In Italia due quattordicenni su cinque (con punte del 50-60 per cento al Sud) arrivano alle superiori con competenze da quinta elementare, mentre fra chi ha fatto la Maturità quasi uno su due è fermo a un livello da terza media. Ha suscitato molto clamore la notizia diffusa in estate degli scadenti risultati raggiunti dagli studenti italiani nelle verifiche Invalsi, le prove in inglese, italiano e matematica che vengono svolte in seconda e quinta elementare, terza media e all’ultimo anno delle superiori e permettono di confrontare le competenze acquisite a scuola anche con gli alunni degli altri paesi europei.
I 510 milioni di euro messi a disposizione per la scuola d’estate potranno essere usati anche nei primi giorni di settembre per accompagnare studentesse e studenti al nuovo anno scolastico. Ma pochi giorni di recupero non riusciranno a colmare le lacune dovute a criticità già presenti, soprattutto nel Meridione e nelle fasce sociali più basse, solo acuitesi con la Dad.
Scuola per tutti
Secondo il ministro Bianchi la risposta al problema della scarsa preparazione degli alunni italiani è una scuola più inclusiva e aperta che, partendo dai più fragili, sia punto di riferimento per tutta la comunità e le famiglie.
Ma cosa si intende per scuola aperta? «L’idea di scuola come parte di una più ampia comunità educante, non chiusa, ma arricchita di scambi reciproci con il mondo fuori – spiega Alessandra Anichini, ricercatrice Indire (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) e curatrice del libro Ripensare la scuola. Oltre il Covid (ed. Tarka) – appartiene alla migliore tradizione pedagogica che nei nostri territori trova esempi illustri, come quello di Scuola Città Pestalozzi, nata a Firenze nel dopoguerra. La scuola come spazio chiuso si è dimostrata incapace di andare incontro ai bisogni di una popolazione scolastica fatta di ragazzi, ma anche di famiglie, con diverse necessità sociali».
Ludovico Arte, dirigente dell’Itt Marco Polo di Firenze, con i fondi del “Piano estate” a luglio è riuscito a coinvolgere gli studenti negli spazi all’aperto della scuola in una settimana di appuntamenti con cinema, eventi e incontri, fra i quali anche la visione in realtà immersiva della Divina Commedia recitata da Francesco Pannofino, progetto di Unicoop Firenze. Un piccolo passo verso una scuola più aperta: «Il nostro istituto in questi anni ha provato già a fare un percorso di scuola diversa, anche rendendola accogliente e colorata negli spazi, per dare il segno di una realtà che si prende cura dei ragazzi nella loro complessità» spiega.
Dopo il Covid
«Oltre all’apertura al territorio, bisognerebbe aiutare i docenti a recuperare una loro creatività, attraverso momenti formativi, e rivisitare il modello di scuola, con il recupero di un tempo lento della formazione, insieme a una riconfigurazione degli spazi scolastici e del curricolo» aggiunge Anichini. «L’idea che la scuola possa essere un luogo aperto è bella – spiega Maurizio Berni, dirigente scolastico Iis Santoni di Pisa, che ospita al suo interno diversi indirizzi di studio professionali, dall’agrario al corso per servizi per la sanità e assistenza sociale -, ma occorrono tempo per programmare le attività e spazi di qualità. Serve anche un modo diverso di intendere la valutazione, al di là dei risultati delle prove di verifica, guardando al complesso delle competenze».
Il Galateo della scuola
Mentre si parla di una nuova scuola, c’è anche chi prova a riportare in classe regole di bon ton. Non senza coraggio, in un momento di “sbraco” generale, Luca Rossi, insegnante di lingua francese, scrive un libro intitolato Il galateo della scuola (La linea edizioni). I suoi consigli sono indirizzati un po’ a tutti: docenti, alunni e insegnanti. In ordine alfabetico si trovano suggerimenti: dall’abbigliamento al comportamento da tenere in classe, ai voti, passando per l’igiene e il modo di presentarsi. Se Rossi considera inappropriate minigonne e pantaloni corti per gli studenti, ma ancor più per gli insegnanti, il trucco, purché leggero, risulta gradito sulle professoresse, meno sulle allieve, che farebbero meglio anche a non scuotere “la lunga criniera” o a legare e slegare continuamente i capelli.
Allo stesso modo il novello Giovanni Della Casa sconsiglia di parlare troppo velocemente o ad alto volume, ma non trascura le nuove tecnologie e in caso di lezioni a distanza, accanto al divieto di spegnere la videocamera, suggerisce di prestare attenzione allo sfondo, preferendo una libreria a un letto sfatto, e se si sceglierà di collegarsi dal giardino, sono aboliti gli occhiali da sole.
Bon ton in classe
Non si fa
Per gli studenti
- Usare il cellulare
- Masticare la gomma o mangiare durante le lezioni: dalla cattedra si vede tutto!
- Interrompere l’insegnante durante la spiegazione
Per i genitori
- Dare del tu o chiamare prof i docenti
- Criticare la mole dei compiti a casa davanti ai figli
- Se si festeggiano i compleanni con la classe, non escludere nessuno, soprattutto se i bambini sono piccoli
Per gli insegnanti
- Indossare gioielli vistosi
- Ironizzare sui cognomi “strani” degli studenti
- Lodare o criticare eccessivamente compiti e interrogazioni: non esistono risultati strepitosi, ma nessuno è mai un asino
( a cura di Cecilia Morandi e Valentina Vannini)