A Pisa, Palazzo Blu ricorda l’opera di Oliviero Toscani

Fino al 29 giugno la mostra "Razza Umana". Ingresso in convenzione e, la domenica, dall’11 maggio, visite guidate gratuite con il solo costo del biglietto ridotto (prenotazione obbligatoria). Riservate agli under 30, visite guidate gratuite l’8 e il 22 maggio e, a giugno, il 12 e 26 (prenotare su coopfi.info/eventi)

Giovani o vecchi, grassi o magri, stilosi o vestiti come capita, sorridenti o imbronciati e, soprattutto, di tutti i colori del mondo. A pochi mesi dalla sua scomparsa, arriva a Palazzo Blu a Pisa “Razza Umana”, uno dei progetti più celebri di Oliviero Toscani, che insieme ai suoi allievi e collaboratori, ha girato il mondo ritraendo esseri umani nelle piazze e nelle strade, allestendo di volta in volta uno studio fotografico itinerante e raccogliendo, a oggi, un archivio di circa 10mila immagini.

Sono più di 500, di varie dimensioni, quelle che vengono esposte per la prima volta a Palazzo Blu fino al 29 giugno, e sono parte del percorso della mostra che, ai volti “locali”, affianca i tanti volti raccolti nel mondo. 

Toscani aveva infatti portato uno di questi set anche a Pisa, nei mesi in cui nasceva Palazzo Blu, tra il 2007 e il 2008, dopo il lungo lavoro di recupero voluto e finanziato dalla Cassa di Risparmio di Pisa (fra l’altro , ed è stato proprio lui a ribattezzarlo con questo nome). Allora incontrò decine di persone che, nelle sale del palazzo, si prestarono per a essere ritratte dal suo obiettivo d’autore. Un incontro che, nello spirito di un progetto che prosegue tuttora, è stato ripetuto il 17 aprile, giorno di inaugurazione della mostra, con il set fotografico che è stato nuovamente allestito a Palazzo Blu con il figlio di Toscani, Rocco.

Cittadini del mondo

Ideato nel 2007 e definito dallo stesso Toscani come «uno studio socio-politico, culturale e antropologico che ritrae la morfologia delle persone per osservarne peculiarità e caratteristiche, catturando differenze e similitudini», racconta i cittadini del mondo, la gente comune con le sue diverse espressioni, caratteristiche fisiche e somatiche, sociali e culturali. 

Come spiegò il critico d’arte Achille Bonito Oliva, il progetto «è frutto di un soggetto collettivo, lo studio di Oliviero Toscani inviato speciale nella realtà della omologazione e della globalizzazione. Con la sua ottica frontale, ci consegna una infinita galleria di ritratti che confermano il ruolo dell’arte e della fotografia: rappresentare un valore che è quello della coesistenza delle differenze». 

Ma chi è stato Oliviero Toscani? Impossibile ingabbiare la complessità in una definizione. “Creativo”? Detestava questa parola. “Pubblicitario”? Per carità: «Io non ho mai lavorato con le agenzie, mai con un direttore artistico. Ho usato lo spazio destinato a promuovere i maglioni per metterci migranti e condannati a morte». Allora, semplicemente un “fotografo”? Nemmeno: «Anche lei mi crede fotografo? – – rispondeva nel corso di una intervista in occasione dei suoi 80 anni –. -. A me interessava essere testimonial del mio tempo, potevo fare musica, cinema… Ho fatto foto perché mio padre faceva foto». «Chiamatemi paradosso», disse di sé nella sua autobiografia pubblicata proprio per quel compleanno, Ne ho fatte di tutti i colori. Vita e fortuna di un situazionista

Un uomo fortunato

Di essere sempre stato fortunato, lo ha sottolineato anche nelle ultime interviste prima di lasciarci a gennaio di quest’anno. E nella sua vita ne ha fatte davvero di tutti i colori. La memoria corre subito alle campagne pubblicitarie che hanno fatto scandalo, dai jeans Jesus di “Chi mi ama, mi segua”, era il 1973, al famoso bacio fra il prete e la suora. Ma le sue immagini hanno parlato, e fatto parlare, di molto altro, portando all’attenzione del grande pubblico temi come l’Aids, il razzismo, la pena di morte (è stato anche presidente onorario di Nessuno tocchi Caino, associazione per la moratoria universale della pena di morte), l’anoressia, l’omosessualità. 

