Quando Martina era più piccola non si voleva sporcare. Neanche un poco e men che meno il viso. Adesso è una piccola fornaia scatenata: impasta, condisce e inforna senza timore.
Nel laboratorio di “Pane, amore e fantasia” ha imparato a fare cose buone ma anche a comunicare. Un passaggio non semplice per una bambina con disturbo dello spettro autistico.
«Da genitori conosciamo bene ciò che l’autismo comporta nella vita dei nostri ragazzi – racconta Susy Sesto, presidente dell’associazione Valtiberinautismo – È con questa consapevolezza che nel 2016 abbiamo deciso di unire le forze per offrire loro un’opportunità di inclusione sociale».
Una scelta nata dalla volontà di condividere esperienze personali e dal bisogno di darsi aiuto reciproco.
«Quando ho ricevuto la diagnosi di Martina pensavo di essere sola – continua Susy – la possibilità di confrontarmi con altri genitori mi ha aiutato a capire che potevamo affrontare insieme questa fase».
L’associazione Valtiberinautismo negli anni è diventata un punto di riferimento sul territorio per dare una prospettiva futura ai bambini e ragazzi con disturbo dello spettro autistico.
«La fase più critica – spiega Paola Valdambrini, vice presidente dell’associazione – è quando finisce il percorso scolastico. La carenza di proposte di attività adeguate rischia in poco tempo di far perdere tutte le abilità conquistate, andando a vanificare l’impegno delle famiglie e delle istituzioni».
Affrontare una problematica del genere non è facile: ci vuole tempo, attenzione e pazienza, ma anche il luogo giusto. Ed è proprio in un angolo della Valtiberina che si realizza il sogno di Susy, Paola e di tanti altri genitori del territorio.
Un percorso sensoriale
Situata su una collina da cui si può ammirare un panorama incantevole che va da Sansepolcro fino ad Anghiari, fra coltivazioni di ulivo e di grano, si trova l’azienda agricola Il Faggeto, che Leda Acquisti, una giovane donna con tanta passione ed energia, ha trasformato da attività prettamente familiare a vera e propria impresa.
Al suo interno è stata creata anche una fattoria didattica dove ogni giorno vengono portati avanti percorsi per le scuole sulla panificazione e sulla produzione dell’olio.
Qui, un gruppo di 16 bambini con autismo ha avuto la possibilità di iniziare un percorso di autonomia, apprendendo gli strumenti del mestiere per la produzione di pane, pizza e dolci, seguiti dagli educatori specializzati della Cooperativa sociale L’Albero e la Rua.
«Questo percorso è soprattutto sensoriale – spiega Marco Amoroso, educatore della cooperativa – il rosso del pomodoro, il suo profumo, la consistenza della pasta, tutto questo stimola in loro la percezione e la curiosità, oltre a ridurre l’ansia».
All’inizio i bambini erano quasi terrorizzati prima di entrare nel laboratorio, ma dopo i primi incontri non volevano più andare via.
«Questo progetto nasce da zero, non c’è uno storico – spiega Rita Degli Innocenti, educatrice e coordinatrice pedagogica del progetto – La prima volta che ci siamo riuniti, abbiamo osservato i ragazzi per cercare di capire il loro approccio con le materie prime e le abilità di partenza». Abilità anzitutto di tipo comunicativo, dato che l’autismo si manifesta anche come ostacolo a comunicare con l’ambiente circostante, come una barriera che impedisce ai pensieri di sfociare in parole.
«Le persone autistiche non hanno un canale tradizionale per relazionarsi: ognuno di loro ha il suo – spiega Marco – chi gli sta vicino deve cercare e scavare continuamente dentro di loro per trovare il giusto modo per comunicare».
Piccoli fornai crescono
Di grande ausilio è stato l’utilizzo della Comunicazione alternativa aumentativa, la Caa. Questa tipo di comunicazione usa simboli semplificati fatti di immagini e disegni per trasmettere tutte le informazioni possibili.
«Si possono anche abbinare tra di loro e costruire una frase – aggiunge Rita – per spiegare che bisognava lavarsi le mani prima di iniziare l’attività, per esempio, abbiamo messo tre disegni su un foglio: mani, rubinetto, mani sotto il rubinetto. Adesso tutti si lavano le mani senza problemi».
Ma gli incontri nel laboratorio servono anche per favorire l’inclusione sociale dei ragazzi. «Finché vanno a scuola o sono piccoli è facile trovare momenti di incontro con i loro coetanei – spiega Susy – dopo diventa tutto più difficile e i ragazzi rischiano di isolarsi».
«Per questo motivo è fondamentale creare una rete che, a partire dalla presa in carico, metta in contatto fra loro i bambini e le famiglie con i centri specializzati sul territorio» afferma Stefano Berloffa, neuropsichiatra infantile che segue il progetto.
In questi mesi di attività i miglioramenti sono stati evidenti, tanto che non è più azzardato immaginare una loro possibile occupazione lavorativa in questo settore. Adesso i ragazzi più abili aiutano quelli meno abili e si sono divisi i compiti della cucina: c’è chi impasta, chi sta al forno, chi deve condire e chi assaggia. Senza dimenticare chi è chiamato a segnalare gli ingredienti mancanti.
Pensati con il Cuore
Tutto ciò è stato reso possibile dall’iniziativa Pensati con il Cuore della Fondazione Il Cuore si scioglie e grazie alla collaborazione della Sezione Soci Coop Valtiberina che ha scelto il progetto e lo ha sostenuto nella raccolta fondi.
«Attraverso la campagna di crowdfunding, siamo riusciti a superare il traguardo di 16.000 euro, la cifra necessaria per realizzare il progetto – racconta Susy – Ma soprattutto il sostegno della comunità ci ha dimostrato di non essere soli nell’affrontare questa sfida».
Tanti sono ancora i sogni nel cassetto, ma la sensazione è che da questo progetto possa nascere davvero un seme di speranza per il futuro di tante persone.
Ha collaborato all’articolo Francesco Ricceri