I bicchiere in vetro esistevano già nel IV secolo a.C. ma nell’antichità erano manufatti molto diversi da quelli a cui siamo abituati, pesanti e a volte colorati. Il bicchiere moderno si è alleggerito molto da almeno trent’anni, è diventato più resistente e più cristallino, così da mostrare il vero colore del vino. Ma come scegliere il calice giusto quando sorseggiamo un Brunello, un Barolo, uno spumante secco o una grappa?
Il calice classico
Ecco alcuni segreti, svelati con l’aiuto degli esperti. «Il calice classico – racconta Leonardo Taddei, coordinatore didattico di Ais Toscana, l’associazione dei sommelier – è fatto di tre parti: il piede, poi uno stelo abbastanza lungo da permettere alla mano di essere lontana dalla terza parte, quella superiore chiamata bevante, perché il calore delle dita e anche l’odore stesso della pelle può influenzare l’assaggio».
Passiamo alla forma del bevante, perché ne esiste una giusta per ogni vino: per un vino giovane, rosso o bianco, deve essere né molto capiente né dall’imboccatura troppo aperta, per mantenere la freschezza del profumo; un rosso più vecchio richiede un calice dal bevante un po’ più ampio, mentre la quantità contenuta è la stessa. «Quando poi parliamo di un Brunello o di un Barolo – continua Taddei – cioè di grandi vini, i calici sono ancora più importanti, perché più restano nella bottiglia più hanno bisogno di ossigenarsi. La diceria che il vino dovrebbe stare aperto un’ora per ogni anno di invecchiamento, invece, è una bufala».
Con le bolle e non solo
Passando agli spumanti, secchi o dolci, il bicchiere adatto stupirà i più perché è a coppa e molto largo, in modo da esaltare la dolcezza e l’aromaticità che lo caratterizzano, rendendolo più gradevole. Discorso inverso per un Prosecco o un Franciacorta dove il bicchiere più adatto è un flûte, allungato e slanciato, per consentire alle microscopiche bollicine di formarsi e di percorrere il lungo tragitto verso l’alto prima della loro esplosione, veicolando i profumi verso l’uscita del calice.
E per la grappa o i distillati? Il bicchiere è più piccolo perché le quantità devono essere contenute, con steli corti o anche senza steli, comunque trasparenti e bombati per concentrare i profumi. E a proposito della grappa è bene sapere che nasce dalla fermentazione delle vinacce con un procedimento tutto italiano, e per questo solo noi possiamo chiamarla così in Europa.
Il decanter: quando usarlo? E qual è la temperatura giusta per bere un buon vino?
«Il decanter – spiega Martin Rance, delegato Fisar Firenze -, come dice il suo nome, serviva in origine a “decantare” il vino, cioè a travasarlo per liberarlo da impurità e sedimenti. Ai nostri giorni viene usato soprattutto per consentire una veloce ossigenazione dei vini di lungo affinamento in bottiglia. La giusta temperatura di servizio del vino è molto importante: in particolare il freddo esalta le parti dure del vino – acidi, tannini – e comprime i profumi, mentre il caldo ne accentua la morbidezza e l’alcoolicità, sacrificando la personalità e la freschezza. A temperatura ambiente, il vino si riscalda velocemente, mediamente di un grado ogni 4-5 minuti, per cui è sempre preferibile servirlo un poco più freddo: acquisterà la giusta temperatura nel bicchiere. Gli spumanti vanno serviti intorno ai 6°C. I vini bianchi tra gli 8 e i 10, i rosati a 12. A seconda del grado di affinamento del vino, per i rossi si parte da 14 gradi di un vino giovane fino ad arrivare ai 18 di un grande vino invecchiato. I passiti bianchi vanno serviti intorno ai 10 gradi, mentre per quelli rossi si può salire fino a 14°C».