Visite guidate per i soci nei Musei senesi

Alla scoperta della civiltà etrusca. Il ruolo delle donne, un forte senso estetico, strane profezie: cosa sappiamo di questo antico popolo. Per i soci Unicoop Firenze visite gratuite con pagamento del biglietto del museo

«In tutte le civiltà antiche c’è qualcosa che non è approfondito. Questo però non porta a giustificare l’etichetta di popolo misterioso data agli Etruschi». Così Luca Cappuccini, professore associato di Etruscologia e Antichità italiche all’Università di Firenze, ridimensiona un’idea comune a molti di noi. «Il problema del mistero degli Etruschi legato alla loro origine o lingua, è un non problema: il progresso delle ricerche e delle conoscenze è tale per cui non possiamo dire che non sappiamo leggere l’etrusco, né che non sappiamo da dove venivano – spiega -. È un popolo autoctono, che era sempre stato in questa parte dell’Italia, e che ha avuto poi nel corso del tempo l’apporto di gruppi umani provenienti da altre parte del Mediterraneo. In più gli Etruschi erano molto aperti e accoglienti, e quindi c’era la possibilità per chi arrivava qui di integrarsi nella società».

Una civiltà multiculturale e multietnica, dunque, la cui area di espansione è facilmente limitabile – essenzialmente la Toscana e il Lazio settentrionale, delimitata dai corsi d’acqua: a nord l’Arno, a est il Tevere, e poi nella parte sudoccidentale la costa toscana -, così come la sua durata: «Credevano nel fato, avevano una sorta di pensiero cabalistico, soprattutto per quanto riguarda la religione e l’interpretazione dei segni della divinità; e pensavano anche di essere un popolo che sarebbe vissuto per nove secoli, come poi di fatto è stato, perché dal IX secolo a.C. al I secolo d.C. sono appunto nove secoli».

Le donne in Etruria

Molto si è parlato anche della possibile discendenza diretta dei toscani dagli Etruschi. «In realtà – spiega il professor Cappuccini – da quello che noi possiamo vedere i toscani attuali hanno tracce del dna di tante genti, quindi è difficile dire se veniamo dagli Etruschi o meno. Non ci sono rapporti diretti, né siamo rimasti un’isola: pensiamo semplicemente a tutte le civiltà che hanno attraversato la nostra terra. Capisco che l’idea di una discendenza diretta sarebbe affascinante e susciterebbe interesse: ma in realtà no, non possiamo dire che sia effettivamente così».

Quello che è certo è che si tratta di una civiltà estremamente evoluta, ad esempio per quanto riguarda il ruolo ricoperto dalle donne, molto diverso da quello che troviamo nelle civiltà romana e greca. «Le donne in Etruria avevano la possibilità di diventare mater familias, cioè in mancanza del pater familias (assente per un qualche motivo, guerra o morte) potevano assumere il controllo della famiglia. Non solo. Le donne davano anche il cosiddetto matronimico. L’onomastica etrusca funzionava cioè in questo modo: c’erano un nome proprio, un gentilizio (assimilabile al nostro cognome); e poi il patronimico, ossia “figlio di”, con il quale si indicava il nome proprio del padre, ma in Etruria anche quello della madre». Le donne etrusche potevano poi partecipare ai banchetti, a differenza di quelle greche che invece dovevano restare a casa a badare alle faccende domestiche; così come potevano prendere parte anche agli spettacoli pubblici, usanza che ricaviamo, ad esempio, dall’osservazione di alcune tombe dipinte che raffigurano dei giochi: fra il pubblico nelle tribune si scorgono anche delle figure femminili.

Le ceramiche greche

Commercianti e navigatori, ma anche amanti del bello: è a loro che dobbiamo le molte testimonianze di arte ceramica greca che ci sono pervenute. Meglio ancora: la maggior parte della ceramica greca che noi conosciamo attualmente nel mondo è stata recuperata proprio in Etruria. «Oggi il panorama è un po’ cambiato perché le ricerche sono progredite anche in molte altre parti del Mediterraneo – spiega Cappuccini -. La ceramica greca veniva esportata in tutto il Mediterraneo, ma è sicuro che il principale mercato di Atene (e quindi delle figure nere e di quelle rosse lì prodotte) era l’Etruria. Si può dire che il 70% della ceramica greca che noi conosciamo proviene proprio dalla nostra regione».

Gli Etruschi sono ancora con noi, nel nostro paesaggio quotidiano. Pensiamo ad esempio a Palazzo Bucelli a Montepulciano. Nella facciata dell’edificio settecentesco sono state utilizzate delle urne funerarie («che in quel territorio sono delle piccole cassette di pietra, solitamente di travertino», spiega Cappuccini), usate come dei blocchi per fare una sorta di bugnato. Reimpiego di opere etrusche che è stato piuttosto frequente: «Pensiamo anche alle pietre fiesolane, che sono dei cippi in arenaria diffusi nell’area fiorentina e nel Mugello: di questi nessuno è mai stato trovato in situ, cioè nel posto dove originariamente doveva stare, ma è stato spesso murato come paracarro, o pietra di una chiesa o di un mulino».

Dedicato ai soci Unicoop Firenze

E sono con noi naturalmente in musei e siti archeologici. L’area senese, ad esempio, offre non solo tanti monumenti, ma anche una serie di musei che raccolgono le testimonianze di un territorio molto variegato. «Nel mondo etrusco, il territorio senese della Val d’Elsa dipendeva da Volterra, quello della Val d’Orcia o della Val di Chiana dipendeva da Chiusi. Per quest’ultima, un’esperienza interessante per vedere i canopi (i vasi cinerari in forma umana) è sicuramente il Museo Civico Archeologico delle Acque di Chianciano Terme, dove si trovano i reperti della necropoli di Tolle. Per quanto riguarda la Val di Merse, sicuramente l’Antiquarium di Poggio Civitate (museo archeologico di Murlo), che raccoglie i reperti di un grande palazzo aristocratico: nell’Antiquarium si possono vedere le bellissime ricostruzioni, con materiali originali, delle sue decorazioni architettoniche».

Entrambi i musei fanno parte della Fondazione Musei Senesi ed è possibile scoprirli ad aprile grazie a visite guidate, riservate ai soci, che riguardano anche Cetona (oltre al Museo, il Parco Archeologico e l’Archeodromo di Belverde), Colle di Val d’Elsa e il suo Parco Archeologico di Dometaia, Chiusi e il suo Museo Civico sotterraneo e il Labirinto di Porsenna, Poggibonsi con il suo Centro di Documentazione del Cassero e l’Archeodromo di Poggio Imperiale, Trequanda e la Raccolta Archeologica Collezione Pallavicini, Sarteano (dove si può ammirare la ricostruzione della celebre Tomba della Quadriga Infernale) e, infine, Castellina in Chianti, con il Museo Archeologico del Chianti senese e il tumulo di Montecalvario, orgogliosa testimonianza, quest’ultimo, del potere dei principi etruschi dell’epoca.

Le visite sono gratuite, con il solo pagamento del biglietto del museo. Per vivere al meglio questo itinerario, i soci possono utilizzare la FMS Card, il biglietto unico che consente l’accesso facilitato ai musei (primo ingresso gratuito, tutti gli altri ridotti), al prezzo speciale di 8 euro, in vendita presso le biglietterie dei musei coinvolti nell’iniziativa.

Info: www.museisenesi.org

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