Il Natale nel messaggio di pace di Padre Bernardo

Padre Bernardo Gianni è l’abate della comunità monastica di San Miniato al Monte a Firenze. Per il suo impegno a favore del dialogo fra i popoli e le religioni, è stato insignito nel 2023 del Pegaso d’oro della Regione Toscana

Uomo di pace, Padre Bernardo Gianni è l’abate della comunità monastica di San Miniato al Monte a Firenze. Per il suo impegno a favore del dialogo fra i popoli e le religioni, è stato insignito nel 2023 del Pegaso d’oro della Regione Toscana.

Ci rivolgiamo a lui per un messaggio di speranza, in vista del Natale, alla ricerca del significato più profondo di questa festa. «Non è una banalità doversi sentire più buoni a Natale, perché è una festa di nascita. Questo è sempre un elemento generativo di novità e come tale innesca una dinamica di speranza e di trasformazione dello stato presente.

In particolare l’auspicio più prezioso correlato a una nascita è la fiducia che le nuove generazioni trovino un mondo migliore. Questo sforzo di ognuno nei propri ambiti di mettere da parte meccanismi di rivendicazione e di risentimento dà speranza».

Nel mondo la volontà di pace sembra ancora lontana…

La tentazione di risolvere le controversie internazionali con la violenza e con la guerra può sembrare l’unica via a disposizione. Però la guerra, come dice anche papa Francesco, crea molti più problemi di quelli che vuole risolvere, perché lascia pesantissimi strascichi di distruzioni, non soltanto da un punto di vista materiale, economico e sociale: con le perdite umane, le ferite e l’odio che attizza, purtroppo sgretola anche per il futuro la possibilità che le nuove generazioni, volendosi bene, creino possibilità di pace, perché lascia dietro di sé una scia di risentimento, di odio, di diffidenza quasi inguaribile. Per cui sarebbe importante che si ripudiasse la violenza e si cercassero altre forme, anche per arrivare alla giustizia.

Cosa servirebbe per convincere i cosiddetti “grandi” della Terra, coloro che hanno in mano i destini delle persone?

I grandi della Terra conoscono il messaggio della pace, ma sembra non importare loro. Ci siamo mobilitati per la pace a vari livelli, locale, nazionale, planetario, ma c’è un’indisponibilità all’ascolto dei desideri del popolo. Questo fa pensare che la cultura della rappresentanza, che è l’arte della politica, sia in crisi, perché nessuno vuole ascoltare il grido che sale dal basso.

Spero che il Natale, con la sua narrazione di amore, di nascita e anche di povertà e di umiltà, possa toccare il cuore di coloro che si ritengono per presunzione e superbia detentori delle sorti di intere nazioni, senza preoccuparsi delle conseguenze che certi comportamenti potranno avere sul futuro di quei popoli.

È possibile attribuire al Natale un significato più alto, anche se non si è credenti?

Da noi ancora persiste un’interpretazione del Natale come festa della socialità, della famiglia, dello stare insieme che coinvolge persone credenti e non credenti. Non è una giornata come un’altra. Questo, se da un lato innesca meccanismi di consumo per l’abitudine di scambiarci i regali, è positivo perché ci offre la possibilità di vivere una giornata diversa dalle altre, portando con sé novità che possono dare speranza, diventare ragioni di festa, offrire motivi di meditazione che l’ordinarietà della vita di tutti i giorni non sempre permette.

Per chi ha a cuore una maggiore attenzione alla vita spirituale, il Natale è un tempo essenziale perché celebra la straordinaria gratuità dell’amore di Dio che dona alla nostra umanità il Figlio, che non esita a conoscere la nostra dimensione di fragilità e di vulnerabilità pur di toccare il nostro cuore.

Questa è una prospettiva preziosa e feconda per ritrovare delle ragioni che ci aiutino a impegnarci con speranza nel futuro, con la compassione per il bene degli altri, con un senso di maggiore responsabilità, per il bene della giustizia e del nostro camminare insieme.

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