Brillano le stelle dell’arte contemporanea a Firenze con “Reaching for the Stars. Da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye”, la mostra che si apre a Palazzo Strozzi il 4 marzo e che presenta oltre settanta opere dei più importanti artisti contemporanei italiani e internazionali della Collezione Sandretto Re Rebaudengo: fra gli altri, Maurizio Cattelan, Sarah Lucas, Damien Hirst, Lara Favaretto, Cindy Sherman, William Kentridge, Berlinde De Bruyckere, Josh Kline, Rudolf Stingel. Curata da Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, la mostra è promossa e organizzata insieme alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, e celebra i trent’anni dell’omonima Collezione, una delle più famose e prestigiose raccolte d’arte contemporanea a livello internazionale.
Verso il cielo
Pittura e scultura, installazione e fotografia, video e performance i diversi mezzi espressivi delle opere, che trovano collocazione in tutti gli spazi di Palazzo Strozzi, dal Piano Nobile alla Strozzina, con una speciale nuova installazione per il cortile rinascimentale, l’imponente razzo Gonogo di Goshka Macuga «che punta letteralmente alle stelle – spiega Galansino – e sembra in attesa di venir lanciato. Evocando la speranza di salvezza del genere umano in altri mondi, Macuga vuole portarci verso nuovi pianeti, incoraggiandoci a guardare il cielo, a dirigere le nostre aspirazioni verso un orizzonte più ampio».
Sono stelle dell’arte che, dice ancora Galansino, «provengono da tutti i continenti, sono originarie di numerose nazioni, testimoniano linguaggi diversi, hanno affrontato nella vita esperienze antitetiche».
Linguaggi che esplorano temi quali la storia contemporanea e l’attualità, come nelle opere di Cattelan (artista che viene approfondito nell’articolo accanto, ndr). O la questione dell’identità in Lynette Yiadom-Boakye che, figlia dell’esodo africano in Inghilterra, rilegge il collaudato genere del ritratto stravolgendolo: dipinge infatti solo figure di neri, scelta che diventa gesto politico per sottolineare che la storia dell’arte è monopolizzata da ritratti di bianchi. O ancora la manipolazione dei materiali e il loro significato simbolico, che sono al centro di molte opere.
È il caso del grande orso polare di Paola Pivi di Have you seen me before?: è in schiuma poliuretanica, non in peluche, e ha la pelliccia di piume di pulcino gialle, risultando così una creatura ibrida, combinazione di un gigantesco mammifero selvatico – simbolo di una natura selvaggia – e di un minuscolo volatile da cortile, dunque docile e inerme. Alcuni artisti hanno poi un rapporto particolare con la musica, come Ragnar Kjartansson, che ne fa l’essenza stessa della sua espressione artistica: la videoinstallazione The End – Rocky Mountains è un concerto suddiviso in cinque grandi scene, con solo due protagonisti che suonano strumenti differenti immersi nella natura, alternativamente matrigna insensibile durante una tormenta o benigna dispensatrice di sole in un’amena vallata.
Meno tre, due, uno… partenza!
Tutti a bordo di Gonogo, allora, in viaggio verso i mondi dell’arte contemporanea che la mostra propone. Nostra stella polare è Umberto Eco, secondo il quale «la cultura della nostra epoca è per sua natura aperta»: sta a noi fruitori interpretare e ricreare a nostra immagine il prodotto indefinito, “aperto”, dell’artista.
Fino al 18 giugno. Ingresso in convenzione per i soci Unicoop Firenze (12 euro anziché 15) e, domenica 19 marzo, a partire dalle 14, iniziativa speciale con ingresso 2×1 (due biglietti interi al costo di uno).
Possibili anche visite guidate gratuite per i singoli visitatori con biglietto di ingresso alla mostra a pagamento (ridotto per i soci), più 1 euro di prevendita: appuntamento il lunedì e il mercoledì alle 18 e la domenica alle 15. La prenotazione è obbligatoria.
Info: 0552645155, prenotazioni@palazzostrozzi.org
La tessera “Amico Young” di Palazzo Strozzi
Unicoop Firenze è diventata sostenitore e partner della tessera “Amico Young” di Palazzo Strozzi, iniziativa dedicata a chi ha meno di 30 anni per favorire la partecipazione del pubblico giovane: il calendario delle attività sarà reso noto successivamente.
Info: palazzostrozzi.org
Maurizio Cattelan in mostra a Palazzo Strozzi
Sono cinque le opere di Maurizio Cattelan in mostra a Palazzo Strozzi. Artista fra i più noti del panorama internazionale, irriverente quanto schivo, un autodidatta che, fin dagli esordi, si afferma come un dissacratore delle convenzioni e delle regole del gioco del mondo dell’arte contemporanea: «Tutta l’arte nasce povera – dice – e solo una parte diventa ricca. Ma l’arte che preferisco è quella che è anche onesta dal punto di vista intellettuale».
Ai temi dell’attualità, affrontati però con ironia dissacratoria, appartiene Cesena 47-A.C. Forniture Sud 12 (2° tempo), fotografia scattata nel corso della partita-performance organizzata dall’artista fra le riserve del Cesena e undici giocatori senegalesi dell’A.C. Forniture Sud, squadra da lui fondata un anno prima. Stampando sulle maglie della formazione il nome dello sponsor, l’immaginaria impresa Rauss, parola che si collega al lessico nazista, Cattelan affronta la questione razziale e dell’immigrazione.
In Christmas ‘95, la stella a cinque punte in un cerchio, fiancheggiata dalle lettere simbolo delle Brigate Rosse – riferimento alla strategia della tensione e agli anni di piombo – viene trasformata in una stella cometa in neon, a suggerire come le utopie rivoluzionarie dell’epoca fossero destinate a svanire come la cometa natalizia. In Lullaby, ai temi dell’attualità si affiancano quelli della morte e della memoria: l’opera è un sacco di tela blu in cui Cattelan ha raccolto macerie dell’attentato di via Palestro a Milano del luglio ‘93, quando Cosa Nostra fece esplodere un’autobomba provocando la morte di cinque persone. Il titolo, che significa “ninnananna”, è apparentemente tenero, ma per questo ancora più sconvolgente se collegato al luttuoso evento notturno, ed esprime perfettamente il sarcasmo nero dell’artista.
Il tema della morte ritorna in Bidibidobidiboo (citazione dal film Cenerentola, ma leggermente variata dall’originale), installazione in cui uno scoiattolo si è tolto la vita con un colpo di pistola, a rovesciare, dice Arturo Galansino, «il rassicurante immaginario disneyano in una totale perdita di speranza. Un’opera che trasuda amara ironia e, come tutte quelle dell’artista, aperta alle più varie e personali interpretazioni».
A disorientare è anche La rivoluzione siamo noi, autoritratto iperrealista dello stesso Cattelan, che ci guarda attraverso gli occhi del suo pupazzo-caricatura, appeso a un appendiabito modernista e vestito con un abito di feltro, un attributo tipico dell’artista tedesco Joseph Beuys, figura iconica degli anni ‘70. Cattelan si offre nudo allo sguardo del pubblico per osservarsi dall’esterno e indagare il tema dell’alienazione e della solitudine.