In mostra al Pecci di Prato: Manzelli, Hujar, Fratino

Tre artisti per raccontare la contemporaneità. Per i soci Unicoop Firenze ingresso in convenzione e visite guidate gratuite la domenica, con il pagamento del biglietto ridotto. Speciale "Luis Fratino. Satura" per gli Under 30 il 19 febbraio, gratuito con aperitivo finale, prenotazioni su coopfi.info/under30

«Se c’è qualcosa che ha un suo mistero o un suo segreto, è bene che resti così: sennò che segreto è, che mistero è?». Margherita Manzelli lascia ampia libertà di interpretazione quanto alle figure femminili che da sempre popolano le sue opere, e che sono protagoniste di “Margherita Manzelli. Le signorine” fino all’11 maggio al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato. Una mostra, così come quelle dedicate a Peter Hujar e a Louis Fratino, che si inserisce nella programmazione annuale di “La Toscana al Centro”, dedicata ad artiste e artisti che nel corso della propria carriera hanno attraversato il territorio regionale: tutte sono curate dal direttore del Centro Pecci Stefano Collicelli Cagol.

Le signorine di Margherita Manzelli

«È un po’ difficile spiegare chi sono le signorine perché non lo so, me lo chiedono tutti e sono l’ultima persona che sa chi siano queste entità. So soltanto che le dipingo da una vita, e che si rivelano così, probabilmente hanno voglia di essere viste, di manifestarsi ad un certo punto, perché appaiono così, dentro la mia testa (ride). Io cerco di dipingerle, cerco di vederle nella realtà, e la pittura per me è il modo più congeniale affinché queste figure esistano. Non improvviso sulla tela, mai: il lavoro sulla tela è la realizzazione di quello che io ho già progettato in testa». 

Figure che sono importanti tanto quanto gli spazi che le accolgono. «Per me la pittura di quelli che io chiamo i fondi, diciamo il set di queste signorine, è molto importante. E in un certo periodo della mia vita ho voluto provare anche a dipingere esclusivamente i fondi (fra gli altri in mostra c’è Sulla Terra, 2011-2012, ndr), perché ci impiego talmente tanto tempo e impegno che spesso mi era capitato, soprattutto in quel periodo, che le figure fossero quasi accessorie». 

Il progetto espositivo riunisce una selezione di dipinti realizzati da Margherita Manzelli dagli anni Novanta a oggi, insieme a una serie di disegni e un nucleo di opere realizzate appositamente per questa mostra, una delle quali trova ispirazione nella Cattedrale di Santo Stefano, Duomo della città di Prato. È il trittico L’infinito della mia distrazione, un’opera di grandi dimensioni che guarda alla Salomè dell’affresco di Filippo Lippi. Un tema, quello della tête coupée, della testa decapitata, che Manzelli (???) aveva già toccato, ma che qui trova un altro svolgimento, con «la testa decapitata che, rispetto al trittico precedente, è molto più evidente: se ne sta lì, per terra, ed è un elemento quasi scultoreo». 

A rimandare al Duomo, in particolare a una delle sfingi del pulpito interno, realizzate nel ‘400 da Antonio Rossellino e Mino da Fiesole, è la sorprendente Mercedes, protagonista dell’azione intitolata Sistemi di credenza. «Ho sempre svolto delle azioni durante le mostre – per quanto riguarda il mio lavoro preferisco chiamarle così e non “performance”. In questo caso ho voluto farmi sostituire da questa entità, che è fondamentalmente un mio sembiante». Mercedes – che vuol dire pietà, e che deve il suo nome alla figura più ambigua del romanzo di Alexandre Dumas Il conte di Montecristo – è un robot realizzato insieme a Federico Espositi, ricercatore di Robotica sociale al Politecnico di Milano, ed è un concentrato di tecnologia e di… poesia.

Una delle sue due facce è ispirata appunto alla sfinge del Duomo – «abbiamo realizzato uno stampo in 3D, un po’ abbozzato, un po’ “sciolto”» – e l’altra, con la sua telecamera, ha il compito di intercettare i visitatori e interagire con loro. «Con le sue rotelline, e la sua grande sottana di crinolina nera, Mercedes vagherà per lo spazio, intercettando lo sguardo delle persone: poi, a suo piacimento, quando troverà la persona che lei riterrà giusta, la seguirà e quando sarà possibile reciterà una poesia». Il belief system, ossia appunto “sistema di credenza”, altro non è che l’insieme di input che vengono dati al robot delle ipotesi in base al quale orientarsi nel mondo esterno, soprattutto rispetto ai comportamenti umani. «Il problema è che gli esseri umani sono il dato più imprevedibile – conclude Manzelli -.

