I dati di affluenza turistica nelle città d’arte nelle vacanze pasquali e nei recenti ponti primaverili raccontano di un mondo che vuole mettersi definitivamente alle spalle i brutti ricordi della pandemia e ricominciare a viaggiare. Vale lo stesso anche per la fruizione culturale e dello spettacolo? Pierluigi Sacco, professore all’Università di Chieti specializzato in Economia della Cultura, dipinge un quadro della realtà molto variegato, caratterizzato sì dal desiderio di tornare a fare esperienze dal vivo, ma anche con alcune zone d’ombra: «C’è effettivamente una grande domanda di tornare a fare esperienze in presenza, ma questo vale soprattutto per gli spazi pubblici e all’aperto, diversa è la situazione per il teatro e ancora di più per il cinema: i due anni di chiusura hanno disabituato le persone a frequentare le sale, anche perché le alternative offerte dalle numerose piattaforme digitali sono ampie nella scelta e nella qualità. Inoltre la maggiore diffusione di apparecchi televisivi ad alta tecnologia permette fra le quattro mura di casa un’esperienza sempre più vicina a quella cinematografica».
Un’indagine realizzata da Nomisma per Unicoop Firenze su un campione di 725 toscani che almeno una volta l’anno partecipano a eventi culturali ha evidenziato che, rispetto al periodo pre-pandemico, i consumi culturali hanno subito una riduzione per più della metà degli intervistati, particolarmente fra gli over 55. All’opposto, solo l’8% ha dichiarato un aumento dei consumi culturali, che è stato relativamente più intenso nella classe di età 30-44 anni.
I giovani e la musica live
Sono incoraggianti le previsioni, invece, per la partecipazione a concerti e festival dal vivo: «L’esperienza di ascolto privata e quella del concerto sono radicalmente diverse. Il live offre il contatto diretto con i musicisti preferiti e un ascolto condiviso con gli altri. Da parte dei giovani si registra un grande bisogno di socialità, che per loro è una necessità, non un aspetto negoziabile» precisa Sacco.
«Il ritorno dei giovani agli eventi musicali dal vivo era prevedibile – spiega Marco Aime, docente di Antropologia culturale all’Università di Genova e consulente del festival “Dialoghi di Pistoia” -. Durante un evento musicale dal vivo non solo si può vedere e ascoltare il proprio artista preferito, ma si ricrea in qualche modo la dimensione del rituale che ha bisogno della presenza, di vedersi, di contarsi e dello stare insieme ad altri». Tutto quello che la rete, il web e il mondo virtuale non possono dare. «La presenza fisica – prosegue l’antropologo – contribuisce a rafforzare l’idea di far parte di un gruppo, che è poi la base di qualunque tipo di rituale, non solo quelli religiosi, ma anche quelli laici. La società occidentale non ha praticamente più momenti di ritualità, se non pochissimi eventi, spesso privati, forse proprio per questo i più giovani ne sentono la mancanza. Tutti i gruppi umani, anche quelli effimeri, che si formano per la durata di un concerto o di una partita di calcio, hanno bisogno di incontrarsi fisicamente per riconoscersi come tali».
Cultura: una cosa da ricchi?
Fra le domande che si pongono gli addetti ai lavori, c’è anche la seguente: come inciderà l’inflazione sulla domanda culturale? «In Italia c’è questa idea che per la cultura si debba spendere meno che per il ristorante; altrove non è assolutamente così – argomenta Sacco -. Un eventuale aumento dei prezzi per entrare nei musei o a una mostra non influirà sulla fruizione di cultura da parte dei turisti».
Di segno opposto, quindi negativa, potrebbe rivelarsi invece la risposta degli italiani che fra il 2022 e l’inizio del 2023 hanno subito un colpo importante alle proprie finanze per l’aumento dei costi dell’energia e del carrello della spesa. L’accesso così oneroso ad alcune istituzioni culturali dalle famiglie più fragili viene recepito come «un eloquente messaggio che la cultura non è per loro, perché non se la possono permettere – prosegue Sacco -.
Se la cultura viene percepita come una cosa da ricchi, è molto pericoloso. Abbiamo estremamente bisogno che sia radicata anche nelle situazioni più svantaggiate, proprio per i benefici sociali che ne derivano, a partire dal benessere psicologico, ormai dimostrato da molti studi, fino agli effetti positivi sui comportamenti proambientali».
Ambiente e cultura
Che ci azzecca, avrebbe detto qualcuno negli anni ‘90, l’ambiente con la cultura? «L’accesso culturale frequente rende le persone mediamente più sensibili all’interesse collettivo – spiega l’esperto di Economia della cultura -. Un mio studio pubblicato alcuni anni fa e basato su dati Istat ha dimostrato che le persone che avevano una maggiore partecipazione a iniziative culturali tendevano a essere più motivate ed efficienti nel fare la raccolta differenziata, e non desistevano neppure se il punto di raccolta era relativamente scomodo e lontano dall’abitazione. Questo al netto del reddito e del livello di istruzione».
L’impegno di Unicoop Firenze
Ben vengano quindi tutte le iniziative economiche a favore dell’accesso alla cultura, ma anche nuove modalità di coinvolgimento, in modo che tutti si sentano a casa in un museo, a una mostra d’arte, a un concerto.
L’indagine di Nomisma per Unicoop Firenze racconta anche che, fra le diverse attività culturali, mostre, musei e cinema si confermano le attività più attrattive. Fra le motivazioni che alimentano la fruizione culturale, in primis si registra il desiderio di aumentare le proprie conoscenze, soprattutto da parte degli over 55, e la possibilità di passare del tempo con famiglia e amici (nella fascia di età 30-44 anni). I giovani invece sono spinti, oltre che dal divertimento, dal desiderio di viaggiare e di conoscere nuovi territori (30% rispetto ad una media del 26%).
Relativamente alle iniziative culturali promosse da Unicoop Firenze, l’indagine rileva che quelle più apprezzate dai soci sono gli sconti e le visite a mostre e musei (23%), seguite da teatro e cinema (17%) e dagli eventi musicali (14%), con un livello di soddisfazione elevato e l’auspicio che l’attività per garantire a tutti l’accesso alla cultura prosegua anche in futuro. Perché non diventi mai “una cosa da ricchi”.