Ogni sera, quando spegniamo la luce, la nostra mente continua a lavorare e ci porta attraverso esperienze e mondi che non conosciamo e che, da svegli, nemmeno immaginiamo. Una sorta di seconda vita che, con la luce del giorno, svanisce o lascia solo flebili tracce. Se il poeta Calderòn de La Barca nel 1635 scriveva che “la vita è sogno”, ancora oggi non si sa che cosa sia il sogno per la vita. Sonno e sogni, insomma, sono uno tra gli aspetti più misteriosi per la scienza. Se per Sigmund Freud i sogni sono espressione di desideri inconsci, alcuni neuro scienziati li ritengono oggi una chiave importante per risolvere l’enigma della nostra coscienza. Al di là delle definizioni, sonno e sogni sono una parte fondamentale della vita, se consideriamo che ogni uomo spende un terzo della propria vita dormendo e passa almeno sei anni sognando.
“Non si sa che cosa sia, a cosa serva, il sonno per la vita ma è proprietà intrinseca del cervello produrre attività cognitiva, tanto che non può farne a meno e, sognando, ne produce anche durante il nostro sonno” spiega Luigi De Gennaro, tra i massimi esperti di disturbi del sonno e docente di Psicofisiologia del Sonno normale e patologico all’Università di Roma La Sapienza che, nell’intervista, ci svela come funziona il cervello di notte e come ha influito la pandemia sul sonno degli italiani.
Il sogno: cosa è?
Il sogno è per certi versi l’espressione della mente che dorme, cioè ci racconta come il cervello, anche durante il sonno, non possa smettere di fare la cosa per cui principalmente è stato creato, cioè produrre attività cognitiva. Il sogno altro non è che l’attività cognitiva di un cervello che dorme: non possiamo smettere di avere attività mentale anche quando dormiamo però la produciamo con le regole bizzarre di un cervello che è in parte disconnesso dall’ambiente esterno.
Sogniamo sempre?
Sogniamo tutti e sempre. Il sogno, proprio perché è una proprietà della mente, ha due caratteristiche: primo, accompagna tutti e, secondo, accompagna tutti dai primi minuti dell’addormentamento fino agli ultimi momenti prima del risveglio.
Cosa è emerso dalle ricerche sui sogni durante la pandemia?
La ricerca e le numerose ricerche avviate dopo la pandemia ci confermano che la situazione di trauma associato al lockdown ha aumentato i sogni traumatici. Abbiamo riscontrato lo stesso impatto, ad esempio, nelle ricerche sui sogni dei terremotati dell’Aquila che avevano un andamento strettamente legato all’epicentro del terremoto: più ci si allontanava dall’epicentro, più i sogni tipici del post trauma tendevano a ridursi. Quindi i sogni dipingevano una sorta di mappa dell’incubo che si sovrapponeva alla mappa delle conseguenze del terremoto. In inglese si distingue tra i due termini pavor nocturnus, in latino, per indicare il sogno-incubo durante il sonno non Rem e nightmare per l’incubo durante il sonno Rem. Sono due tipi di terrori onirici relativamente diffusi, specie in età prepuberale.
Cos’è cambiato durante il lockdown?
Tutti abbiamo un po’ di allergia con l’inglese che entra nell’italiano, però il termine “pandemic dreams” è diventato ormai virale e racconta come in tutto il mondo le persone hanno cominciato a raccontare il trauma della pandemia attraverso i loro sogni. Il web e anche la letteratura si sono riempiti di questi racconti che, oltre che oggetto di studio, aiutano a ricostruire l’impatto psicologico della pandemia.
Sogni profetici: che spiegazioni ne dà la scienza?
Faccio torto alla tradizione della smorfia napoletana… ma i sogni profetici non esistono. Esiste, piuttosto, la nostra volontà di credere alle profezie. Si ricorda l’evento eccezionale di una coincidenza fra un sogno e la sua realizzazione e si trascurano i milioni di altri eventi di cui i sogni non hanno anticipato nulla. Non c’è nessuna possibilità di anticipare il futuro attraverso i sogni né la scienza dà alcun riscontro in merito.
Quali le regole per un buon sonno?
Primo, andare a letto solo quando si ha sonno; secondo, mantenere una regolarità di orari di addormentamento e risveglio e, se possibile, cercare di non allargare troppo la forbice tra giorni festivi e giorni lavorativi; terzo, non assumere caffeina e stimolanti la sera. Inoltre l’attività fisica, che in generale è benefica per il sonno, ha effetti negativi quando è troppo vicina al sonno. Naturalmente, il discorso è diverso quando abbiamo a che fare con l’insonnia perché lì, purtroppo, non ce la possiamo cavare con un set di regole. È necessario intervenire con un trattamento clinico che, si badi bene, non sono i farmaci e non sono i sonniferi. Quando si tratta di insonnia cronica, con una durata di oltre tre mesi, le società scientifiche, psichiatriche, di medicina di base prescrivono trattamenti psicologici cosiddetti cognitivo-comportamentale. Al contrario, quando è un’insonnia acuta da meno di tre mesi, legata a un evento come per esempio il Covid, allora la prima scelta è il farmaco, il cosiddetto sonnifero.
Problemi del sonno: a chi rivolgersi?
Il riferimento nazionale è l’associazione Sonnomed che si occupa di medicina del sonno: è il centro ufficiale unico in Italia della società di medicina del sonno nazionale. Sulla homepage www.sonnomed.it c’è una cartina Italia, divisa per regioni e da lì è possibile trovare la struttura di riferimento nazionale a cui rivolgersi se si ha un problema del sonno.
E lei, che studia l’attività onirica degli altri, sogna? E cosa?
Ah, sogno certo, ma sono parecchio insoddisfatto. Ricordo poco i sogni. E quelli che ricordo sono banali e poco bizzarri interessanti.