Percorrendo la strada principale del centro storico di Certaldo, un centinaio di metri abbondante pavimentato in opera spicata e che scorre tra due ali di antichi edifici tutti in mattoni rossi, a un certo punto, arrivati all’incirca a metà, si noterà una casa con una torre che spicca sulle costruzioni vicine, e con una facciata ordinata: le targhe poste una sopra l’altra c’informano che siamo di fronte alla casa di Boccaccio.
Qui, in questo borgo dell’Empolese, nel 1313 nacque infatti il grande autore del Decameron, Giovanni Boccaccio, e si pensa che questo edificio al centro della via che porta il suo nome sia la casa dove trascorse gli ultimi anni della sua esistenza: la notizia che questa fosse la sua vera dimora si diffuse a inizio Ottocento, ma ancor oggi non lo sappiamo con certezza. Non solo: l’edificio originale fu quasi del tutto distrutto durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, e quello che vediamo oggi è una ricostruzione quasi completa.
Non manca neppure una “stanza del poeta”, situata nella camera che la tradizione asserisce essere quella dello scrittore. Di trecentesco, però, ci son soltanto alcune scarpe da donna in esposizione, appartenute a chissà chi: ci si può per rifare con un interessante affresco del 1826, opera di Pietro Benvenuti, che ritrae Boccaccio nel suo studio, e con la straordinaria biblioteca specialistica, la più ricca dedicata al grande certaldese, dove sono conservate numerose edizioni del Decameron (in italiano, in tante altre lingue del mondo, illustrate, antiche, recenti).
Ma Certaldo, comunque, non è solo Boccaccio. È un borgo che sorprende. Sorge su un colle, a cui s’arriva o con la funicolare che parte dal piano, ove si estende la moderna città d’industrie e commerci che conta quasi sedicimila abitanti, oppure arrampicandosi per uno stradino che passa da dietro la collina, salendo tra i cipressi. Arrivati, si troverà un borgo che è rimasto pressoché intatto dall’epoca di Boccaccio, e quel che non è rimasto intatto è stato ricostruito per dare al viaggiatore l’impressione di ritrovarsi catapultato nel Tre o nel Quattrocento.
Si conosce Certaldo soprattutto per il suo grande prosatore, ma nel Medioevo la cittadina era un importante centro sulla via Francigena: qua attorno era pieno di castelli, di chiese e abbazie, di ospedali, di punti di sosta e di ristoro per i viandanti (che, naturalmente, non erano soltanto pellegrini, dal momento che in antico i cammini di fede erano anche frequentatissime vie di commercio).
Certaldo ha conosciuto una storia relativamente tranquilla, eccezion fatta per le conseguenze della battaglia di Montaperti e soprattutto per gli eventi del XII secolo, quando era feudo dei conti Alberti e ingaggiò, con gli altri centri albertiani capitanati dall’orgogliosa Semifonte, città che aveva conosciuto un rapidissimo sviluppo, uno scontro con Firenze.
Certaldo fu sottomessa nel 1198, mentre Semifonte quattro anni più tardi: per vendetta, Semifonte, la città che aveva voluto sfidare Firenze venne rasa al suolo e fu disposto di non edificare più niente sul sito su cui sorgeva. Certaldo, invece, diventò un sonnecchiante centro agricolo della periferia fiorentina: gli stemmi dei vicari sulla facciata di Palazzo Pretorio ricordano il lungo periodo in cui la cittadina fu legata a Firenze.
Se si osserva da lontano il borgo, dal piano, una delle prime cose che si notano è la sommità piramidale della collegiata dei Santi Jacopo e Filippo, eretta agli inizi del XIII secolo, benché abbia conosciuto diversi rifacimenti, i più pesanti tra Otto e Novecento: l’interno conserva opere pregevoli, tra cui uno splendido affresco di Memmo di Filippuccio, pittore attivo agli inizi del Trecento, un ritratto di Giovanni Boccaccio opera di Giovan Francesco Rustici (sottovalutatissimo genio della scultura rinascimentale fiorentina), un ciborio di Benedetto Buglioni, e poi ancora un paio di terrecotte robbiane, un’acquasantiera cinquecentesca.
