“Ho sempre inteso Longhi, fin dai primi approcci, come una sorta di ‘Pinocchio geniale’ della storia dell’arte mondiale, creatore, finanche, dispettoso, con un estro e un intuito ineguagliabile a tutt’oggi. Per questo a cinquant’anni dalla morte del grande maestro degli studi di storia dell’arte ho ritenuto doveroso rendergli omaggio con un libro a lui dedicato” – commenta così il prof. Mauro Pratesi, titolare della cattedra di Fenomenologia delle Arti Contemporanee presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, la scelta di raccogliere i suoi scritti di argomento strettamente ‘longhiano’ nel volume “Roberto Longhi. Nel vivo dell’arte del ‘900”, edito da Pisa University Press, con prefazione di Mina Gregori e uno scritto di Carlo Bertelli, sei contributi, scritti dal prof. Mauro Pratesi fra il 1998 e il 2014.
All’interno anche due inediti scritti del Longh: la recensione a “I balli plastici” di Fortunato Depero; lo scritto sul Cinema teatro Corso di Roma di Marcello Piacentini. Due stroncature, che lo stesso Longhi tagliò nel momento di pubblicare nel 1961 il primo volume dei suoi ‘Scritti Giovanili (1912-1922)’.
“È un libro dedicato a chi ama l’arte, non solo per gli storici, specialisti o studenti. Spero contribuisca a far conoscere anche ai non esperti il valore della figura di Longhi e il suo contributo nell’arte contemporanea. E che faccia conoscere anche l’importanza della Fondazione Longhi, anche a chi non è un addetto ai lavori”, tiene a precisare il prof. Pratesi, aggiungendo che “lo studio della storia dell’arte ha un alto valore civico perché capirne la bellezza e l’importanza insegna il rispetto del bene comune. Come disse lo stesso Longhi in una della sue ultime intervista ‘lo studio della storia dell’arte in Italia è uno dei più sacrificati, quando invece sulla storia dell’arte e sull’arte l’Italia dovrebbe fare il suo fondamento’, considerando anche il nostro immenso patrimonio artistico.
Quale è il valore aggiunto di Roberto Longhi alla storia della critica d’arte e nell’arte?
“Longhi parlava dell’antico in chiave moderna e viceversa, con un rimando continuo, cosa che fino ad allora era una novità. Giovanissimo, nel 1911, ad appena 21 anni – Era nato nel 1890 ad Alba, terzogenito di una famiglia originaria del modenese, padre insegnante di lettere in un istituto professionale. Frequentò gli studi a Torino e si laureò con un grande storico dell’arte italiano, Pietro Toesca, nel 1911 – iniziò ad interessarsi a Michelangelo Merisi, Caravaggio, restituendone una lettura critica contemporanea che affascinò anche gli artisti del Novecento. Longhi fu a pieno titolo un critico d’arte militante, attento e calato nella realtà a lui contemporanea, con i suoi studi ha dato valore e riportato luce su grandi artisti fino ad allora non considerati proprio di primissimo piano come, ad esempio, Piero della Francesca e sulla pittura ferrarese del Rinascimento“.
Quali sono le principali tappe del percorso critico di Longhi?
“Nel periodo antecedente alla Prima Guerra Mondiale Longhi aderì al Futurismo, individuando in Giuseppe Prezzolini, fondatore con Papini della rivista La Voce il personaggio più dirompente e stimolante della cultura italiana. Lo stesso Prezzolini apprezzò subito questo giovane geniale ancora sconosciuto, poco più che studente, e lo accolse nelle pagine della sua rivista. I primi interventi sono in chiave futurista e culminarono nell’articolo del 1913 I pittori futuristi, recensione che suscitò l’entusiasmo di un grande artista come Umberto Boccioni, una delle figure più importanti del panorama artistico europeo, tanto che lo chiamò nel 1914 per presentare La scultura di Boccioni, scavalcando lo stesso Marinetti. Anche il grande Benedetto Croce accolse entusiasticamente sulle pagine della sua rivista La Critica gli scritti del giovane Longhi. La maturità critica di Roberto Longhi si ha nel 1927 con il suo libro su Piero della Francesca, che ebbe un grande successo sia tra gli storici dell’arte antica che contemporanea, e non passò inosservato anche ad artisti come Carrà, o Morandi, o Casorati, e fu tradotto in più lingue”.