Una passione civile che è passata attraverso gli scatti realizzati, nel 2003, ai superstiti della strage di Sant’. Anna di Stazzema; o a “Nuovo paesaggio italiano”, il progetto contro il degrado realizzato con il Fai e l’archeologo Salvatore Settis, al tempo direttore della Scuola Normale di Pisa. O ancora che rimanda a quando, solo 21enneventunenne, nel 1963, accompagnò il cognato, Giorgio Pecorini, giornalista dell’“Europeo”, a Barbiana, immortalando don Lorenzo Milani insieme ai suoi ragazzi (anni dopo, alla domanda su quale fosse secondo lui il messaggio più importante lasciato da don Milani, rispose «che non siamo divisi fra bianchi e neri, fra atei e cattolici o in altre categorie. Ma solo tra poveri e ricchi. Tutto il resto è una scusa, un’indulgenza»). 

«Non è un’immagine che ti fa la storia»

Una responsabilità pubblica e professionale che lo stesso Toscani ha riassunto così, rivendicando di non voler essere ricordato per una foto in particolare, ma «per l’insieme, per l’impegno. Non è un’immagine che ti fa la storia, è una scelta etica, estetica, politica da fare con il proprio lavoro». 

Una scelta che possiamo vedere concretizzata anche nei volti della mostra a Palazzo Blu: «Fotografie che ci esortano ad agire», nelle parole di Zeid Ra’ad Al Hussein, nel 2018 Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani; che «ci chiedono di difendere e promuovere i diritti di ogni essere umano, di combattere la discriminazione, la violenza e lo sfruttamento; di difendere la dignità di ogni donna, uomo e bambino». 

Partendo da Suvereto, in Maremma, “Razza Umana” è stata in molti luoghi, da un piccolo borgo in Liguria al Giappone, da piazza della Scala a Milano a Cartagena in Colombia, da una convention di tatuati alla Galleria degli Uffizi, fino al Nicaragua. E ancora, dall’apertura di Palazzo Blu al Messico, da una mostra di orsi a Genova alla Namibia, dal Carnevale di Viareggio, alla Franciacorta e, alla Polonia, da Israele alla Palestina, passando per la Svizzera e il Belgio tornando, spessissimo, in Italia. 

Foto Razza Umana. Oliviero Toscani Studio
Foto Razza Umana. Oliviero Toscani Studio

I (mancati) volti di Gaza

Nel 2009, quando “Razza Umana” era ancora giovane, Toscani spiegava come ormai tutti sapessero fare le foto, ma che lui voleva qualcosa di più: «Volevo fotografie del nostro tempo, che potessero diventare patrimonio dell’umanità. Ogni immagine è autentica, senza ritocchi, senza photoshop»; e «a parte il fatto che lavorare con lui è a volte bellissimo e altre veramente difficile – – aggiungeva il figlio Rocco, supervisore del progetto – -, mi ha turbato l’aver imparato a fare quasi un’analisi psichiatrica a chi mi sta davanti attraverso gli occhi». 

L’anno successivo, Toscani provò a portare “Razza Umana” anche a Gaza. Dopo aver ritratto centinaia di volti di arabi ed ebrei fra Gerusalemme ed altre città israeliane, chiese, senza successo, il permesso di entrare nella Striscia: «Questo è un lavoro artistico, noi autorizziamo solo organizzazioni umanitarie, diplomatici e giornalisti: perché dovremmo farla entrare?» gli dissero. «Io sono venuto a rappresentare una sola razza, quella umana – – commentò Toscani raccontando l’episodio –. -. Metterò queste facce tutte vicine. Mi piacerebbe facessero da sfondo alla prossima stretta di mano fra Netanyahu e Abu Mazen. E che ci fossero anche le facce di Gaza: sarà mica questo a spaventarli?». Qualcosa che piacerebbe vedere, crediamo, a molti.

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Ingresso in convenzione e, la domenica, a partire dall’11 maggio, visite guidate gratuite con il solo costo del biglietto ridotto (prenotazione obbligatoria).

Riservate ai soli under 30, e con prenotazione sul portale dedicato, sono poi le visite guidate gratuite dell’8 e 22 maggio e, a giugno, il 12 e 26.
Prenotare su coopfi.info/under30

Per informazioni sulla mostra: palazzoblu.it

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