Per arrivare sin qui, il viaggiatore avrà prima compiuto un piccolo e probabilmente inconsapevole percorso nella Certaldo trecentesca, fin dal suo ingresso in borgo, qualora sia passato dalla porta Alberti, anch’essa del XIV secolo: prima di arrivare alla chiesa, la principale del paese, si ammirano altri edifici della stessa epoca, ovvero il Palazzo Stiozzi Ridolfi con le sue torri merlate, la loggia del Mercato, il Palazzo di Scoto da Semifonte, la casa-torre dei Della Rena (per la quale si deve fare una piccola deviazione).
Arrivati a Palazzo Pretorio, si constaterà che Certaldo non ha una vera piazza (a meno che non si voglia fare un’eccezione per piazza della Santissima Annunziata, che in realtà è poco più di uno slargo): anche il principale edificio cittadino non ha davanti a sé una piazza. Allora, considereremo via Boccaccio come un’unica, grande piazza sulla quale si svolge la vita della cittadina: una vita che è però lenta e silenziosa, ravvivata solo dal viavai dei turisti, dai rintocchi delle campane, dal vociare dimesso dei pochi abitanti e, verso pranzo, dall’odore della zuppa di cipolle (un’istituzione, a Certaldo) che esce dai ristoranti del borgo.
Prima di entrare a Palazzo, si vorrà però completare il giro di Certaldo andando in via del Rivellino, un’erta ripida che arriva fino alle mura scorrendo tra case torri medievali, e magari visitando il singolarissimo Museo del Chiodo, un’originale collezione di chiodi di ogni epoca e foggia (ma non solo: ci sono anche oggetti e figure fatti di soli chiodi) allestita al pianterreno dell’antico Palazzo Giannozzi grazie al lavoro di Giancarlo Masini, falegname e cantastorie del borgo.
Palazzo Pretorio (o Palazzo Vicarile, dal momento che fu dal 1415 sede del Vicariato della Valdelsa, una delle suddivisioni territoriali della Repubblica fiorentina: ogni vicario apponeva in facciata il proprio stemma, ed è per questo motivo che la vediamo così decorata) è, insieme al Museo di Arte Sacra che si trova nell’ex convento degli Agostiniani (interessante la raccolta di fondi oro, tra cui opere del Maestro del Bigallo, di Cenni di Francesco e di Puccio di Simone), il luogo dove si conserva la memoria storico-artistica di Certaldo.
Il percorso è stato recentemente rinnovato ed è diviso in tre parti. Si comincia con la Sezione Archeologica, l’antiquarium che raccoglie le testimonianze più remote. Si prosegue poi con il Museo della Giustizia, il percorso che porta il visitatore a scoprire il luogo in cui si amministrava la giustizia nei tempi antichi, ma non solo, dal momento che è qui che si concentrano le opere d’arte: la Camera del Cavaliere con la quattrocentesca Madonna col Bambino di Pier Francesco Fiorentino, autore formatosi con Benozzo Gozzoli e che ritroviamo anche nella sala delle udienze con altri due affreschi (una Pietà e un’Incredulità di san Tommaso), e nella Sala del Vicario, il più importante ambiente dell’edificio, per terminare con gli affreschi che decoravano in antico il tabernacolo dei Giustiziati (sono opera di Benozzo Gozzoli e sono stati staccati dalla sua sede originaria per ragioni di conservazione: sono stati quindi sistemati a ricreare la loro antica disposizione). Infine, l’ultima parte, la Galleria d’Arte Contemporanea, dove spiccano le opere che grandi artisti dal Novecento in poi hanno realizzato per omaggiare Boccaccio e il Decameron.
Infine, merita una visita anche il Giardino del tè di Hidetoshi Nagasawa, artista giapponese habitué della Toscana, donato nel 2001 a Certaldo dalla città gemellata di Kanramachi: una vera casa giapponese, simbolo di amicizia tra le due città oltre che della filosofia nipponica. E un’opera che ha riscattato dall’abbandono un brano di Certaldo che versava nel degrado. Miracolosi interventi dell’arte, proficui dialoghi tra antico e contemporaneo.
“Toscana da scoprire” è una collaborazione iniziata a luglio tra Informatore e Finestre sull’Arte, testata giornalistica che si occupa di arte antica e contemporanea, per raccontare ogni settimana sul sito dell’Informatore i più bei borghi toscani ancora da non perdere.