Acquisto dei prodotti a marchio: un fenomeno in continua ascesa
Da sempre il mensile Il Salvagente sorveglia la qualità dei prodotti che finiscono sulle tavole degli italiani e dal 2015 ha messo gli occhi sul fenomeno dei prodotti a marchio o MDD (marchio del distributore) o private label. Prodotti in continua ascesa, tanto che oggi costituiscono il 20% del fatturato delle insegne della grande distribuzione.
Quattro anni e migliaia di prove di laboratorio dopo, Il Salvagente ha pubblicato nel numero di agosto la prima classifica sui prodotti a marchio della grande distribuzione, che pone Coop al primo posto, con un giudizio Buono di 7,5 su una scala da uno a dieci, mentre i maggiori competitor si fermano nella fascia della qualità media, con voti di qualche decimo superiori alla sufficienza. I prodotti a marchio dei discount in due casi su tre non arrivano alla sufficienza.
Gli alimenti presi in esame spaziano dall’olio alla pasta per arrivare alle passate di pomodoro, ai prodotti per la prima colazione fino alla carne, ai salumi, formaggi, dolci e altri cibi verificati con diversi esami.
Per saperne di più abbiamo intervistato Riccardo Quintili, direttore della Rivista Il Salvagente.
Prodotto a marchio in crescita, è un segno dei tempi? Quali sono le motivazioni?
Possiamo dire che l’incremento delle vendite dei prodotti a marchio è un segno dei tempi, proprio per le motivazioni del suo affermarsi. Se prima la molla che faceva scattare l’acquisto del prodotto dell’insegna era la convenienza, oggi – e lo affermano statistiche e ricerche come quella di Nomisma che citiamo nell’indagine – il consumatore attribuisce al prodotto a marchio un valore fatto di sicurezza, attenzione all’ambiente ed etica, i nuovi trend che guidano la scelta di cosa mettere nel carrello. Del resto, le componenti di sicurezza, ambientale ed etica sono anche quelle che le insegne mettono in evidenza, nella comunicazione così come nel packaging, che per alcuni settori vedono quasi più evolute le linee a marchio dei prodotti di marca.
C’è un rapporto di maggiore fiducia da parte del consumatore?
Sì e no, sicuramente il prodotto a marchio dell’insegna si assume la responsabilità di essere sicuro, etico e a impatto ambientale limitato come dichiara, d’altro canto però il consumatore di oggi è mediamente fedele e molto informato, molto distante dal consumatore fedelissimo degli anni 80. Oggi se la marca – o il marchio – non mantengono il gradimento o non tengono fede alle promesse di sicurezza, attenzione all’ambiente ed etica che hanno fatto, il consumatore cambia negozio e carrello senza pensarci due volte. Per questo è importante investire per rinnovare e spiegare perché il prodotto vale l’acquisto.
Negli scorsi quattro anni avete passato al setaccio centinaia di prodotti, ma quali sono esattamente le analisi che avete fatto, ad esempio per le carni?
Le carni rappresentano un terzo dei prodotti a marchio scelti dai consumatori, sono il settore in cui più spesso chi fa la spesa decide per il private label. Su un petto di pollo confezionato, Il Salvagente ha fatto più indagini, sia prendendo in considerazione la qualità igienica, la contaminazione da batteri, ai tempi in cui ci poteva essere un dubbio la presenza di Fipronil, oltre alla presenta di antibiotici e al valore nutrizionale.
E quando invece avete studiato la passata di pomodoro?
In questo caso abbiamo da una parte indagato la questione etica, quindi la filiera, dall’altro abbiamo fatto analisi merceologiche e di laboratorio, ad esempio valutando il residuo ottico, il sale aggiunto, la presenza di bucce, semi e pesticidi, che sono una costante delle nostre analisi. Sui pesticidi, in particolare, va dato atto a Coop di avere valori più bassi dei limiti di legge e di aver stilato una black list di elementi da eliminare, fra cui il glifosato.
Quando portate in laboratorio uno yogurt invece cosa cercate?
Nel caso dei latticini come lo yogurt diamo particolare rilevanza alla parte nutrizionale, ad esempio analizzando gli zuccheri. Facciamo inoltre indagini sugli aspetti igienici e microbiologici e nel caso di yogurt alla frutta valutiamo l’eventuale presenza di pesticidi.
Oltre alle analisi, ci sono altri elementi che hanno influenzato la classifica dei migliori prodotti a marchio in commercio?
Oltre a quattro anni di attente analisi, che in parte cambiano da tipologia a tipologia di prodotto, come ad esempio il farinogramma per la farina o il punto di cottura per la pasta, in parte sono fisse, abbiamo tenuto conto di eventuali “incidenti” in cui qualche linea di prodotti a marchio può essere incorsa negli scorsi anni. La classifica, infatti, non è la media algebrica di tutti i risultati e di tutte le prove, ci sono state ad esempio delle penalizzazioni per chi ha avuto problemi di sicurezza alimentare, mentre siamo particolarmente attenti agli innovatori.
A questo proposito, fra produttori e distributori, grazie ai prodotti a marchio, si può migliorare la qualità di quello che mangiamo?
Certamente alcuni passi importanti per una maggiore educazione ed informazione del consumatore sono stati fatti grazie a campagne consumeristiche di alcuni attori della grande distribuzione. È così che si attiva un circolo virtuoso che vede i distributori chiedere nuovi e migliori standard di produzione ai fornitori, con la conseguenza che il mercato evolve e cambia, in meglio, la domanda dei consumatori e quindi anche l’offerta. È successo ad esempio per i pesticidi o per gli antibiotici.
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Il consumatore dei prodotti a marchio, secondo Nomisma
Una ricerca Nomisma per l’Osservatorio Marca 2019 definisce perché i consumatori scelgono i prodotti a marchio: il 55% degli intervistati li acquista perché significa mettere nel carrello “convenienza a parità di qualità” dei prodotti leader, uno su tre perché si dice convinto di poter contare su “prodotti di filiere tracciate, certificate e controllate” e il 32% perché gli riconosce garanzie di salubrità e attenzione per l’ambiente.
Quanto alla lista dei prodotti che i consumatori dicono di prediligere a marchio, al primo posto troviamo carne e salumi (34%), seguiti da latte, yogurt, formaggi e uova (30%) e prodotti confezionati (28%).