Quest’azione esprime una forma di esigenza esistenziale dello sperare di trovare un interlocutore che ti ascolti, con questa entità che vaga sperando di trovare una controparte e che questo contatto con la persona che ha scelto sia duraturo. Almeno il tempo di una poesia».

Foto di The Peterhujar Archive /Arts

Il mondo diL’Italia vista da Peter Hujar

A una delle voci più caratteristiche della scena newyorchese a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta è dedicata “Peter Hujar. Azioni e ritratti / viaggi in Italia”, con la co-curatela di Grace Deveney. La mostra, visitabile fino all’11 maggio, è la ripresa italiana del progetto espositivo andato in scena all’Art Institute di Chicago nel 2023, ripensata per gli spazi del Centro Pecci e arricchita da una raccolta di 20 immagini fotografiche realizzate da Hujar durante i suoi viaggi in Italia, e da una selezione di 39 scatti dedicati ai protagonisti della emergente scena della performance nella Lower Manhattan degli anni Settanta. E, in linea con lo spirito di collaborazione e scambio che caratterizzava la scena newyorkese di quel tempo, il percorso espositivo include anche un video di Sheryl Sutton e tre opere di David Wojnarowicz, due degli artisti e performer appartenenti alla cerchia del fotografo americano. 

Frequentatore della leggendaria Factory di Andy Warhol – che lo immortala, fra l’altro, nel suo film Thirteen most beautiful boys – Peter Hujar era molto richiesto per servizi fotografici di moda e foto posate – suoi due celebri ritratti di William Burroughs e Susan Sontag – ma disse ben presto addio alla carriera commerciale per dedicarsi al lavoro artistico.

Figura di punta fra gli artisti, i musicisti, gli scrittori e la gente di spettacolo d’avanguardia nella scena culturale newyorkese, fotografa gli spettacoli di molte compagnie, ma spesso prestando maggiore attenzione a immortalare gli attori e i ballerini dietro le quinte, nei momenti di transizione, quando indossavano i costumi e il trucco, preparandosi a incarnare i personaggi che avrebbero interpretato. A questo corpus di immagini, la mostra accosta una selezione di fotografie dei suoi viaggi italiani. Hujar è stato nel nostro Paese in diverse occasioni, dagli anni Cinquanta ai Settanta, visitando fra le altre Firenze, Sperlonga, Palermo, Napoli. È l’epoca in cui il Paese vive una rapida trasformazione, che Hujar coglie osservando le persone, il paesaggio e gli animali, e che la mostra al Centro Pecci documenta attraverso le circa 20 opere della sezione dedicata.

Foto A.Saletta- DLS Studio

“Satura” di Louis Fratino

Prosegue poi fino alla fine di febbraio “Louis Fratino. Satura”, la prima personale dedicata da un’istituzione all’opera dell’artista statunitense. “Satura” – titolo che rimanda alla ricchezza dei colori, all’opulenza materica e alla diversità dei media esplorati dall’arte di Fratino – presenta una serie di sculture, oltre 30 dipinti e più di 20 opere su carta fra disegni e litografie.

Dodici i nuovi dipinti presentati per l’occasione, di dimensioni diverse e caratterizzati da scenografie sontuose, paesaggi, nature morte, ambienti domestici, ritratti e momenti di intimità: questo nucleo pittorico inedito consente un ulteriore approfondimento dei temi tipici della sua produzione, come il corpo nudo disteso, il ritratto di famiglia, la natura, l’erotismo e il sesso, mettendo in luce motivi da sempre presenti nell’opera di Fratino, sin dai suoi primissimi lavori.

Tutte opere che testimoniano il percorso dal 2017 a oggi di uno dei più interessanti artisti della generazione emergente, guardando in particolare all’influenza che la tradizione artistica, letteraria e cinematografica italiana del Novecento ha avuto sull’artista. Una relazione, quella tra Fratino e l’Italia, che è solo in parte ispirata dal legame con i propri antenati nati in Molise: il Paese ha infatti offerto all’artista un’ampia serie di temi, immaginari e sensibilità, creando ponti fra le relazioni, gli affetti, i paesaggi e permettendogli in ultima analisi di riflettere sulla propria arte.

Per i soci di Unicoop Firenze e speciale Under 30

Ingresso in convenzione e visite guidate domenicali gratuite, con il pagamento del solo biglietto d’ingresso, alla collezione permanente “Eccentrica” e alle mostre temporanee. In riduzione anche le proiezioni cinematografiche.

Tornano poi gli appuntamenti Centro Pecci e Unicoop Firenze dedicati agli under30, soci e non. Il 19 febbraio sarà possibile visitare la mostra “Louis Fratino. Satura” con Stefano Collicelli Cagol, con aperitivo finale e un gadget del museo in omaggio. La partecipazione è gratuita, ma è necessario prenotarsi sul portale dedicato della cooperativa.

i centropecci.it; coopfi.info/under30

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