Quattro eventi per confrontarsi con la cittadinanza su altrettanti linguaggi del mondo contemporaneo: il fumetto e il giallo (comprese le declinazioni in serie tv), il teatro e la letteratura migrante.
È la “Piazza delle Lingue” (dal 6 al 9 novembre, in vari luoghi di Firenze, ingresso gratuito), evento promosso dalla prestigiosa istituzione in collaborazione con Unicoop Firenze, dove il linguaggio accademico incontra quello popolare. «La “Piazza delle Lingue” – afferma Rita Librandi, vicepresidente dell’Accademia – torna con uno spirito che rimanda alle sue origini, così come fu voluta e avviata dal presidente onorario Francesco Sabatini, cioè un’apertura verso un pubblico molto ampio, per sensibilizzare ogni volta i cittadini su diversi aspetti della lingua italiana».
Di fumetti ed altre storie
Ogni tema verrà sviscerato da un ospite che avrà la possibilità di confrontarsi con un accademico dell’istituzione linguistica: si comincia il 6 novembre al Teatro Verdi con un evento su prenotazione con Zerocalcare, fumettista affermato e sensibile i cui lavori hanno dato vita a due serie Netflix.
Le prenotazioni per l’evento di Zerocalcare saranno attive a partire dal 10 ottobre alle ore 12 sul sito coopfi.info/eventi.
Si prosegue giovedì 7, in Accademia, con Cecilia Scerbanenco e con gli autori Maurizio de Giovanni e Marco Malvaldi, rispettivamente creatori del Commissario Ricciardi e dei Delitti del Barlume.
Venerdì 8, ancora in Accademia, il tema della letteratura migrante verrà affrontato assieme alle scrittrici Igiaba Scego e Sabrina Efionayi. Si chiude sabato 9, sempre a Firenze, ma al Teatro Verdi, assieme a Renato Carpentieri che si confronterà sul tema dell’italiano e del linguaggio teatrale.
La parola all’autore
Il confronto più atteso dai giovani è sicuramente quello fra la Crusca e Zerocalcare, un incontro che non sorprende il fumettista romano. «Il fumetto – conferma Michele Rech, questo il nome all’anagrafe – è per il 50% testo e, in certi casi, fa ricorso a un linguaggio molto ricercato. Mi fa piacere questo incontro, non è così strano, perché lo vedo come un riconoscimento che questo mezzo espressivo si è meritato nel tempo». All’autore i suoi fan riconoscono sincerità ed empatia, entrambi figli di un viaggio interiore che porta il fumettista a mettersi a nudo, cosa non sempre semplice.
«La difficoltà sta nel fatto che bisogna fare i conti con parti di sé che magari uno non ha piacere di affrontare, né con se stesso né con il pubblico, ma il fumetto è un linguaggio molto utile per elaborare e raffinare le proprie emozioni a posteriori. Per me è spesso stato salvifico, forse proprio perché non è unicamente testuale o iconografico. Si presta alla descrizione sfaccettata di emozioni complesse». Il processo di scrittura, in seguito, trasforma quelle esperienze in scene grafiche, spesso animate da personaggi della cultura pop.
«Scelgo soggetti pop come scorciatoie per connotare tramite un cliché un certo personaggio. Quindi cerco di ricorrere a personaggi conosciuti a un pubblico vasto, a meno che io non voglia rivolgermi solo a una certa fascia d’età, per esempio la mia, e in questo caso utilizzo personaggi che solo chi ha la mia età possa riconoscere, sentendosi in qualche modo privilegiato rispetto ai più giovani, ma anche ai più anziani». E in questo mix di riferimenti collettivi e personali, quello che non manca mai è il dialetto romano.
«La parola che ricorre in assoluto di più nelle mie storie temo che non si possa scrivere, ma la seconda è di certo “accollo” (un termine che indica persone o situazioni fastidiose o noiose di cui bisogna farsi carico, ndr). Il fumetto mira alla precisione, e per questo costringe a scegliere bene le parole, a distribuirle in modo bilanciato, magari arricchendole con tic verbali, intercalari, tutto con lo scopo di far sentire coinvolto chi legge e di evitare di farlo trovare davanti al proverbiale, monolitico “muro di testo”».