capire gli effetti anche sul nostro organismo».
Non solo scimmie
Gli scimpanzé sono prossimi alla laurea in medicina, ma anche altri animali sono sulla buona strada. «Numerose specie si dedicano ad attività infermieristiche – spiega Viviano -, soprattutto i mammiferi, ma anche uccelli e insetti. L’istrice ingerisce alcuni tipi di piante per difendersi dai parassiti interni ed esterni. Per raggiungere lo stesso scopo, invece, alcuni tipi di pipistrelli si strusciano contro un albero di origine sudamericana (Myroxylon balsamum), per ricoprirsi di una resina, il balsamo del Tolù, prodotta dalla corteccia. Un trattamento apprezzato anche dai tamarini e dagli indios locali che, invece, lo usano come repellente contro le zanzare. Una rapida occhiata su Google conferma le numerose proprietà di questa sostanza, usata in particolare come sedativo della tosse e disinfettante. Le capre consumano bacche di caffè a scopo stimolante e pare proprio che sia stato l’effetto che aveva su di loro a spingerci a inventare la bevanda che scandisce le nostre giornate. L’elefante asiatico, invece, ha sperimentato che una leguminosa (Entada schefferi) ha effetti antidolorifici e defaticanti, utili quando si devono percorrere lunghe distanze».
Difficile stabilire se queste siano azioni innate o apprese osservando gli altri. «Per alcuni si tratta sicuramente di comportamenti che fanno parte del retroterra genetico – conclude l’esperto -, ma non per questo sono meno affascinanti. La farfalla monarca, per esempio, protegge le uova deponendole direttamente su piante del genere Asclepias, note per le proprietà repellenti. Così gli insetti potenziali causa di infestazioni, dannose per i nascituri, stanno alla larga».