Lilli Gruber: l’8 marzo e la questione femminile

A tu per tu con la giornalista , prima donna a presentare un telegiornale in prima serata. In libreria con il libro "Basta, il potere delle donne contro la politica del testosterone"

Marzo, mese delle donne?

Per Lilli Gruber sì, ha ancora senso festeggiare l’8 marzo, perché «le femministe hanno vinto battaglie importantissime per tutte noi: vanno ricordate, ringraziate e celebrate. La memoria va stimolata e la guardia va tenuta alta: non una di meno, e nessun passo indietro» spiega la giornalista, prima donna a presentare un telegiornale in prima serata, da oltre 10 anni ogni sera su La7 con Otto e mezzo e da alcuni mesi in libreria con il libro Basta, il potere delle donne contro la politica del testosterone. Un libro di cronaca e dati, che finisce come un manuale, con sette consigli e tre proposte.

Potremmo definirlo un sunto di solidarietà femminile, al di là dello stereotipo che vede più solidali gli uomini?

Al termine “solidarietà” preferisco quello che uso nel capitolo finale: “rete”. “Fare rete” mi sembra un consiglio più adatto al mondo in cui viviamo, fatto di duro lavoro, risorse scarse, opportunità da cogliere. Gli uomini non sono per forza solidali: competono anche con ferocia per raggiungere i loro obiettivi. Ma nei secoli hanno anche sviluppato una capacità di promuoversi a vicenda che le donne devono ancora imparare. Il mentoring (formazione, ndr) femminile, in cui cerco di applicarmi in prima persona, è una buona pratica che fa bene all’intero sistema.

8 marzo 2020. La campagna di Unicoop Firenze

Dai calzini sporchi lasciati dove non dovrebbero stare fino alla figura del presidente Trump: c’è troppo testosterone un po’ dappertutto?

Il testosterone è solo un ormone, che peraltro possiedono anche le donne: non ce l’ho con la chimica. Mi oppongo a una concezione deteriore della virilità che sembra dover avere come corollari necessari la volgarità e la violenza. Questa concezione è stata sdoganata, negli ultimi anni, anche da alcuni protagonisti della politica, primo fra tutti Trump, e tutti, donne e uomini, dobbiamo dire con chiarezza che non va bene e non la accettiamo.

Le donne ci potranno salvare dalle catastrofi climatiche? Il club dei maschi al comando ha evidentemente fallito…

Non è un caso se tante protagoniste del movimento per la lotta al cambiamento climatico sono giovani donne, a partire da Greta Thunberg. Come è successo con Christine Lagarde chiamata alla guida dell’Fmi nel momento di massima crisi, quando il gioco si fa duro le donne cominciano a giocare.

Le donne nei posti di potere latitano, perché?

Sono in molti a giustificare la carenza – o l’assenza – di donne dalle stanze dei bottoni dicendo che «non le trovano». Il problema è duplice. Da una parte è vero che le donne soffrono più spesso di bassa autostima, si chiedono «sarò in grado?», non si buttano nella mischia: questo è il retaggio di secoli passati in secondo piano, l’idea di dover stare quel famoso “passo indietro”. Dall’altra parte, anche quando le donne ci sono, vengono considerate meno rispetto ai maschi pari grado: basti pensare al gender pay gap (le differenze salariali, ndr) per cui guadagnano in media il 16% in meno rispetto a colleghi uomini con le identiche mansioni, cifra che supera il 30% nei ruoli dirigenziali. Contro queste ingiustizie bisogna battersi. Questo vuol dire per le donne avere il coraggio di farsi avanti, e per i decision maker (la classe dirigente, ndr) cercare e promuovere le competenze femminili.

Che ne pensa degli attacchi alle donne sui social media?

Esistono già leggi contro la violenza – anche quella verbale è violenza -, contro lo stalking, contro la diffamazione. Vanno semplicemente applicate.

Perché per le donne è più difficile ritagliarsi propri spazi, a casa e fuori?

I dati dicono che la maggior parte del lavoro domestico e di cura – dei bambini, degli anziani, dei disabili – nel mondo è svolto da donne. È un retaggio di antichi patriarcati, ma è anche una conseguenza di leggi sbagliate: congedi di paternità insufficienti e stipendi più bassi per le donne, il che rende più conveniente privarsi della loro fonte di reddito. È il concetto di “ritagliarsi degli spazi” in realtà a essere sbagliato. Serve una divisione 50/50 tra femmine e maschi a tutti i livelli: dal lavoro domestico a quello dirigenziale. Secondo molti studi, un mondo più equilibrato in questo senso avrà ritmi più umani per tutti, con meno ore di lavoro e meno stress, la possibilità di dedicarsi ai legami affettivi e alla propria vita. Chi non lo vorrebbe? Per questo a chi parla di “guerra dei sessi” rispondo che al contrario siamo alleati nella battaglia: un mondo a misura di donna è un mondo migliore anche per gli uomini.

Nei ringraziamenti cita suo marito per “il contributo costante di spunti, riflessioni e letture”. Allora il testosterone è come il colesterolo, c’è quello buono e quello cattivo?

Non è il testosterone la miglior dote di mio marito, come di tanti uomini di buona volontà. Sono l’intelligenza, l’apertura mentale e nel caso di Jacques anche il senso dell’umorismo.

Venendo a noi, Unicoop Firenze ha da sei anni una presidente donna. Sono donne anche la maggioranza dei lavoratori. Un buon traguardo raggiunto?

Sono ottimi segnali, ma ricordiamo sempre che la maggioranza dei lavoratori non basta: l’obiettivo è il 50% di donne nei ruoli decisionali.

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