Gli alimenti senza qualche ingrediente rispetto all’originale sono richiesti dal pubblico, sia per necessità di salute sia perché i cibi alleggeriti, con meno ingredienti, sono vissuti come più salutari.
Ma come sono prodotti?
Una risposta globale è impossibile, sono troppi e troppo diversi fra loro. Il Regolamento Ue 1169/2011, che definisce le regole di etichettatura comuni a tutti gli alimenti, specifica anche come devono essere alcuni prodotti alleggeriti, come gli analcolici e i senza caffeina. Per gli alimenti con meno calorie, zuccheri e grassi, il riferimento di legge è il Regolamento Ue 1924/2006 che ne definisce le diciture e le quantità da esporre in etichetta; per tutti gli altri tipi, esistono normative specifiche, da rispettare in fase di produzione e di etichettatura.
Tè e caffè
Caffeina e teina sono la stessa sostanza, scoperta nel 1819 nel caffè e nel 1827 nelle foglie del tè. Successivamente i chimici Mulder e Jobst capirono che era la stessa molecola, un alcaloide presente in molti vegetali.
Per legge, la caffeina residua nel caffè decaffeinato deve essere inferiore allo 0,1% e il processo di estrazione è regolamentato. Attualmente, i metodi di decaffeinizzazione sono tre e differiscono per il tipo di solvente usato, che viene in seguito rimosso. Il prodotto finito viene poi analizzato perché il solvente non deve superare i limiti residui previsti per legge.
La caffeina si estrae dal chicco ancora verde (crudo, non tostato) che poi è trattato con processi simili a quelli usati per il caffè normale, come la tostatura, la fase fondamentale per lo sviluppo delle sostanze aromatiche. Per questo non necessariamente un caffè decaffeinato è di gusto meno ricco rispetto al tradizionale, tutto dipende dal caffè usato, che se è di qualità, la mantiene.
Per quanto riguarda il tè, i processi industriali di estrazione, la quantità massima di teina residua e le regole dell’etichettatura sono identici a quelli usati per il caffè. Il metodo, con un impatto quasi nullo sul gusto, prevede che le foglie di tè siano inumidite con vapore e acqua e poi trattate con anidride carbonica allo stato liquido. L’anidride carbonica viene poi riportata allo stato gassoso, evaporando completamente.
Senza lattosio
Il Regolamento Ue 609/2013 definisce le regole per l’etichetta di alimenti per lattanti, senza glutine, senza lattosio, per diabetici e per il controllo del peso. Secondo la normativa, si può usare la dicitura “a ridotto contenuto di lattosio” solo se il lattosio è meno di 0,5%, oppure “senza lattosio” se il lattosio residuo è inferiore a 0,1%; entrambe devono essere integrate dall’indicazione che “il prodotto contiene glucosio e galattosio in conseguenza della scissione del lattosio”.
In effetti, il metodo più usato per ricavare il latte senza lattosio è quello di trattare il latte con l’enzima lattasi, che scinde il lattosio nelle due parti più semplici, glucosio e galattosio. La lattasi viene ottenuta tramite un processo biotecnologico che prevede l’utilizzo di muffe o lieviti.
A seconda del procedimento, l’enzima viene neutralizzato a temperature elevate dopo che il latte è stato trattato, oppure viene eliminato dal latte e riutilizzato. Il latte senza lattosio risulta solo leggermente più dolce di quello di partenza, senza altre modifiche organolettiche, né degli altri nutrienti.