Diceva il pittore Botero: “grasso è bello”. Ma, a prescindere dall’estetica, forse non è proprio così. L’obesità è indicata fra le condizioni che caratterizzano un soggetto “fragile” che necessita la priorità per ricevere la vaccinazione contro il Covid-19. C’è però una contraddizione, visto che l’obesità stessa non è riconosciuta come malattia dal Sistema Sanitario Nazionale. Ne parliamo con Ilaria Dicembrini, professore associato di Endocrinologia all’Università di Firenze.
Perché l’obesità non è riconosciuta come una malattia?
L’idea che l’obesità sia una condizione determinata da scelte di vita che può essere corretta mediante la semplice volontà del paziente è ancora radicata nella mentalità generale e, purtroppo, anche in alcuni professionisti sanitari. Negli ultimi anni sono stati fatti degli sforzi notevoli per riconoscere l’obesità come una vera e propria malattia di per sé. Pochi sanno che la Commissione europea nel marzo 2021 ha emanato una direttiva che include l’obesità fra le patologie croniche non trasmissibili. Questo è stato un primo passo concreto verso il pieno riconoscimento della malattia. L’elevata diffusione di questa condizione (il 10% in Italia) impone la necessità di realizzare un programma sanitario per il trattamento dell’obesità con implementazione degli attuali centri specialistici che si occupano di accogliere questi pazienti. Quindi un notevole investimento dal punto di vista economico.
Perché un soggetto obeso diventa “fragile” nei confronti dell’infezione da Sars-CoV-2?
L’obesità in realtà espone il soggetto a un maggior rischio di contrarre diverse malattie infettive, tra le quali ad esempio anche l’influenza con manifestazioni solitamente più gravi, e vale anche per il Covid-19. Questa “fragilità” appare legata a diversi fattori: la riduzione delle difese immunitarie dell’organismo, insieme a uno stato infiammatorio cronico del tessuto adiposo e alle disfunzioni respiratorie, legate alla riduzione della capacità polmonare, contribuiscono a rendere il soggetto obeso più vulnerabile alle infezioni. Le vaccinazioni rivestono in questi pazienti un’importanza fondamentale, ma anche lo svolgimento di regolare esercizio fisico può “ravvivare” le difese immunitarie.
Quali complicanze dell’obesità possono peggiorare il rischio?
L’obesità non si associa soltanto a un aumento del rischio di contrarre l’infezione da Covid-19, ma anche a un aumento pari a 3 volte di presentare forme cliniche più gravi della malattia, con maggiore probabilità di ricovero in ospedale. E questo è particolarmente vero nei giovani adulti affetti da eccesso ponderale. Ricordiamo poi che il paziente obeso, oltre a una serie di disfunzioni, presenta molto spesso nel tempo anche delle complicanze, tra le quali la sindrome delle apnee notturne, il diabete tipo 2 e le malattie cardiovascolari, tutte condizioni che contribuiscono a un peggioramento della prognosi in caso di infezione da Covid-19.