Arbi surgelati: la dedizione di una famiglia toscana al pesce surgelato

Partiti nel 1958 da Monsummano Terme, oggi ricercano i modi migliori per portare alti livelli qualitativi e standard rigorosi.

Gli ingredienti di questa storia di successo sono due: molta pazienza e un pizzico di intuito.
Intuito, per aver impiegato il metodo di conservazione più antico al mondo, il freddo, come chiave per trasformare una bottega di Monsummano Terme, in provincia di Pistoia, in un gigante toscano del pesce surgelato che dà lavoro a cento persone ed è fra le prime tre aziende del settore in Italia, con prodotti destinati ai supermercati.

Una cosa è una pentola di sugo, un’altra è preparare migliaia di chili secondo standard precisi, con lo stesso sapore e con un rigoroso controllo degli ingredienti

Pazienza, per aver trovato il modo di portare le ricette tradizionali dai fornelli alle grandi linee produttive. Molluschi al naturale, zuppe, sughi pronti per spaghetti allo scoglio: dietro al “mare in vaschetta” ci sono tre generazioni della famiglia Arbi, che ha scelto il proprio cognome come marchio di fabbrica.

Lavoro di famiglia

“La storia di questa impresa è la storia della nostra famiglia” dice con una punta di orgoglio Maurizio Arbi, al timone dell’azienda insieme al nipote Alessandro. Un’avventura iniziata nel 1958 da Dario, padre di Maurizio, che prima aprì un negozio e poi un piccolo stabilimento.
Trent’anni dopo, il salto di qualità con l’arrivo nei punti vendita di Unicoop Firenze. Oggi il quartier generale è un complesso da 45.000 metri quadri a Monsummano, affiancato da una sede nel frusinate, mentre da poco nella squadra è entrato il “piccolo” della famiglia, Lorenzo, 27 anni, perché il lavoro è tanto.

Qualità, sicurezza e gusto toscano

Attenzione agli ingredienti, dal pesce, con provenienza tracciata, alle materie prime delle preparazioni, come pomodoro e spezie che arrivano per quanto possibile dal territorio: l’ufficio qualità di Arbi compie 10.000 controlli ogni anno, grazie anche a uno strumento che sfrutta la biologia molecolare per analizzare il DNA. No a Ogm e additivi, per esaltare il sapore non c’è altro che il classico brodo di pesce. La differenza rispetto a casa è che qui la pentola è sostituita da un grande macchinario capace di cuocere 2000 litri di brodo alla volta.

Ricerca in cucina

Può servire un anno intero per creare un nuovo prodotto, dai primi test al debutto sugli scaffali. “Una cosa è una pentola di sugo, un’altra è preparare migliaia di chili secondo standard precisi, con lo stesso sapore e con un rigoroso controllo degli ingredienti” spiega Maurizio Arbi “Prendiamo la nostra proposta più apprezzata, il Condiscoglio: 15 anni fa abbiamo sviluppato la ricetta, assaggiandola pure nelle nostre cene, ma impazzimmo notte e giorno per replicarla con lo stesso gusto in produzione”.

Il cuore dell’azienda è rappresentato dalle cucine, dove è impegnato il reparto ricerca e sviluppo, formato da cuochi specializzati, professionisti della qualità e tecnologi alimentari, per ideare nuove ricette e migliorare quelle già in commercio. A loro si aggiungono le consulenze di chef esterni per indicare la via dei sapori tradizionali, come Pasquale Torrente del ristorante salernitano Al Convento, maestro della frittura.

Il pesce di domani

Ma qual è il futuro del settore? La sfida è ampliare gli orizzonti del nostro piatto: “Stiamo sovrasfruttando il 30% del patrimonio ittico mondiale, perché siamo abituati a mangiare sempre le stesse cose” dice Arbi “Insieme alla grande distribuzione dobbiamo cercare di educare i consumatori a scoprire nuovi tipi di pesce, poco conosciuti, ma buoni e nutrienti”.

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