Un amore di babbo

Quando parliamo di cure parentali fra umani, quasi sempre pensiamo al binomio mamma-figlio, dando per scontato che questa sia la condizione più ovvia e naturale. I babbi, nell’immaginario culturale fino al secolo scorso, avevano un ruolo marginale. E tra gli animali, i papà sono premurosi? Assolutamente sì! In molte specie il loro contributo è fondamentale. Quelli più amorevoli si trovano fra gli uccelli, particolarmente nelle specie monogame, dove i coniugi si dividono equamente i compiti. 

Un esempio su tutti è quello del pinguino imperatore (Aptenodytes forsteri): la femmina depone un solo grande uovo, che consegna al maschio con attenzione per non fargli toccare il suolo gelato. In Antartide, dove vive, le temperature possono raggiungere i -65°C, con venti gelidi che arrivano a 200 km/h! Il padre lo cova per circa due mesi, senza mai mangiare, mentre la madre va in mare aperto per nutrirsi e rientra solo per la schiusa e per dare il cambio al compagno, che a quel punto riprende a cibarsi.

Rettili, pesci e anfibi

Nei rettili sono soprattutto le madri ad occuparsi della prole. Invece nei pesci spesso i figli non hanno alcun bisogno di assistenza genitoriale dopo la nascita. Pur tuttavia, il cavalluccio marino (Hippocampus hippocampus) offre un altro caso di padre esemplare visto che in questa specie il maschio porta avanti una gestazione all’interno di una sacca ventrale nella quale la femmina depone fino a 2500 uova. Man mano che i piccoli crescono, il suo aspetto assomiglia sempre più a un maschio “incinto”. Le uova si schiudono nella sacca e attraverso vere e proprie contrazioni i piccolini, perfettamente formati, vengono messi al mondo. 

Passando agli anfibi va ricordato il rospo ostetrico (Alytes obstetricans), il cui nome è già una spiegazione. Il papà si prende cura delle uova deposte dalla mamma avvolgendole intorno alle zampe posteriori e portandole sempre con sé fino a quando non si schiudono. All’occorrenza si tuffa in acqua per mantenerle umide ed è anche in grado di secernere una sostanza per proteggerle da eventuali infezioni.

Eccezioni alla regola

«I maschi dei mammiferi sono invece tra i meno paterni – spiega Stefano Vaglio, professore associato di etologia all’università di Wolverhampton (Uk) – infatti in meno del 5% dei casi il maschio aiuta la propria compagna». Ci sono delle spiegazioni a questi comportamenti? «Nei mammiferi, in particolare nei primati, la prole richiede un grande investimento di tempo e di energie da parte dei genitori, dalla nascita allo svezzamento. Gravidanza e allattamento rendono la figura della madre centrale nei mammiferi rispetto agli altri animali. Quindi, la femmina sarà molto più impegnata nella cura della prole, mentre il maschio, alleggerito dalle incombenze materne, può disinteressarsi o quasi della faccenda».

Ma ci sono anche esempi positivi, alcuni sorprendenti: «Ad esempio il tamarino edipo (Saguinus oedipus), una scimmietta colombiana, prende in carico i figli, spesso gemelli, per portarli poi alla mamma a intervalli regolari per le poppate. Inoltre, nei branchi di lupi (Canis lupus), che sono vere e proprie famiglie come quelle esistenti fra noi esseri umani, il ruolo del padre è centrale. È lui che caccia e porta le prede alla femmina affinché possa dedicarsi in santa pace all’allattamento, mentre saranno poi entrambi i genitori a insegnare ai cuccioli come stare al mondo».

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