L’amore in natura

Curiosità riproduttive di serpenti, elefanti e altri animali. Intervista al naturalista Marco Colombo

L’amore, questa cosa meravigliosa, fonte di gioie e dolori per tutti, animali compresi. Un libro molto simpatico (Sexus animalus di Emmanuelle Pouydebat, ed. L’ippocampo) racconta l’evoluzione morfologica degli organi genitali e i meccanismi della riproduzione, finalizzati a sopravvivere in contesti molto diversi da 400 milioni di anni. La natura propone soluzioni fantasiose, tra forme e dimensioni, tanto che noi a confronto siamo esseri banali.

Lo sapevate che i serpenti hanno due peni? Per tutta risposta la serpentessa del marasso euroasiatico (Vipera berus) ha due vagine. Per la cronaca, quello del cobra reale (Ophiophagus hannah) è lungo quasi 30 centimetri. Inoltre, alcune femmine di serpenti, formiche e tartarughe possono conservare lo sperma di maschi diversi anche per alcuni anni. Una riserva da utilizzare nel momento opportuno.

Uno degli animali più affascinanti è senza dubbio l’elefante: quello africano (Loxodonta africana) da adulto misura quasi quattro metri al garrese e, nonostante arrivi alla maturità sessuale intorno ai 15 anni, è solo verso i 30 che inizia ad accoppiarsi. Poiché la gestazione dura ben 22 mesi e l’allattamento del piccolo può arrivare fino a 4 anni, il periodo medio fra ogni accoppiamento è di circa 5 anni. Poiché in questo caso è tutto in proporzione, il gingillo del maschio misura quasi due metri. Per di più, pare che sia pure tattile e prensile! Qualche osservatore è pronto a giurare di averlo visto usare come una proboscide, cioè per afferrare le foglie, scacciare le mosche e grattarsi la pancia. In compenso l’accoppiamento dura solo una manciata di secondi.

Se ci riferiamo alle proporzioni, il primato spetta al cirripede, un minuscolo crostaceo ermafrodito lungo pochi centimetri, ma il cui pene misura otto volte la sua lunghezza.

Amoreggiare in volo potrebbe sembrare romantico, ma in alcuni casi ha un risvolto drammatico. Ne sa qualcosa il fuco, il maschio dell’ape che, come sappiamo, è il frutto della schiusa di un uovo non fecondato. Il poveretto non ha il pungiglione, non raccoglie nettare né polline, il suo unico scopo nella vita è quello di congiungersi con la regina a 15 metri di altezza. Peccato che una parte del suo organo si spezzi e rimanga all’interno della femmina. Così, dopo questa acrobatica esibizione muore, mentre la femmina, durante lo stesso volo nuziale, accetterà le avances di altri maschi che però, ahimè, faranno la stessa fine.

Qualcuno nell’arco dei millenni si è fatto più furbo: «Il ragno pisaura (Pisaura mirabilis) -racconta il naturalista Marco Colombo -, per altro molto comune nei nostri prati, per evitare di venire mangiato dalla femmina durante l’accoppiamento, come succede spesso tra i suoi simili, e di diventare una fonte proteica per fare le uova, cattura una preda, una mosca per esempio, e gliela offre come spuntino. Mentre lei è impegnata a fare merenda lui si accoppia in tutta sicurezza. Può capitare che un soggetto prima di allontanarsi si riprenda il dono, una vera caduta di stile. Altri tipi di ragni, per mettersi in sicurezza dagli appetiti delle compagne, le legano con dei fili di seta».

Se ci spostiamo su un piano più romantico, invece, bisogna ricordare che ci sono anche molte specie monogame. «È vero – prosegue lo studioso -, l’albatros, per esempio, è uno di questi. Corteggia la femmina a ritmo di danza e con delicati colpetti sul becco. Forma coppie stabili che durano anche 50 anni. Tuttavia, pare che il 24% dei pulcini sia frutto di tradimenti…».

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