Lo sapete perché il gatto europeo ha come tratto distintivo una M sulla fronte? La leggenda narra che nella grotta di Betlemme, insieme a Gesù, ci fosse anche una micia con i suoi gattini appena nati e che la Madonna, accarezzandola amorevolmente le lasciò impresso sul muso il suo simbolo. Pare che sia stato questo dettaglio a salvare loro la pelle nel Medioevo: i gatti “marchiati” dalla Madonna erano considerati sacri, quindi intoccabili.
Il primo fu San Francesco
A far luce anche sugli altri animali nel presepe ci pensa monsignor Antonio Interguglielmi, professore di Diritto canonico allo Studium Theologicum Galilaeae e studioso degli animali nella Sacra Scrittura.
«Tanto per cominciare è stato proprio San Francesco, di ritorno dal suo viaggio in Terra Santa, a voler ricreare per gli abitanti di Greccio, un paesino vicino a Rieti, l’evento della nascita di Gesù – ci spiega il professore -. Il bue e l’asinello sono sempre accanto a Giuseppe e Maria, per riscaldare con il loro corpo e il loro fiato il bambino che, per altro, viene sempre rappresentato seminudo, come se fosse estate.
L’asino, l’animale umile per definizione, ha un ruolo importante perché ebbe anche il compito di accompagnare la famiglia nel viaggio di ritorno a Nazareth, probabilmente portando sul dorso Maria per non farla stancare». Poi ci sono le pecore: «Certamente – prosegue lo studioso – esse hanno un doppio significato: i pastori che si recano alla grotta con le loro greggi sono gli ultimi della società di quel tempo e proprio per questo sono i primi ai quali viene annunciata la nascita di Gesù. Ma le pecore, miti e obbedienti, sono anche il simbolo del buon cristiano: seguono in gruppo il pastore, come il buon fedele segue il “gregge di Cristo”».
Nel corso della tradizione secolare del presepe vengono introdotte altre specie perché, appunto, il Natale riguarda tutta la creazione di Dio, anche il mondo animale, oltre a quello umano, come ci ricorda San Francesco. «Non possono mancare i fedelissimi cani che, in questo caso, accompagnano i pastori e le pecore, a ricordare la protezione che il Signore assicura al suo gregge – racconta Interguglielmi -. Mentre i Re Magi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, portano i loro preziosi doni, oro incenso e mirra, guidati dalla stella cometa e scortati da un cavallo, simbolo di regalità, da un cammello, animale tipico dell’Oriente e quindi simbolo di universalità, e da un elefante, emblema di saggezza e portatore del messaggio di Cristo».
Fra sacro e profano
Nel tempo il presepe, influenzato da diverse tradizioni, si è arricchito anche di altri animali: maiali, galline e oche. «Questo perché – ci spiega monsignor Antonio – si dice che anch’essi siano stati protagonisti del lieto evento, restando immobili e inginocchiandosi come se fossero in preghiera. E per concludere, non mancano neppure gli insetti, anche se presenti raramente. Le api che, con il loro ronzio, crearono una melodia per rendere lode al Signore, e la lucciola, che si posò sul ditino di Gesù appena nato e con la sua luce aiutò i pastori ad arrivare alla grotta».
Anche le renne, sebbene in tempi più recenti, fanno rima con Natale e soprattutto con regali, visto che sono loro a portarli a tutti i bambini nella notte fra il 24 e il 25 dicembre. Pare che abbiano fatto la loro comparsa per la prima volta in un poema anonimo del 1821, ma è lo scrittore inglese Clement Moore nel 1823, nella poesia A visit from St. Nicholas, a descrivere Babbo Natale – in origine san Nicola – mentre si aggira per i cieli di tutto il mondo con la slitta trainata da nove renne volanti.