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A tu per tu con Paolo Ruffini

L'artista toscano Paolo Ruffini si racconta tra web e teatro dove è protagonista di "Din Don Down alla ricerca di /D)io"

Io e Dio. Due parole separate da una lettera, la D, la stessa della sindrome di Down. Din Don Down, alla ricerca di (D)io, lo spettacolo del multiforme Paolo Ruffini giunge alla sua seconda stagione a teatro dopo aver macinato “tutto esaurito” ad ogni data della prima: un successo tale che ha dato vita anche a due spin off, uno radiofonico (Radio Up&Down, su Radio24 da gennaio) e l’omonimo video podcast che, da maggio, è possibile trovare su YouTube nel canale dell’attore.

Oltre al teatro, il 2025 segna per Ruffini anche il ritorno in libreria grazie al suo ultimo romanzo Benito, presente dove un maestro viaggia nel tempo e si ritrova ad essere l’insegnante di un giovane Mussolini.

Din Don Down prosegue il carotaggio umano e sociale già mostrato da Ruffini nei precedenti format Il badante e Il baby sitter, con interviste ad anziani il primo e ai bambini il secondo, che in maniera spontanea rispondono alle domande della vita, conquistando visualizzazioni sui social media. Con Din Don Down, il mondo della fede viene esplorato assieme ai ragazzi “down” della compagnia teatrale Mayor Von Frinzius di Lamberto Giannini con la quale Ruffini collabora ormai da dieci anni.

Il risultato è stato un grandissimo successo

Più che un successo è stata una piccola operazione avanguardista, un esempio virtuoso di come il teatro sociale ha molto meno la puzza sotto il naso di tanti che lo hanno frequentato negli anni e che lo hanno relegato a scaffali speciali. Io non sono per uno scaffale speciale, non sono nemmeno per le persone speciali, quando mi sento dire «ma lavori coi ragazzi speciali» ecco, non penso siano più speciali di me o di te. Siamo tutti unici, ognuno con la sua peculiarità. Sono persone che hanno delle caratteristiche e queste vanno incontro a degli elementi curiosi: ad esempio, le persone con la sindrome di Down hanno una confidenza con la felicità, o con l’abbraccio, molto più facile degli altri.

Che rapporto ha invece con la parola normale?

I normali penso che siano tutti quelli che si accontentano, quelli che diffondono un po’ di odio, quelli che pensano a Israele e Palestina come se fosse Milan-Inter, i normali sono anche gli hater (gli odiatori sul web, ndr), quelli che si sono accontentati dell’odio.

In una puntata del podcast si dice: «Il fatto è che noi a un certo punto smettiamo di credere nelle cose belle». Perché succede?

Perché le pensiamo banali. Le cose belle sono cose che l’essere umano ha costruito, se vuoi anche Dio, per giustificarsi un certo tipo di felicità. Noi oggi siamo in una dimensione dove la felicità la temiamo perché non ce la consigliano, perché quando sei felice non compri. E quindi è meglio aver paura, perché poi compri, consumi, clicchi, cerchi, vai su internet. A cercare soluzioni. Uno dei motivi principali per cui ho cominciato a intervistare i bambini è stato per ritrovare la fede. Il mio prossimo podcast si chiamerà Mamme, le mamme sono la cosa più vicina a Dio, secondo me, e la più bella che abbiamo.

Il macro-tema dell’infanzia lo ritroviamo anche nel libro Benito, presente.

Sono quei macro-temi che sono universali, tutto è legato a quello che abbiamo vissuto da piccini, non ci sono le istruzioni e quindi è quel momento assurdo in cui noi realizziamo che l’amore incondizionato non esiste, è un momento devastante, per cui iniziamo a negoziare già dai primi mesi di vita, cerchiamo di far di tutto pur di avere una carezza, un abbraccio, un bacino dai nostri genitori. E tutto quello che accade nel mondo penso sia la reazione a quella sofferenza, per cui c’è chi reagisce cercando di domare quella sofferenza e chi invece poi ne è vittima e diventa cattivo. Benito, presente è proprio sintomatico di questo, è l’esercizio che un maestro ha l’opportunità di fare grazie a un salto nel tempo, cercando di immaginarsi che cosa sarebbe potuto accadere nel mondo se uno dei più grandi criminali di guerra avesse avuto un minimo di educazione emotiva.

Din Don Down in Toscana

Le date in Toscana: 30 e 31 dicembre 2025 al Teatro Verdi di Montecatini (PT); 26 dicembre 2025 e 5 gennaio 2026 al Teatro Verdi di Firenze.

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