“Le buchette del vino in mostra” è l’evento con ingresso gratuito organizzato a Firenze dal 2 al 16 settembre nella Sala Brunelleschi del Palagio di Parte Guelfa. Ma cosa sono le buchette? A passeggio per la città, capita di vederne alcune inserite nei muri dei palazzi a circa un metro d’altezza: in una cornice in pietra, uno sportellino in legno, questo si apriva, una mano pagava e un’altra porgeva un fiasco di vino. Pratico e svelto. «Ed esentasse – dice Matteo Faglia, presidente Associazione Buchette del Vino, organizzatrice dell’evento -. Un privilegio non da poco per le famiglie nobili nella seconda metà del ‘500 autorizzate a questo tipo di vendita».
La mostra vuol far conoscere la storia delle buchette. Prosegue Faglia: «Saranno in esposizione una di quelle cornici in pietra, rimossa dalla sua collocazione originaria, la ricostruzione a grandezza naturale di una “stanza del vinaio” del ‘600 con i suoi arredi, sagome che riproducono il passaggio del fiasco da una mano all’altra, documenti sulla storia del vino e del fiasco, con esemplari dal ‘500 al ‘900 in prestito dal Museo del Fiasco della Vetreria Etrusca di Montelupo, e “attrazioni” che non si vedono per strada».
Dalla peste al Covid
Come scrive lo storico Francesco Rondinelli nella Relazione del contagio stato in Firenze l’anno 1630, di cui la mostra espone una copia originale, le buchette erano funzionali durante le epidemie. Come avvenisse lo riassume Faglia: «Dall’esterno della buchetta il cliente bussava, gli veniva allungato un tubicino di rame per travasare il vino direttamente nel fiasco; il pagamento avveniva ponendo le monete in un recipiente di rame colmo d’aceto con funzione disinfettante. Così non c’era contatto fra cliente e vinaio».
Guarda caso, l’antico modo di vendita è tornato in auge durante il Covid, quando, prosegue Faglia, «a Firenze hanno riaperto quattro buchette: al posto dell’aceto c’era l’Amuchina e sul viso di tutti la mascherina». Ma, a pandemia finita, «sono nove i locali che continuano a servire calici di vino, aperitivi o gelati con l’antica modalità, non più misura anticontagio, ma richiamo turistico ed esperienza culturale».
Fiasco vs bordolese
Lo storico e georgofilo Zeffiro Ciuffoletti si sofferma sul servizio solidale svolto dalle buchette: non poche volte si dava da bere gratis a chi non poteva permettersi di pagare. «Il vino ha sempre favorito convivialità e socialità – sottolinea -: accanto alle buchette c’era il sedile in pietra dove sedersi, bere, mangiare e chiacchierare». Come oggi dal vinaio.
Con il professore il discorso si allarga al vino (come «civiltà da secoli in divenire, cui dedicarsi con passione, competenze e investimenti») e al suo commercio, anche all’estero. Ma per esportare il vino, il nostro bel fiasco non era adatto, perché di vetro fragile. Ci voleva la bordolese che, spiega Ciuffoletti, «prodotta con carbone di qualità, ha un vetro resistente e scuro, ideale per infilarci un tappo a pressione e conservare il vino, attaccarci un’etichetta e poterla commerciare». In Toscana, il primo a sostituire il fiasco con la bordolese fu il Barone di ferro, Bettino Ricasoli, che inaugurò a metà Ottocento la carriera internazionale del Chianti.
Buche e finestre
Per evitare che i bambini curiosi si facessero male sporgendosi troppo dalle finestre dei “grandi”, ma anche per non disturbare i genitori, a loro volta curiosi, e pettegoli, di quel che avveniva là fuori, si aprirono delle finestrelle, con inferriate, adatte all’altezza dei piccoli e per questo dette “dei bambini”. A Firenze ne rimangono pochissime: per esempio, in via del Corno 1r e in borgo Santa Croce 8.
Per informazioni: buchettedelvino.org