La cucina libanese

Un percorso ricco di contaminazioni, tra storia e sapori del Mediterraneo

Conoscere la cucina libanese vuol dire fare un percorso nella storia del Mediterraneo, poiché il suo sviluppo è avvenuto grazie all’influenza delle varie popolazioni che hanno occupato o hanno avuto rapporti con il Libano, a partire dai Fenici fino ad arrivare alla dominazione francese del ventesimo secolo.

Tutte queste contaminazioni hanno creato un patrimonio gastronomico variegato e interessante, che si è allargato a quella che viene definita più ampiamente la cucina araba.

Dai Fenici agli Arabi

Ai Fenici si deve la diffusione di ingredienti basilari come grano e olio d’oliva, che vennero poi elaborati in varie ricette durante il periodo legato ai Romani e ai Bizantini. È però con l’arrivo degli Arabi, nel VII secolo, che si creano le basi per dei piatti diventati iconici e consumati in tutto il mondo, come il cous cous, grano duro cotto a vapore, da mangiare insieme a carne, pesce o verdure.

I nuovi ingredienti di questo periodo utilizzati in maniera principale sono, ad esempio, le melanzane, con le quali si prepara la baba ghanoush, una purea di melanzane arrostite, mescolata con tahini, la crema di semi di sesamo, con l’aggiunta di aglio, succo di limone e olio d’oliva, che viene servita come antipasto con la pita, pane dalla forma tonda e soffice come consistenza.

Svolta turca

Una forte caratterizzazione del cibo arriva poi dalla dominazione turca. Nel periodo ottomano nascono infatti preparazioni come i baklava, dolcetti a base di pasta fillo, noci e sciroppo di zucchero, e la diffusione del kebab, dapprima come spiedini grigliati con carne di montone e agnello, per poi diventare nella forma attuale più diffusa il döner kebab: strati di carne sovrapposti che cuociono infilati in un grande spiedo verticale rotante; poi la carne è tagliata a fettine man mano che si rosola, dall’alto verso il basso, per essere consumata in un panino o in una focaccia. Questo permette di cuocere anche la parte interna, senza perdere in fragranza e succulenza.

Sempre nel periodo ottomano, si diffonde l’abitudine di iniziare il pasto con la meze, che comprende una serie di preparazioni come l’hummus, purea di ceci mescolata con tahini, aglio, succo di limone e olio d’oliva, guarnito con paprika e prezzemolo. Altre pietanze servite a inizio pasto sono il tabbouleh, un’insalata composta da bulgur, chicchi di grano duro germogliati e spezzettati, uniti a prezzemolo, pomodori, cipolle, menta, conditi sempre con olio d’oliva e succo di limone, e i falafel, polpette fritte di legumi come ceci e fave, insaporite con sumac (una spezia dal sapore asprigno, come il succo di limone), cipolla, aglio, cumino e coriandolo.

Altri piatti che possono essere citati sono il kafta, polpette di carne macinata di agnello o manzo, insaporite con prezzemolo, cipolle e spezie, quindi grigliate su spiedi, o il sayadiyah, a base di riso e pesce, caratteristico delle regioni costiere, profumato con cipolle, spezie e pinoli.

Dulcis in fundo

Per quanto riguarda i dolci, molto diffusi sono il knafeh, a base di pasta kataifi, preparata con farina, olio di semi, amido di mais e acqua, tagliata a strisce sottilissime, ripieno di formaggio dolce o crema e immerso in uno sciroppo di zucchero, e i ma’amoul,biscotti ripieni di datteri, noci o pistacchi, aromatizzati con acqua di rose o di fiori d’arancio. L’influenza francese si nota soprattutto per l’introduzione di dolci a base di panna e burro, oltre che per tecniche di cottura raffinate.

Interessante è anche la storia del vino libanese, con la vite che veniva coltivata fin dai tempi dei Fenici, ma che con i francesi ha fatto un salto di qualità, grazie ai vitigni impiantati provenienti dall’Europa e alle migliori tecniche di vinificazione applicate.

Le bevande più comuni sono l’arak, un distillato di succo d’uva al quale vengono aggiunti semi di anice, il tè alla menta o il caffè libanese, aromatizzato a volte con cardamomo.

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