Il termometro del degrado del suolo in Italia segnala un quadro preoccupante. In un quarto dell’intero territorio nazionale, infatti, sulla base dei rilevamenti effettuati da ISPRA a partire dal 2012, gli indicatori indicano una tendenza negativa, con situazioni più critiche in alcune regioni che sono anche quelle che, negli ultimi anni, hanno conosciuto processi più intensi di crescita urbana.
Ciò a conferma che il consumo di suolo è, spesso, solo la punta dell’iceberg di fenomeni che poi irradiano, ad esempio a partire dai grandi assi infrastrutturali che generano nuove pressioni, attraendo nuovi capannoni e strutture logistiche, bretelle stradali che portano a connesse frammentazioni di territorio ed habitat, incendi che devastano la vegetazione ma anche, in modo subdolo, il suolo sottostante, divenendo generalmente causa di erosione e dissesto idrogeologico, oltre che di perdita di fertilità.
Dati molto preoccupanti riguardano territori in cui l’agricoltura è condotta in modo eccessivamente aggressivo:abuso di fertilizzanti e sostanze chimiche, lavorazioni profonde e troppo ripetute, suoli lasciati scoperti per lunghi periodi, erronee pratiche di irrigazione per forzare la produttività finiscono, nel lungo periodo, per produrre risultati opposti, distruggendo l’humus, la sostanza organica del suolo, e così compromettendone progressivamente la fertilità. Situazioni a cui la nuova Politica Agricola Comunitaria sarà chiamata a far fronte, con investimenti destinati alle aziende agricole che punteranno sulla sostenibilità delle loro produzioni, in particolare in termini di riduzione dell’impatto delle coltivazioni e dell’allevamento sui suoli.
Fermare il degrado del suolo, equivale a tutelare il grande patrimonio di biodiversità del Pianeta, a migliorare la risposta agli eventi climatici estremi e la nostra qualità della vita, ma anche a salvaguardare i prodotti di eccellenza del Made in Italy.
Questi i temi del webinar Un Green Deal per il suolo europeo organizzato da Legambiente il 4 dicembre nell’ambito del progetto europeo Soil4life, in occasione della Giornata internazionale del suolo che si celebra domani, 5 dicembre, in tutto il mondo.
L’incontro, moderato dal giornalista di Radio Rai Filippo Solibello e trasmesso in diretta Facebook sulle pagine di Legambiente Lab e La Nuova Ecologia, ha visto la partecipazione di esperti relatori tra i quali: Damiano Di Simine – Responsabile scientifico progetto Soil4life per Legambiente, Mirco Barbero – Commissione Europea, Alberto Orgiazzi – Joint Research Center della Comunità Europea, Michele Munafò – ISPRA, Loredana Canfora – CREA Agricoltura e Ambiente, Società Italiana di Scienza del Suolo, Aldo Dal Prà – Centro Ricerche Produzioni Animali e CRPA S.p.A e Stefano Ciafani, Presidente nazionale Legambiente.
Uno degli obiettivi più impegnativi e sfidanti dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite riguarda la ‘Land Degradation Neutral World’, ovvero riuscire, nell’arco di un solo decennio, a scrivere la parola ‘fine’ alla crescita del degrado del suolo, risorsa troppo importante per il benessere e l’alimentazione delle persone per essere danneggiata in modo sconsiderato. I dati preliminari elaborati da ISPRA per contribuire a questo obiettivo sono, però, tutt’altro che confortanti.
Al sud è la Sicilia (seguita da Puglia e Campania), la regione che riporta indicatori maggiormente negativi per quanto riguarda il peggioramento dello stato di salute dei suoli. Si tratta di una delle regioni tenute sotto particolare osservazione per il rischio di desertificazione. Piane costiere e aree interne della Sicilia, penisola salentina e l’area costiera campana tra Napoli e la Piana del Sele sono le aree in cui le criticità a carico del suolo sono più rilevanti,con grandi rischi di impatto economico a carico delle colture, spesso pregiate, che su questi suoli sono impostate.
