Sostenibilità e cambiamenti ambientali: sono i temi centrali del G20 dedicato all’agricoltura in programma il 17 e 18 settembre a Firenze. Lì dove ha sede una delle più antiche società al mondo dedicate all’agricoltura, l’Accademia dei Georgofili, si ritroveranno i ministri dell’agricoltura dei venti Paesi che rappresentano più dell’ 80% del Pil mondiale, per affrontare problemi sul tavolo da decenni.
«A causa dei cambiamenti climatici, colture importanti per la nostra economia sono in forte stato di sofferenza – spiega Massimo Vincenzini, presidente dell’Accademia -. Alcune potrebbero addirittura essere messe a serio rischio di sopravvivenza, e per questo la ricerca e la sperimentazione in campo hanno spinto già da tempo verso la selezione di specie vegetali più adatte alle nuove condizioni climatiche. E infatti, specialmente nel Sud Italia, la coltivazione di specie tipicamente sub-tropicali, quali l’avocado, il frutto della passione e le banane, sono ormai una realtà. L’agricoltura può sicuramente svolgere un ruolo chiave nel contrastare o quanto meno mitigare il fenomeno del riscaldamento globale, purché sappia coniugare l’azione fotosintetica di decarbonizzazione tipica del mondo vegetale con le innovazioni tecnologiche che la ricerca scientifica, con continuità, mette a disposizione del mondo agricolo».
Alcune coltivazioni tipiche toscane come la vite e l’olivo possono risentire di grandinate e bombe d’acqua fuori dalla norma, ma nei laboratori e in campo si stanno studiando delle soluzioni.
«La straordinaria biodiversità, di cui non solo il territorio regionale ma l’intero nostro Paese è ricco, potrà fornire le varietà più adatte ad affrontare le avversità climatiche. Ulteriori opportunità potranno essere date dalla ricerca scientifica nel settore delle biotecnologie vegetali, con particolare riferimento alle Tecnologie di evoluzione assistita (Tea), con cui è possibile modificare il genoma delle piante senza introdurre materiale genetico esterno, come invece avveniva con i vecchi Organismi geneticamente modificati (Ogm), ottenendo prodotti vegetali sicuri come quelli tradizionali ma, a differenza di questi ultimi, più resistenti alle malattie, alle avverse condizioni ambientali e agli effetti dei cambiamenti climatici».
Un discorso a parte merita l’impiego di fitofarmaci o agrofarmaci che mirano a colpire o prevenire l’insorgenza nei vegetali di patologie dannose per il prodotto finale, sia in termini qualitativi che quantitativi.
«Su questo tema – conclude il presidente -, le decisioni prese a livello europeo sono chiare e improntate all’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari: entro il prossimo 2030, l’uso dei fertilizzanti dovrà essere ridotto del 20% e quello dei fitofarmaci del 50%, al pari degli antibiotici per gli animali da allevamento. Sempre entro il 2030, l’agricoltura biologica dovrà interessare il 25% dei terreni agricoli dell’Unione Europea. E che il problema sia molto sentito lo dimostra il fatto che, secondo una recente analisi di Coldiretti, le vendite di fitofarmaci in Italia si sono ridotte di un terzo nell’ultimo decennio, molto più di quanto avvenuto in Spagna, Germania e Francia».