Cesare non era un gatto come gli altri. Con il suo pelo rosso fiammante, gli occhi verdi penetranti e un portamento da vero re, dominava il quartiere con una maestosità che incuteva timore anche nei cani più grossi. Era il boss incontrastato, il padrone indiscusso di ogni angolo, dal marciapiede più soleggiato alla cima del più alto grattacielo (almeno fino al terzo piano, dove abitava la signora Rossi con la sua allergia ai peli).
Si diceva che Cesare parlasse un linguaggio segreto con gli altri gatti, e che le sue miagolate fossero in realtà ordini precisi, strategie da attuare per conquistare nuove zone di caccia o difendere il territorio. I suoi sottoposti, gatti randagi di ogni taglia e colore, lo seguivano con devozione, pronti a eseguire i suoi comandi.
Cesare aveva un’aria sempre annoiata, da vero capo che ha già visto tutto. Ma non fatevi ingannare: sotto quella calma apparente si nascondeva un’intelligenza astuta e un istinto di sopravvivenza fuori dal comune. Si racconta di come una volta abbia eluso una trappola per gatti con una mossa degna di un ninja, lasciando i volontari della protezione animali a bocca aperta.
Ma Cesare non era solo un boss spietato. Aveva un cuore tenero, nascosto sotto quella pelliccia rossa. Si diceva che proteggesse i più deboli, i gattini appena nati o i vecchi felini malati. E che ogni sera, al tramonto, si accomodasse sul davanzale della finestra della signora Rossi per godersi il panorama, pur sapendo di non poter entrare.
Cesare il Rosso era una leggenda vivente, un personaggio che aveva conquistato il cuore di tutto il quartiere. Anche i suoi nemici più accaniti, i cani, non potevano fare a meno di rispettarlo. E così, giorno dopo giorno, il nostro felino continuava a regnare sul suo piccolo regno, un monarca a quattro zampe, amatissimo e temuto in egual misura.
A cura di Stefania