Al Nord invece i dati peggiori riguardano il Veneto, che sconta gli effetti dell’onda lunga del consumo di suolo dovuto a crescita di infrastrutture e insediamenti, ma il dato negativo riguarda in generale la Pianura Padana, accentuandosi, senza soluzione di continuità, lungo la fascia pedemontana tra Veneto e Piemonte, dalla Marca Trevigiana al Biellese, ma con quadri preoccupanti che risalgono anche i fondivalle alpini di Adige, Isarco, Piave e Brenta.
In Italia centrale il fenomeno appare complessivamente meno pervasivo, ma gli indicatori di degrado sono preoccupanti, oltre che per l’area centro-laziale, anche per le fasce costiere e i contrafforti appenninici di Marche e Abruzzo.
Nel corso Damiano Di Simine di Legambiente ha illustrato i rischi collegati al degrado della sostanza organica dei terreni, e discusso della centralità del tema suolo nelle politiche europee del 2021 con l’atteso varo di una nuova Strategia sul Suolo che sia integrata al Green Deal e alla PAC (Politica Agricola Comunitaria), con l’intervento di Mirco Barbero della Commissione Europea.
Anche i prodotti del Made in Italy, infatti, rischiano di perdere qualità e genuinità senza una adeguata tutela del suolo, argomento evidenziato anche da Aldo Dal Prà, del Centro Ricerche Produzioni Animali, evidenziando la relazione tra un prodotto simbolo del Made in Italy agroalimentare, la qualità dei foraggi e la qualità dei suoli da cui vengono ottenuti.
Sulla biodiversità del suolo è intervenuta Loredana Canfora del CREA e Società Italiana di Scienze del Suolo, sottolineando che il suolo custodisce un quarto della biodiversità dell’intero Pianeta, gli organismi del suolo aiutano ad immagazzinare carbonio e ridurre le emissioni di gas serra, a bonificare i suoli contaminati e a fornire ingredienti per la produzione di medicinali fondamentali.
Alberto Orgiazzi (Joint Research Center della Comunità Europea), ha annunciato la nascita dell’Osservatorio europeo sul suolo della FAO, un organo completamente dedicato al monitoraggio dello stato di salute dei suoli in relazione all’efficacia delle politiche, mentre si è concentrato sulla land degradation neutrality, Michele Munafò (ISPRA): “ Trasformazioni del suolo, perdita di produttività e sostanza organica, erosione, incendi, aumento della frammentazione degli habitat naturali unito all’urbanizzazione ad oltranza, hanno in pochi anni degradato quasi 90 mila km2 di territorio, un’estensione pari al doppio dell’intera Pianura Padana. È un fenomeno antropico che deve essere arrestato il prima possibile se vogliamo preservare una risorsa fondamentale per la vita di tutti i giorni”.
“La nuova strategia tematica europea per contrastare il degrado del suolo deve mettere finalmente al centro delle politiche europee questa risorsa naturale non rinnovabile – ha dichiarato nelle sue conclusioni il Presidente di Legambiente Stefano Ciafani -. Il punto è se questo basterà a recuperare il tempo perduto. Dobbiamo tenere presente che occorrono circa 500 anni per formare 2 cm di suolo fertile mentre in Europa ogni anno spariscono circa 44.000 ettari di suolo per effetto dell’urbanizzazione. Il fenomeno dell’erosione riguarda 1,3 milioni di km2 e ben il 45% dei suoli europei ha un contenuto di sostanza organica troppo basso per espletare al meglio tutte le sue funzioni. Urge quindi, da parte della Commissione Europea, una nuova proposta di Direttiva quadro concretamente finalizzata a proteggere il suolo e a conservarne le fondamentali funzioni ambientali, socio-economiche e culturali che offre”.
Questo articolo è tratto dal sito lanuovaecologia.it, pubblicato in occasione della Giornata internazionale del suolo del 5 dicembre 2020, nell’ambito della collaborazione editoriale tra l’informatore e La Nuova Ecologia, incentrata su tematiche legate alla sostenibilità ambientale e a stili di vita ecosostenibili.