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La felicità dell'attesa

La felicità dell’attesa

Autore Carmine Abate

Casa editrice Mondadori, 2017

Pagine 364

La valutazione del Circolo

Che emozione ci ha lasciato il libro?

In collaborazione con Circolo di lettura sezione soci Pistoia

I Circoli di lettura sono una comunità di lettori che si ritrovano, una volta al mese, per scambiarsi opinioni e sensazioni su un libro la cui lettura, individuale, è stata decisa di comune accordo.

Trama

Il libro narra le vicende della famiglia Leto agli inizi del Novecento e degli emigranti italiani nella “Merica Bona”, una terra difficile ma ricca di possibilità.

La citazione degna di nota

Quante volte mi ero tuffato nel magma del tempo rischiando di affogare per troppa presunzione. Volevo sezionarlo con un bisturi, il tempo, […] sentire addirittura il rumore che fa al suo passaggio, se davvero passa, se davvero diventa futuro. Non il futuro lontano da noi, irraggiungibile e inimmaginabile, ma il futuro da cogliere al volo, prima che appassisca come la rosa. Come la vita.

Le nostre riflessioni

Quella di Carmine Abate è una saga famigliare di inizio Novecento, ed è anche una storia “fortunata” di emigrazione, di sentimenti. Per il circolo il titolo è stato molto significativo, la felicità è l’essenza stessa dell’attesa, di qualcosa che sempre sfugge. C’è stata soddisfazione nel trovare una libro scritto così bene in un italiano corretto. Peculiare la presenza di termini in arbëreshë, un dialetto albanese antico che esiste solo in determinati luoghi centro-meridionali d’Italia.

Abate affronta il tema dell’emigrazione che ha riguardato molto da vicino la nazione, in particolare il Meridione e le Isole. Alla base del romanzo c’è senza dubbio il legame indissolubile tra l’Italia e la “Merica”, due terre perennemente in contrasto: la prima bella ma maledetta perché non offre possibilità, la seconda sconosciuta però piena di sogni e opportunità. In effetti Italia e Stati Uniti sono intese come passato e futuro, quei tempi di Sant’Agostino che l’autore ha messo in esergo: “I tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Questi tre tempi esistono in qualche modo nell’animo mio e non li vedo altrove. Il presente del passato è la memoria, il presente del presente è la visione, il presente del futuro è l’attesa”.

I vari personaggi, tridimensionali e descritti benissimo, emigrano per seguire i propri sogni, le speranze o anche soltanto per guadagnarsi un tenore di vita duro, ma pur sempre migliore. Pur costruendosi una vita nella Terra promessa, ciascun personaggio continua ad andare e venire come le maree, nonostante le difficoltà e le privazioni, e nonostante anche i tempi biblici di viaggi estenuanti tra due continenti. È la potenza delle radici e delle tradizioni che lega ognuno di loro al paese natio, che fa partire ma poi sempre ritornare. Infatti l’autore ci conduce per mano in un mondo fatto di radici profondissime e tenaci, di tradizioni, di amore e dolore, ma anche di desideri di libertà. È dura, la Merica, per questo c’è tanta solidarietà tra gli emigrati, per sentire meno la mancanza di ciò che ci si è lasciati alle spalle. Abate ha scritto una storia di strappi fra generazioni che si rincorrono. È una storia “fortunata” di migranti che riescono a trovare la loro dimensione, un affresco reso vivace dalla commistione culturale.

Apprezzatissima la figura di Norma Jane, ancora ben lontana dalla futura Marilyn Monroe ma già avviata verso il proprio destino. Carmine Leto se ne innamora all’istante, in particolare del suo neo, e il rapporto tra i due costituisce un bellissimo espediente letterario per spiegare l’evoluzione di Carmine. Anche il personaggio di Andy Varipapa ha un peso positivo nell’andamento del romanzo: partito agli inizi del ‘900 da Carfizzi, approdò negli Stati Uniti per fuggire della povertà finì per diventare un campione mondiale di bowling. Mostra a Carmine sempre il lato positivo delle cose, si comporta quasi da padre verso di lui.

La particolarità del libro è far percepire al lettore in maniera tangibile il profumo dei cibi, della campagna calabrese, il sapore di vite semplici ma così genuine. Odori di casa, odori dei piatti italiani, anche l’odore di Norma Jane, messi a confronto con l’odore di Brooklyn che all’inizio disgusta Carmine, ma che poi gli diventa famigliare, suo malgrado. Lettura molto piacevole, di gusto antico. Talvolta un po’ difficile la comprensione della lingua, tra albanese antico e termini americani in slang, ma Abate ha comunque permesso al circolo di conoscere le comunità arbëreshë di cui si sapeva davvero poco e ha anche ricordato molte storie di emigrazione di ieri e di oggi. La Merica lontana, faticosa, ma anche generosa nell’offrire l’occasione di un’esistenza migliore. C’è molta speranza nel libro, per qualcuno è stato quasi un dispiacere terminarlo.

Lo consigliamo a...

A chi ama le storie tra passato e presente, tra Italia e America.

Le parole chiave del libro

Saga famigliare

emigrazione

Arbëreshë

Novecento