Resto qui

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Autore Marco Balzano

Casa editrice Einaudi, 2018

Pagine 192

La valutazione del Circolo

Che emozione ci ha lasciato il libro?

In collaborazione con Circolo di lettura sezione soci Coop Firenze Sud-Ovest

I Circoli di lettura sono una comunità di lettori che si ritrovano, una volta al mese, per scambiarsi opinioni e sensazioni su un libro la cui lettura, individuale, è stata decisa di comune accordo.

Trama

Curon è un luogo di montagna al confine con la Svizzera, dove la vita scorre fra masi, stalle e prati verdi. I paesani parlano tedesco e molti di loro non conoscono neppure l’italiano. Siamo negli anni Trenta, la guerra è alle porte e nonostante che Curon sembri essere un luogo protetto dal progresso e dalla storia il fascismo arriva pure lì e sconvolge le vite semplici dei paesani. Trina e Erich con i loro figli cercano di resistere ai cambiamenti e alla fuga, ma qualcosa di più grande di loro sconvolge le loro vite. Molti se ne vanno in Germania, e chi rimane deve necessariamente sottostare alle leggi dure del fascismo e della guerra.

A Trina, di professione maestra elementare, viene impedito di fare scuola perché chi non è di lingua italiana viene cacciato dai luoghi di lavoro. Tuttavia Trina continua a insegnare in segreto con coraggio e costanza. La vita scorre con difficoltà ma la famiglia è unita. Un giorno però la figlia Maja attratta forse da una vita migliore, scompare, probabilmente portata via dagli zii fuggiaschi. Il figlio Mikhael invece aderisce in pieno alle ideologie del Führer per il quale inizia a combattere.
Trina ed Erich rimangono a Curon, la loro resistenza è questa. La guerra finisce, ma purtroppo un nuovo sopruso viene a strappare loro una parte della loro identità: Curon sarà rasa al suolo per dar spazio alla costruzione di una diga che dovrebbe portare progresso, lavoro e ricchezza.

La citazione degna di nota

D’estate scendo a fare due passi e costeggio il lago artificiale. La diga produce pochissima energia. Nel giro di pochi anni il campanile che svetta sull’acqua morta è diventato un’attrazione turistica. Si scattano foto con il campanile alle spalle e fanno tutti lo stesso sorriso deficiente. Come se sotto l’acqua non ci fossero le radici dei vecchi larici, le fondamenta delle nostre case, la piazza dove ci radunavamo. Come se la storia non fosse esistita. Per le strade si sente un silenzio impalpabile…anche le ferite che non guariscono prima o poi smettono di sanguinare…la rabbia, persino quella della violenza inflitta è destinata come tutto a slentarsi ad arrendersi a qualcosa di più grande…

Le nostre riflessioni


Il romanzo offre molteplici spunti di riflessione e di dibattito, tutti affrontati dai partecipanti al circolo di lettura: la guerra e i regimi totalitari con il loro carico di sopruso, la questione ambientale, la povertà. Ma, soprattutto, il romanzo ha il merito di affrontare uno spaccato di storia ignoto a molti, ossia la questione delle genti di frontiera con un’identità forte e l’impossibilità per gli abitanti di lingua tedesca di vivere in territori occupati dai fascisti.

La seconda parte del romanzo si presenta come una cesura rispetto alla prima parte, dove la guerra e la Resistenza si impongono sugli altri temi. Si parla infatti del corpo a corpo fra lo Stato che impone una grande opera e la popolazione che rimane completamente inascoltata.
Il tema ancora una volta è l’identità, come nella prima parte. Ed anche in questa seconda parte è la “resistenza” a imporsi, ma, a differenza della Resistenza con la R maiuscola, questa lotta non ha gli esiti sperati. L’impatto della diga sul territorio e sui suoi abitanti, ad una valutazione a posteriori, non risulta aver apportato né progresso né ricchezza ma solo la messa a tacere della popolazione locale che, rassegnata, è costretta a trasferirsi e a cambiare il proprio stile di vita.

I personaggi sono caratterizzati in funzione del flusso degli eventi che li travolgono, non tanto come figure in sé, anche se il circolo ha espresso apprezzamento per l’espressione dei sentimenti femminili. Ha colpito la tragedia del figlio Mikhael, che tradisce i valori dei genitori, e della figlia scomparsa, la quale “ forse se voleva, sarebbe tornata”.

Lo stile si presenta stringato, esprime un dolore ovattato, non plateale. Il libro testimonia inoltre un grande lavoro di documentazione storica e una riflessione sulla lingua, anch’esso uno dei temi cari all’autore: Erich vuole imparare l’italiano per poter portare avanti la sua azione politica di protesta contro la costruzione della diga. La lingua come simbolo identitario costituisce un forte elemento di lotta per l’affermazione del popolo e delle proprie origini.

Il circolo ha infine apprezzato il libro anche come contributo ai derelitti e agli oppressi e insieme all’autore è stata un’occasione per ribadire l’orrore assoluto per ogni guerra.