A colpo d’occhio più rustica di altre “cugine” italiane, la nostra patata gialla si è fatta strada nel cuore e nei menù dei toscani, anche perché adatta a tanti e diversi usi in cucina. Non è stato semplice creare una filiera tutta toscana della patata.
Dopo anni di impegno, battute di arresto e ripartenze, nell’ultimo biennio Unicoop Firenze è riuscita a creare una squadra di oltre quaranta coltivatori locali, alcuni riuniti in cooperative e consorzi, per portare sui banchi dell’ortofrutta un “sacco” di patate: venticinquemila quintali di tuberi con pochi chilometri sulle spalle, solo tra il 2016 e il 2017.
Ora, dopo il raccolto estivo, la patata a pasta gialla arriva nei punti vendita dal sud della regione, in confezioni da due chili e mezzo o cinque chili, e rimarrà in assortimento fino ai primi mesi del 2019 grazie proprio all’impegno sul territorio.
«Storicamente la Toscana non è una terra vocata a questo tipo di colture – spiega Francesco Cappelli, assistente acquisti ortofrutta di Unicoop Firenze -: servono ampi spazi da seminare, grossi macchinari dedicati alla raccolta e importanti impianti di mantenimento e stoccaggio al fine di garantire il rifornimento durante più mesi. La nostra agricoltura non era molto sviluppata in questo campo, con il tempo però siamo riusciti a creare una filiera, controllata dal nostro Ufficio qualità, e continueremo a lavorarci».
Il cuore della produzione è nel livornese, tra Venturina e Bolgheri: il suolo rustico della zona dona il caratteristico aspetto “ruvido” alla patata gialla nostrana. San Miniato e Capalbio sono terre di varietà precoci. In Mugello, Valtiberina e vicino all’Abetone cresce la patata bianca, più tardiva, mentre la rossa, prodotto ricercato e di nicchia, proviene dal Casentino. Unicoop Firenze, insieme ai produttori locali, programma annualmente la semina e il ritiro, così da consentire a chi ha scommesso sul tubero toscano di fare investimenti per il futuro.
«Abbiamo cercato di dare stimolo ai produttori locali in diversi settori dell’ortofrutta – aggiunge Cappelli -, per creare delle filiere toscane lì dove la nostra terra era più carente, come per la produzione della patata».
Pomodoro
Rosso fiorentino
È il re tra i rossi. Si riconosce dalle tipiche “grinze” sulla buccia e dalla polpa carnosa, consistente, saporita, con pochi semi e poca acqua.
La stagione di raccolta del pomodoro fiorentino arriva fino a settembre, ma ormai è disponibile nei supermercati tutto l’anno grazie alle serre.
Coltivata in varie zone della Toscana, la pianta può dare frutti anche da 150-200 grammi, ma è meno produttiva rispetto ad altre tipologie, come il pomodoro liscio a grappolo, il che influisce sul prezzo finale.
Se in passato il costoluto fiorentino era utilizzato soprattutto per sughi e passate, oggi è apprezzatissimo anche per le insalate, gratinato o semplicemente gustato su una bruschetta con un filo d’olio d’oliva. Toscano, naturalmente.