Alda Merini considerava le gambe delle donne insostituibili e perfette. Purtroppo non è sempre così. Alcuni inestetismi o patologie possono toglierci il sogno.
«Le piccolissime varici dilatate vicino alla superficie della pelle, di colore rosso, blu, viola o verde, rappresentano un problema estetico da non sottovalutare, la cui corretta diagnosi necessita di un ecocolordoppler» spiega Aaron Thomas Fargion, ricercatore di Chirurgia vascolare di Careggi.
Da cosa derivano le vene varicose?
Da una progressiva incontinenza delle valvole interne alle vene e che normalmente impediscono al sangue di refluire verso il basso. Le vene perdono elasticità, si dilatano e si sfiancano. Di solito i sintomi di pesantezza e stanchezza delle gambe regrediscono con il riposo notturno, ma con il passare dell’età diventano persistenti e possono associarsi a crampi notturni, prurito, senso di calore o bruciore.
C’è differenza di genere?
Colpisce di più le donne, con un rapporto femmine/maschi di 3 a 1. I fattori che contribuiscono al problema sono la genetica, l’età, lo stile di vita sedentario, il sovrappeso ed eventuali terapie ormonali.
A cosa servono i farmaci?
A migliorare il ritorno venoso e ad alleviare la sintomatologia. Vengono proposti in combinazione con le calze o l’intervento. Le calze elastiche graduate sono state riconosciute come terapia conservativa gold standard.
Quando si interviene con la scleroterapia?
Questa tecnica trova un impiego ottimale nella cura dei capillari dilatati e delle vene reticolari. Si inietta una sostanza chimica che chiude i vasi, rendendoli invisibili. Seppur il risultato immediato sia ottimo, nel tempo possono tornare.
E per le vene varicose?
La tecnica chirurgica tradizionale prevede una piccola incisione chirurgica all’inguine e l’isolamento del punto di confluenza della vena superficiale incontinente con il sistema venoso profondo. La vena viene quindi staccata e rimossa. Adesso viene usato anche un trattamento mini-invasivo, eseguito introducendo una sonda all’interno della vena malata, per poi cicatrizzarla con il calore.
Altro punto dolente soprattutto per le donne è la cellulite. «Molti ignorano che è la “non malattia” più studiata al mondo. Riguarda quasi il 90% delle donne. Gli elementi predisponenti sono molti; per primi la genetica e i fattori ormonali, poi anche le alterazioni metaboliche, i disturbi del sistema circolatorio e linfatico, il fumo, la cattiva alimentazione e la sedentarietà» spiega Maurizio Benci, specialista in Dermatologia e venereologia.
Quanti sono gli stadi della cellulite?
Ne esistono tre: nel primo, la cellulite edematosa, prevale il ristagno di liquidi locale. Questa è la cosiddetta forma a buccia d’arancia, visibile soltanto stringendo la pelle tra le dita.
Il secondo è quello della cellulite fibrosa, dove si ha un rigonfiamento delle cellule adipose e una fibrosi reattiva fra le cellule con la formazione di piccoli noduli. In questo caso l’aspetto a buccia d’arancia è ben visibile.
Il terzo stadio è detto sclerotico, la pelle presenta avvallamenti e rigonfiamenti, con noduli dolenti al tatto, con l’aspetto “a materasso”.
Ci sono delle cure?
Le creme “miracolose” o i fanghi danno pochi effetti. Più utile un riequilibrio dell’alimentazione, la cessazione del fumo e il ripristino di una regolare attività fisica. I trattamenti più efficaci sono l’infiltrazione di sostanze che sciolgono i grassi e drenano i liquidi, massaggi o macchinari che aumentano l’attività del circolo linfatico.
Inoltre vengono utilizzate sia la carbossiterapia, sia nuovi macchinari a emissione di microonde. In particolare, nella prima viene iniettata anidride carbonica con un’attività benefica sul microcircolo. Non si deve confondere il trattamento della cellulite con quello della riduzione dell’adiposità localizzata, la cui rimozione può essere effettuata, se necessario, con la liposuzione o la laser-lipolisi.