Trama
Si chiamano Vinca, Valentina, Augusta, Silvia, Xenia, Anna, Milly, Emanuela. Otto ragazze intorno ai vent’anni che si ritrovano tutte al collegio Grimaldi di Roma, tra l’autunno del 1934 e l’estate del 1936. Diverse per origine geografica e familiare, si affacciano alla vita adulta con attese differenti: l’amore, l’emancipazione professionale e intellettuale, il ritorno alle origini, la partenza.
Sperimentale nello stile e nei contenuti, Nessuno torna indietro rivoluziona il canone della narrativa di formazione: originale è l’adozione di un punto di vista multiforme e inedita è la totale mancanza di giudizio, implicito o esplicito, sui percorsi delle otto protagoniste; del tutto nuova, in particolare, la rottura dell’unità di quell’immagine femminile che aveva dominato la cultura e la società, fino alla “donna nuova” creata dal regime.
Accolto fin dal primo apparire, nel 1938, da grande successo, il romanzo d’esordio di Alma de Céspedes esplora la formazione dell’identità femminile nell’Italia fascista senza voler proporre storie esemplari, facendo conoscere da subito l’autrice come una delle grandi voci letterarie del Novecento.
La citazione degna di nota
È come se fossimo su un ponte. Siamo già partite da una sponda e non siamo ancora giunte all’altra. Quella che abbiamo lasciato alle nostre spalle, nemmeno ci voltiamo a guardarla. Quella che ci attende è ancora avvolta nella nebbia. Non sappiamo cosa scopriremo quando la nebbia si dissiperà. Qualcuna si sporge troppo per meglio vedere il fiume, cade e affoga. Qualcuna, stanca, si siede in terra e resta lì, sul ponte. Le altre, quale bene e quale male, passano all’altra riva.
Le nostre riflessioni
Pubblicato nel 1938, questo libro ebbe un immediato successo, tanto che il regime fascista si sentì in dovere di censurarlo perché scomodo: chi erano quelle donne che non volevano dipendere dagli uomini, che erano madri senza essere sposate e che disprezzavano i genitori? E perché gli uomini sono solo figure secondarie? Ben lontane dagli esempi femminili del regime fascista, le protagoniste di questo libro anticipano temi e situazioni che vedremo in Italia soltanto a partire dagli anni ‘60.
Le otto protagoniste vengono presentate in una narrazione fitta alternata a dialoghi serrati, che inizialmente confondono il lettore. Proseguendo con la storia iniziamo a conoscerle e ad apprezzare sia le loro peculiarità che la comune voglia di affrancarsi, essere libere e non tornare più indietro, a casa e in famiglia. Ognuna si emancipa in modo diverso: chi si laurea rinunciando all’affettività, chi scrive romanzi contro gli uomini, chi esce dal collegio per seguire un uomo che poi sposa un’altra, chi fa la mantenuta e chi, condizionata dalla famiglia, non rivela di avere una figlia. C’è poi chi vuol tornare in campagna e si sposa per amore e chi invece l’amore lo perderà. Il finale, con la fredda e mendace Emanuela, ha suscitato nel gruppo pareri contrastanti ma abbiamo apprezzato il rapporto tra le protagoniste: condivisioni di esperienze e amicizie che, una volta uscite dal collegio, saranno destinate a perdersi.
Nonostante il linguaggio desueto, la scrittura è scorrevole e coinvolgente, ma a colpirci maggiormente è la modernità dei temi affrontati e il coraggioso modo di anticipare le condizioni umane future: alla fine, infatti, non troviamo un ribaltamento dei temi o un superamento di vincoli, ma serpeggia in tutta la storia una sottile inquietudine, spesso anche palesemente sbandierata, che fa di questo romanzo una testimonianza cruciale e travolgente di un nuovo sentire tutto femminile.
Da Piccole donne a Una donna di Sibilla Aleramo, questa di Alma De Céspedes è un’altra grande testimonianza del divario tra le aspirazioni delle donne e i condizionamenti sociali e familiari del tempo. Molti anni dopo, battaglie e coscienza politica ci testimoniano, senza alcun dubbio, che Xenia, Emanuela, Augusta e tutte le altre, hanno inevitabilmente lasciato il segno.
Lo consigliamo a...
Donne, uomini, ragazzi e ragazze.
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Le parole chiave del libro
Percorsi di vita
studio
amore
amicizia
libertà
ponte
arrivare
femminismo