Intervista a Franca Melfi, pioniera della chirurgia toracica

È alla guida del centro di chirurgia robotica dell'Ospedale di Cisanello, a Pisa, e da poco vicepresidente dell’Eacts (Associazione europea per la chirurgia cardiotoracica)

È noto che Pisa (e dintorni) sia uno dei poli internazionali della robotica, ma forse non tutti sanno che l’Ospedale di Cisanello ospita uno dei maggiori centri di riferimento a livello europeo per la chirurgia robotica. Un’eccellenza anche per la formazione: «Qui arrivano chirurghi dalla Germania, dall’Inghilterra, dalla Francia, ma anche dai Paesi asiatici, come gli Emirati, per imparare come si opera con questi macchinari molto sofisticati» racconta Franca Melfi.

È lei, calabrese di nascita ma pisana d’adozione, da poco anche , a dirigere il centro, oltre a insegnare ai futuri medici che studiano all’università come si affronta la chirurgia con l’ausilio dei robot. Che fanno quasi dei miracoli, ma a guidarli c’è sempre e soltanto l’intelligenza umana: «Serve una grande precisione, dote particolarmente femminile, non me ne vogliano i miei colleghi uomini» spiega, sorridendo.

È stato finalmente superato il pregiudizio che vuole le donne dottoresse, ma gli uomini chirurghi, perché per gli interventi serve forza fisica?

Non sono d’accordo con chi dice che in chirurgia serve la forza, piuttosto sono indispensabili meticolosità e competenza. Comunque, prima di usare i robot, è necessario conoscere la chirurgia tradizionale.

Come si è appassionata alla chirurgia robotica?

Mi sono avvicinata durante il mio percorso di studi in medicina: in particolare mi interessava la chirurgia toracica, che ai tempi era pratica relativamente recente, perché i tumori al polmone erano considerati inoperabili e quindi non si interveniva. Era un settore innovativo e questo mi affascinava. La chirurgia robotica nasce alla Nasa per operare a distanza, poi viene usata per il cuore. Nel 2001 scelgo di applicarla per asportare un tumore al polmone di un paziente toscano, che ancora sta bene, e fummo i primi al mondo.

Ora dirige questo centro, che sembra davvero un distaccamento della Nasa: modernissimo e super efficiente, oltre che accogliente…

Fu voluto dalla Regione Toscana ed è una struttura di cui vado orgogliosa. Pisa è stata un trampolino di lancio per molti chirurghi, che oggi possono afferire a questa struttura per tutti i tipi di interventi chirurgici, addominali, toracici, otorino-tiroidei e, ultimi in ordine di tempo, al seno: qui siamo ancora in fase embrionale, ma ci sono molte prospettive positive. Con i robot si possono fare interventi assai complessi, con una tecnica mininvasiva grazie a una precisione estrema, perché il sistema consente di ingrandire di dieci volte le parti interessate e di ricostruirle tridimensionalmente. Oggi si parla molto di intelligenza artificiale, questo è un esempio.

Perché Pisa ha sviluppato questa particolare vocazione per i robot?

Alcuni hanno definito questa città una sorta di Oxford all’italiana, e in effetti oltre all’università ci sono il Sant’Anna, il Cnr, la Scuola Normale, cioè una piattaforma di integrazione fra conoscenze di tipo diverso che rappresentano una grande ricchezza per Pisa, ma credo anche per la Toscana e per l’Italia.

In quanto donna ha mai trovato delle difficoltà nella sua carriera?

Qualche anno fa, durante una conferenza stampa, l’allora direttore dell’Ansa mi fece questa domanda: risposi che non mi ero mai accorta delle differenze con gli uomini, che ho sempre visto solo come dei chirurghi e quindi dei colleghi. Oggi, però, guardandomi alle spalle, forse il mio percorso un pochino più in salita rispetto al loro lo è stato. Ad esempio, non ho cercato la maternità in maniera spasmodica, forse perché sapevo che in qualche modo il mio percorso sarebbe stato assai rallentato. Oggi sono molto felice di avere una squadra prevalentemente al femminile e di dare alle mie ragazze tutte le opportunità che meritano di avere, sia nella carriera sia nella famiglia, attraverso la maternità.

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