È giusto nutrire gli uccellini in libertà?

La risposta di Marco Dinetti, responsabile nazionale ecologia urbana della Lipu

Quando l’inverno è rigido e fuori dalla finestra vediamo qualche uccellino affamato, che cosa fare? È una domanda che ci porta a fare alcune riflessioni sul nostro rapporto con la fauna selvatica, sempre più complicato a causa dell’antropizzazione che spinge alcune specie ad avvicinarsi alle città e altre alla riduzione, fino ad arrivare all’estinzione.

Abbiamo chiesto a Marco Dinetti, responsabile nazionale ecologia urbana della Lipu, di aiutarci a fare chiarezza.

«Alcune specie, come il merlo e la capinera che provengono da ambienti forestali, la gazza e la cornacchia che di solito vivono nelle campagne alberate, e il gabbiano reale, originario degli ecosistemi marini, hanno in qualche modo scoperto che la città può costituire un habitat di vita e nidificazione alternativo a quello di origine – spiega lo studioso -: per questo è molto comune vederli nelle aree urbane».

Chi sta peggio, paradossalmente, sono le specie che vivono nelle periferie: «Il saltimpalo, l’usignolo, l’allodola, il beccamoschino e l’averla piccola – aggiunge Dinetti – prima vivevano indisturbate nei terreni incolti, nei campi coltivati, nelle siepi e nei boschetti. Superfici che oggi vengono convertite in nuovi insediamenti abitativi, commerciali e industriali con relative infrastrutture. Tale progressivo consumo di suolo ha portato queste specie a una forte diminuzione e in alcune città all’estinzione locale».

Passerotti a rischio

Nelle metropoli sono a rischio anche i passeri, un tempo molto comuni e abbondanti, «minacciati da una serie di fattori, compresa l’edilizia moderna che offre meno siti di nidificazione, oltre all’inquinamento atmosferico (ed elettromagnetico) che riduce la presenza degli insetti con cui viene alimentata la prole. E c’è anche la mortalità diretta causata dall’impatto contro vetrate e veicoli in transito». Anche le rondini (Hirundo rustica) e il balestruccio (Delichon urbicum) si trovano in difficoltà a causa delle trasformazioni ambientali e dell’inquinamento.

«Per tornare alla domanda iniziale – spiega il responsabile Lipu -, nutrire gli uccelli, con adeguati accorgimenti, può aiutarli a superare l’inverno, ma occorre farlo soltanto quando la stagione è inclemente».

Sono necessarie anche altre accortezze, prima fra tutte una gestione ecologica delle aree verdi. «Bisogna mantenere gli alberi grandi e quelli vetusti, evitando potature drastiche e inutili anche sulle siepi. Gli edifici devono essere ristrutturati con attenzione durante la stagione riproduttiva. Invece, può essere utile piantare arbusti di essenze autoctone, che producono bacche e frutti, e lasciare parte del prato non sfalciato, così che possano svilupparsi fioriture ed erbe spontanee (non chiamiamole erbacce!)».

Le vetrate trasparenti o riflettenti devono essere munite di idonee marcature per evitare che gli uccelli vadano a sbattere. Se possibile, spegnere le luci di notte, per non contribuire all’inquinamento luminoso, che oltre agli uccelli disorienta pure pipistrelli e insetti. «Alla fine dell’inverno possiamo installare nei balconi e nei giardini degli appositi modelli di nido artificiale, per offrire dei siti di nidificazione supplementari» conclude Dinetti.

Cibo ok

Miscele di semi vari (in commercio ci sono anche quelle per uccelli selvatici), pastoncini per insettivori (già pronti), semi di girasole, semi di miglio, fiocchi di avena, noccioline (non salate), collanine di arachidi, noci tritate, noce di cocco, pinoli (sgusciati), uvetta, pezzetti di frutta fresca (mele, pere, cachi), tortino a base di farina di mais con burro o margarina vegetale, palle di grasso (vendute in commercio).

Da dare occasionalmente: briciole dolci (panettone, pandoro, plum-cake), biscotti, formaggio, riso cotto.
Sono da evitare invece: pane (contiene lievito, scarso di nutrienti), cibi contenenti sale e piccanti.
Ricordarsi anche di mettere a disposizione dell’acqua, basta una ciotola.

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