Roberto Vecchioni, appassionato di vita e di enigmistica, tifoso dell’Inter, insegnante, scrittore, cantautore intergenerazionale, per molti – semplicemente – il Professore. Il musicista milanese è atteso per una data a Firenze, col suo “Infinito tour” che ha fatto tappa al Parco mediceo di Pratolino il 18 luglio per “Musart Festival”. Un luogo ben conosciuto dal cantautore, che lo scorso aprile – proprio nel parco fiorentino – ha ricevuto il Pegaso D’oro, un importante riconoscimento da parte della Regione Toscana.
«Ho ritirato un premio meraviglioso – conferma Vecchioni – penso sia una delle cose più prestigiose che si possano ricevere e che mi riempie di entusiasmo per i miei prossimi 40 anni di attività (ride). Ho visto il posto, è meraviglioso, spero che sarà anche pieno di gente».
Il ritorno in libreria
L’ultima creazione di Vecchioni è però un libro, intitolato Tra il silenzio e il tuono, uno scambio di lettere fra due personaggi immaginari, un giovane e un anziano. «Lo spunto era quello di fare un libro epistolare, tentando di far scrivere me a me stesso. Con due fisionomie, però, completamente diverse perché io racconto la mia vita in modo realistico, molto vero, senza favole o storie. È la mia vita e mi metto a nudo perché me ne dico di tutti i colori. Invece il nonno, cioè la mia anima, non parla a me ma al mondo, di quella che è la sua cultura, i suoi capricci, la sua visione e quindi è molto più astratto».
Una sorta di autoanalisi, l’occasione per spogliarsi da maschere e chiedere qualcosa a se stessi. Cosa? «Che il lavoro non interrompa la confidenza, l’amabilità dello stare con tutti i figli e le nipotine che ho e soprattutto dello stare con mia moglie, in particolar modo dopo quello che è avvenuto lo scorso anno (il riferimento è alla morte del figlio Arrigo, ndr), una brutta pietra che le è caduta in testa e dalla quale non si è ripresa più».
Tra passato e futuro, nel segno delle canzoni.
Parte di quel libro finirà anche nella data fiorentina del tour che si preannuncia speciale, in un gioco di rimandi fra grandi classici e perle per i fan della prima ora. «Ci sono canzoni da silenzio e canzoni di tuono. Ci sono canzoni in cui mediti e pensi a te stesso, ai ricordi, e canzoni invece in cui interpreti la vita in modo positivo, in speranza, in sogno. C’è proprio questo dualismo che esiste in tutti noi, quello di volerci calmare, fermare, osservare i nostri cari e quello di sbatterci di lavoro e di passioni per uscire da noi stessi e cambiare il mondo.
Lo spettacolo segue proprio questa falsariga ma la tappa fiorentina è ancora più particolare, migliore. Ho un mio canovaccio quando suono d’estate, che ripercorre alcune delle mie canzoni più popolari, come Samarcanda o Luci a San Siro mentre nel concerto di Pratolino ho suonato anche brani più vecchi, magari meno conosciuti, ma amatissimi dai fan. Silenzio e tuono, passato, presente e futuro mischiati insieme. Lo spettacolo è fatto di questo, di accettazione della parola, come racconto e come musica».
Il confronto fra generazioni
L’incontro generazionale è uno dei temi cari al professore milanese, che all’ultimo Festival di Sanremo si è esibito assieme ad Alfa, nuovo mattatore del pubblico dei giovanissimi.
«Alfa era un mio fan, strano, visto che ha 22 anni. Lo era anche suo papà. Ho scelto quindi la canzone più rappresentativa di quello che è il rapporto fra il vecchio e un giovane cioè Sogna ragazzo sogna. A lui è venuto in mente, un’idea grandiosa devo dire, di rispondere a quello che dico, in forma di rap. Siamo finiti primi negli ascolti con una canzone di 25 anni fa, un successo che non ottenni neanche al momento della sua prima uscita. Un segnale che il fil rouge fra generazioni non si è interrotto».