“L’originalità di Longhi è la sua capacità di calare la visione dell’opera d’arte nella storia, e lo fa nei suoi scritti con un linguaggio e una prosa superba, con ricerca linguistica, unendo arcaismi e neologismi”, continua il prof. Pratesi.
Quanto ha influenzato la figura di Longhi il suo percorso professionale?
“Ho avuto la fortuna e il privilegio di formami con due allievi di Longhi, Carlo del Bravo, con cui mi sono laureato, e Mina Gregori. Anche se poi gli stessi hanno lavorato su campi inesplorati e non amati da Longhi: Del Bravo sull’Ottocento italiano e Mina Gregori sul Seicento Fiorentino, culminato anche in una grande mostra a Palazzo Strozzi di circa 20 anni fa. Fondamentale per me è stata la frequentazione della Fondazione Longhi e aver conosciuto Lucia Lopresti, scrittrice nota con lo pseudonimo di Anna Banti, moglie di Roberto Longhi. Abitavo a poca distanza da via Benedetto Fortini, dove c’era l’abitazione di Villa Tasso, ora sede della Fondazione pubblica di studi sulla storia dell’arte. Tra gli scopi della Fondazione c’è anche quello di formare i giovani storici dell’arte offrendo borse di studio. Al suo interno un grande patrimonio di opere collezionate nel corso della vita dai Longhi tra cui il famoso quadro di Caravaggio “Il ragazzo morso dal ramarro”, ma anche quadri di Morandi, con cui Longhi ebbe un bellissimo sodalizio artistico. Ci sono anche opere di Carrà, Leoncillo Leonardi, Guttuso, un altro sodalizio importante per Longhi…Guttuso fu anche nella redazione di ‘Paragone’, la rivista fondata da Longhi nel 1950, una delle più importanti della storia dell’arte”.
“Longhi fino al 1958 fu uno dei principali selezionatori della Biennale di Venezia con Rodolfo Pallucchini. Nel suo percorso professionale mi preme ricordare anche la mostra su Caravaggio nel 1951 che vide oltre 400mila visitatori, un momento importante nella storia dell’arte italiana se pensiamo che è stata realizzata a pochi anni dalla fine della guerra, con una Milano ancora in parte in macerie. Un messaggio importante anche per il momento storico che stiamo vivendo di come la cultura possa essere una leva importante per la ripartenza di un Paese, per la sua ricostruzione”, commenta il prof. Pratesi. – “Tra gli allievi di Longhi troviamo Antonio Paolucci, Pier Paolo Pasolini, suo allievo quando insegnava a Bologna, e suo “maestro di folgorazione figurativa.”
Nella copertina del suo libro ha voluto mettere in risalto l’aspetto giocoso dello storico dell’arte, mentre gioca a bocce con Francesco Messina e Carlo Carrà…
“Ho scelto una foto che risaltasse la sua figura anche ironica e bizzarra di ‘pinocchio geniale’ della storia dell’arte, che però in realtà la sa più lunga degli altri. È una gentile concessione di Luca Carrà nipote dell’artista”.
L’autore del libro
Mauro Pratesi è titolare della Cattedra di Fenomenologia delle Arti Contemporanee presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ha insegnato Storia dell’Arte Contemporanea presso le facoltà di Lettere e Architettura dell’Università di Firenze. Ha pubblicato numerosi saggi e curato importanti mostre sull’arte italiana dell’Otto e Novecento e, nel corso degli anni ottanta, è stato assistente e consulente per l’arte del Novecento di Luciano Pistoi. Tra i suoi molti lavori anche la mostra “Ripensare l’umanità in noi. Immagini della germinazione fiorentina”, dedicata in particolare alle figure di Don Milani, Ernesto Balducci, Don Facibeni, di cui è stato curatore, che ha visto la collaborazione dei Comuni di Bagno a Ripoli, Pontassieve, Borgo San Lorenzo e Barberino di Mugello e il sostegno delle sezioni soci locali, tra cui quella appunto di Bagno a Ripoli.
Il libro
Mauro Pratesi, Roberto Longhi nel vivo dell’arte del ‘900, Pisa University Press
Il libro è in vendita nelle principali librerie fiorentine.